Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 19 gennaio 2020

La somma non fa il totale

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Colletta

Dio Onnipotente ed eterno, che governi tutte le cose nel Cielo e sulla terra; ascolta misericordioso le suppliche del tuo popolo, e concedi la pace ai nostri giorni; per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

Rm 12,6-16; Mc 1,1-11

Nelle settimane dette “dopo l’Epifania” - che ci separano dalla domenica di Septuagesima, la quale segnerà l’inizio di un periodo pre-quaresimale - troviamo tre episodi evangelici che rappresentano i tre momenti più importanti della manifestazione (“epifania” appunto) del Signore all’umanità.

Il primo episodio è quello narrato nel Vangelo per la messa del 6 gennaio, ovvero l’arrivo dei magi a Betlemme. I magi erano appunto sacerdoti e maghi giunti dall’Oriente, i quali scrutando il cielo avevano individuato la nascita del Figlio di Dio, e si recarono ad adorarlo. Rappresentano i popoli non israelitici, che riconoscono - o riconosceranno - in Gesù il Salvatore.

Fin dai primi secoli cristiani però l’Epifania è stata associata a due altri importanti eventi, narrati, rispettivamente, nel Vangelo di questa domenica e in quello che leggeremo domenica prossima. Questa domenica il primo capitolo del Vangelo di Marco presenta il racconto del battesimo di Gesù al Giordano, da parte di Giovanni il Battista. La Domenica successiva troviamo il racconto del miracolo alle Nozze di Cana, dove Gesù trasforma l’acqua in vino, manifestando la sua potenza mediante il suo primo miracolo pubblico.

Entrambi gli episodi sono una manifestazione della divinità di Gesù. Al Giordano, dove egli si sottopone al battesimo penitenziale di Giovanni - non perché avesse peccato, ma per discendere nelle acque e santificarle - i cieli si aprono e la voce del Padre risuona per attestare, anche mediante lo Spirito che appare in forma di colomba, che Gesù è il Cristo, il Figlio prediletto, in cui Dio si è compiaciuto. 
Al Giordano non solo è rivelata la divinità di Gesù, ma al contempo Dio si manifesta come Trinità. 

L'immersione di Gesù nelle acque è come prefigurazione della sua "immersione" nei dolori della passione e nelle "acque" della morte, e a questo mistero anche noi siamo chiamati a partecipare nel battesimo. 

Se il battesimo di Giovanni rappresentava un rito sostanzialmente penitenziale, che serviva a rimettere i peccati e a segnare una tappa importante di conversione a Dio in vista della nuova era messianica, il battesimo cristiano ha una natura diversa e rappresenta una tappa più radicale: in esso veniamo incorporati a Cristo e riceviamo al contempo il dono dello Spirito che ci consente di chiamare Dio “Padre”.

Il battesimo al Giordano è immagine dei riti di iniziazione cristiana: battesimo, crismazione ed eucaristia, che nell’antichità – e ancora oggi nelle chiese orientali – vengono amministrati insieme e considerati in stretta complementarietà.

La crismazione rappresenta il sigillo dello Spirito. È inimmaginabile, infatti, l’incorporazione al Figlio, senza il dono dello Spirito che il Padre riversa su di lui e che il Figlio restituisce al Padre, nella circolarità dell’amore divino. Al tempo stesso, una iniziazione cristiana senza eucaristia sarebbe incompleta. Perché lo Spirito è Colui che ci consente di riconoscerci membra di uno stesso corpo, nei diversi carismi che ci sono stati donati (Rm 12,4-8; 1 Cor 12,4-11).

L’eucaristia realizza la comunione con il corpo di Cristo, che si manifesta nella stessa Chiesa, e ci consente di partecipare del dono dello Spirito con tutte le altre membra, di riceverlo e comunicarlo nella fede. In tal modo l’iniziazione cristiana – il battesimo, la crismazione, l’eucaristia – non sono mai fatti privati, che riguardano il singolo credente, ma sono il mistero unico e tripartito, attraverso il quale la Chiesa ci è rivelata come realtà soprannaturale, Corpo mistico di Cristo, edificata con pietre vive e vivificata dallo Spirito.

Nel cristianesimo non c’è spazio per una fede vissuta in maniera puramente individualistica; la fede autentica ci trasforma nella nostra relazione con Dio e con il prossimo, perché attraverso di essa il Signore ci rende causa efficiente ed efficace nell’edificazione del suo Regno, per concedere all’umanità giorni di pace autentica, la sua pace, non la pace come la dà il mondo, ma come soltanto lo Spirito di Dio può donare. Allora ogni uomo riacquisterà dignità e l’umanità si scoprirà come qualcosa di più della somma aritmetica dei singoli individui.

Rev. Dr. Luca Vona