La Lectio Divina abbraccia tutto l'arco della vita spirituale e comprende in sé, armonicamente, tutti i suoi capitoli. È la trattazione più completa della preghiera.
Dobbiamo molto a Guigo II, certosino, per la Lectio Divina. Non sappiamo molto di lui. La prima volta che ricorre il suo nome è nell'anno 1173. Sappiamo che è morto nel 1188. Viveva nella Grande Certosa, dove era anche priore. Qualcuno diceva che Guigo (o Guido) fu "monaco molto santo e molto obbediente". Fu più conosciuto dopo la morte: alla sua tomba affluivano così tanti pellegrini da sconvolgere la quiete del monastero. Il priore gli avrebbe ordinato di smettere la sua assistenza intercessoria. Il suo libretto non porta il nome dell'autore; ma l'anonimato era la norma per tutti i certosini.Così molti lo attribuirono a San Bernardo. Di fatto San Bernardo ne fu solo il più entusiasta divulgatore. Qualcuno ha anche pensato a Sant'Agostino. Ora sappiamo come andarono le cose.
Un giorno Guigo stava dedicandosi al lavoro manuale, e si trovava con una scala a pioli in mano; chiedeva, dunque, al Signore di suggerirgli uno strumento come quella scala per salire con efficacia a lui, facendo qualcosa di concreto. A sera, scrisse all'amico Gervasio che aveva avuto una profonda intuizione:
"Occupato in un lavoro manuale, cominciai a pensare alla attività spirituale dell'uomo e si presentarono improvvisamente alla mia attenzione quattro gradini spirituali, ossia la lettura, la meditazione, la preghiera e la contemplazione. Questa è la scala dei monaci che si eleva dalla terra al cielo, composta in realtà di pochi gradini, tuttavia d'immensa e incredibile altezza, la cui base è poggiata a terra, mentre la cime penetra le nubi e scruta i segreti dei cieli. Questi gradini, come sonom diversi di nome e di numero, così sono distinti per l'ordine e l'importanza. Se si esamineranno con attenzione le loro proprietà e la loro funzione, quale effetto ciascuno operi su di noi, come differiscano tra di loro e in che rapporto gerarchico si dispongano, si riterranno brevi e leggeri il lavoro e l'applicazione che saranno necessari di fronte alla grande utilità e dolcezza che se ne trarrà" (Scala Claustralium, II).
La convinzione di Guigo II è che tutta la vita cristiana può essere ricondotta alla Lectio Divina:
"Questi gradini sono così legati tra loro e si prestano un servizio scambievole in modo tale che i primi poco o nulla servono senza i seguenti e i seguenti senza i primi non si possono raggiungere mai o molto di rado. A che giova, infatti, occupare il tempo in una lettura continua, avere sempre in mano vite e scritti di santi se masticando e ruminando quanto leggiamo non ne traiamo il succo e lo facciamo penetrare nelle nostre profondità, in modo da considerare alla loro luce la nostra vita e da cercare di fare quelle opere di cui ci piace sentir parlare? Ma come rifletteremo a tutto questo e come potremo badare di non trasgredire, meditando cose vane e inutili, i limiti fissati dai santi padri se non saremo prima istruiti su questo o per iscritto o oralmente? ... E ancora: che giova all'uomo se, pur vedendo nella meditazione ciò che è da farsi, non è in grado di compierlo con l'aiuto della preghiera e della grazia di Dio? ...Perciò, affinché la meditazione sia fruttuosa è necessario che segua una fervida preghiera di cui la dolcezza della contemplazione si può considerare quasi un effetto". (XIII)
Troviamo nel pensiero di Guigo II una totale armonizzazione e interdipendenza tra le Sacre Scritture e la meditazione, che deve essere ancorata ad esse; così come tra la necessità di una meditazione fruttuosa di condurre alla preghiera e alla contemplazione; quest'ultima prende le mosse da Cristo, Verbo incarnato che ha parlato per mezzo delle Scritture e conduce a sua volta alla contemplazione di Cristo, secondo un movimento circolare che non esclude certamente di effondere verso l'esterno, nella carità verso il prossimo, il mistero contemplato:
"Da ciò possiamo concludere che la lettura senza la meditazione è arida, la meditazione senza la lettura soggetta ad errore, la preghiera senza la meditazione tiepida, la meditazione senza la preghiera priva di frutti. La preghiera fatta con fervore permette di raggiungere la contemplazione, senza la preghiera è raro o miracoloso". (XIX)
Queste dunque le quattro tappe della Lectio Divina delineate da Guigo II:
LECTIO
MEDITATIO
ORATIO
CONTEMPLATIO
Ad esse sono stati aggiunti nel tempo altri gradini:
COMMUNICATIO (preghiera comunitaria, familiare, ecclesiale, liturgica)
ACTIO (la contemplazione non è una attività sterile, ma ci proietta verso le necessità del prossimo, perché ci consente di vedere in esso il Cristo contemplato nella preghiera; preghiera che diviene operante e operosa: quella "quiete laboriosa ed azione quieta" di cui parla il fondatore dell'Ordine Certosino, San Bruno di Colonia).
Nei prossimi post esamineremo una per una le quattro tappe indicate da Guigo II.
Rev. Dr. Luca Vona, Eremita