Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 31 luglio 2022

Ignazio di Loyola, soldato di Cristo

La chiesa cattolica d'occidente e la chiesa anglicana celebrano oggi la memoria di Ignazio di Loyola.
Nel 1556 muore a Roma Ignazio di Loyola, presbitero e fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti).
Nato nel 1491 da una nobile famiglia basca, Iñigo Lopez de Loyola ricevette un'educazione cavalleresca e adatta a una vita di corte. Ferito a una gamba a trent'anni nell'assedio della città di Pamplona e costretto a una lunga convalescenza, egli rimase conquistato dalla lettura della Vita di Gesù Cristo del certosino Ludolfo di Sassonia e della Leggenda aurea di Jacopo da Varagine. Decise allora di iniziare un lungo cammino per discernere la volontà di Dio sulla sua vita.
Frutto di queste sue prime esperienze e dell'anno di solitudine e preghiera passato a Manresa sarà il libro degli Esercizi spirituali, grazie al quale Ignazio renderà accessibile ad altri l'itinerario di discernimento che per primo aveva percorso.
Illuminato da una profonda vita interiore, egli volle intraprendere un cammino di spoliazione e di povertà per amore di Cristo, itinerario che iniziò assieme a una piccola comunità di fratelli destinata all'annuncio del vangelo e al servizio del bene spirituale degli uomini.
Uomo sempre teso ad armonizzare il divino e l'umano, l'invocazione dello Spirito nella preghiera e la concreta fatica della carità, Ignazio diede vita nel 1540, assieme ai primi compagni, alla Compagnia di Gesù: «poveri preti pellegrini», disposti ad andare in tutto il mondo a diffondere la chiamata alla santità che Dio rivolge a ogni uomo. La sua forma di vita religiosa si è rivelata nei secoli tra le più feconde e lungimiranti della chiesa d'occidente.

Tracce di lettura

Con l'espressione «esercizi spirituali» si intende ogni modo di esaminare la coscienza, meditare, contemplare, pregare vocalmente e mentalmente, e altre operazioni spirituali. Come infatti il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano «esercizi spirituali» tutti i modi di preparare e disporre l'anima a liberarsi di tutti gli affetti disordinati e, una volta eliminati, a cercare e trovare la volontà divina nell'organizzazione della propria vita per la salvezza dell'anima.
(Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Prima annotazione).

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

07 31 ignazio loyola
Ignazio di Loyola (1491-1556)

How many loaves do you have?

COMMENT ON THE LITURGY OF THE SEVENTH SUNDAY AFTER TRINITY

Collect

Lord of all power and might, who art the author and giver of all good things; Graft in our hearts the love of thy Name, increase in us true religion, nourish us with all goodness, and of thy great mercy keep us in the same; through Jesus Christ our Lord. Amen.

Readings

Rm 6:19-23; Mk 8:1-10

Comment

The apostle Paul states in his letter to the Romans that our lives can be loaned to God's sin or righteousness (i.e., his justifying grace). In the first case, the fruit of this loan is death; in the second case, eternal life.

Each of us will be asked to account for how we have administered the gifts received from God: our body, our intellectual abilities, our time, and our financial resources. The parable of the talents and that of the murderous tenants teach us that whoever has mismanaged what is received from the Lord will be subjected to severe judgment, instead, the Gospel account of the multiplication of the loaves shows us Jesus in the act of asking the disciples to place under his blessing what we have, even if totally inadequate to the needs we face.

Jesus could have created loaves out of nothing to feed the crowd that had followed him for three days, just as God rained manna from heaven to feed his people in the desert. But he chooses to give us a lesson on God's love and concern and the need to be his imitators by assuming the same spirit of service and communion. We see, in fact, that he requires the active participation of his disciples, who are called to share the little they have available and to distribute the loaves themselves to the crowd: "he broke them and gave them to his disciples to distribute to the people" (Mk 8:6).

But first, he asks for an act of faith, or rather the overcoming of that earthly logic that forgets the power of God, expressed by the phrase attributed to the disciples: "where in this remote place can anyone get enough bread to feed them?". We find Jesus' answer in his preaching: "Which of you fathers, if your son asks for a fish, will give him a snake instead? (...)  If you then, though you are evil, know how to give good gifts to your children, how much more will your Father in heaven give the Holy Spirit to those who ask him!"(Lk 11:11-13). And again: "So do not worry, saying, ‘What shall we eat?’ or ‘What shall we drink?’ or ‘What shall we wear?’ For the pagans run after all these things, and your heavenly Father knows that you need them." (Mt 6:31-32). It is in the moment in which the disciples have faith in Jesus and obey his word that the miracle takes place.

How often have we felt powerless and equipped with totally inadequate resources to meet the needs of the moment? How often have we felt tempted to work it out on our own, just as the disciples thought Jesus was asking him to go to town to buy bread for the crowds? This is the moment when our faith must answer the Lord's question - "How many loaves do you have?" (Mk 8:5) -, placing our resources, even if scarce, under the sanctifying action of the Spirit.
                       
- Rev. Dr. Luca Vona



Quanti pani avete?

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA SETTIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Dio di ogni potenza e forza, che sei l’autore e il datore di ogni cosa buona; innesta nel nostro cuore l’amore per il tuo Nome, accresci in noi la vera religione, nutrici con ogni bontà e mantienici nella tua grande misericordia; per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Letture

Rm 6,19-23; Mc 8,1-10

Commento

L'apostolo Paolo afferma nella sua lettera ai Romani che le nostre vite possono essere date in prestito al peccato o alla giustizia di Dio (cioè alla sua grazia giustificante). Nel primo caso il frutto di questo prestito è la morte; nel secondo caso, la vita eterna.

A ciascuno di noi verrà chiesto conto di come abbiamo amministrato i doni ricevuti da Dio: il nostro corpo, le nostre capacità intellettuali, il nostro tempo, le nostre risorse economiche. Se la parabola dei talenti e quella dei vignaioli omicidi ci insegnano che chi ha male amministrato quanto ricevuto dal Signore sarà sottoposto a un giudizio severo, il racconto evangelico della moltiplicazione dei pani ci mostra Gesù nell’atto di chiedere ai discepoli di porre sotto la sua benedizione ciò che hanno, anche se del tutto inadeguato alle esigenze che si trovano ad affrontare.

Gesù, avrebbe potuto creare i pani dal nulla per sfamare la folla che da tre giorni lo seguiva, proprio come Dio fece piovere la manna dal cielo per sfamare il suo popolo nel deserto. Ma egli sceglie di darci una lezione sull’amore e la sollecitudine di Dio e la necessità di farci suoi imitatori assumendo lo stesso spirito di servizio e di comunione. Vediamo, infatti, che richiede una partecipazione attiva dei suoi discepoli, i quali sono chiamati a condividere il poco che hanno a disposizione e a distribuire loro stessi i pani alla folla: "li diede ai suoi discepoli perché li mettessero davanti a loro" (Mc 8,6).

Ma prima chiede un atto di fede, ovvero il superamento di quella logica terrena che dimentica la potenza di Dio, espressa dalla frase attribuita ai discepoli: «come potrebbe alcuno saziare di pane costoro, qui nel deserto?». La risposta di Gesù la troviamo nella sua predicazione: «chi è tra voi quel padre che, se il figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra? (...) Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (Lc 11,11-13). E ancora: «Non siate dunque in ansia, dicendo: 'Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?' Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose» (Mt 6:31-32). È nel momento in cui i discepoli hanno fede in Gesù e obbediscono alla sua parola che si compie il miracolo. Poniamo le nostre risorse, anche se scarse, sotto l'azione santificante dello Spirito.
                       
- Rev. Dr. Luca Vona

giovedì 28 luglio 2022

Fermati 1 minuto. Tutti presi nella stessa rete

Lettura

Matteo 13,47-53

47 Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48 Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49 Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50 e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51 Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52 Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
53 Terminate queste parabole, Gesù partì di là

Commento

Fino al tempo del giudizio il regno dei cieli è aperto a ogni uomo, è anzi simile a una rete, alla quale nessuno può sottrarsi. Sappiamo infatti che i tempi non saranno compiuti finché il vangelo non sarà annunciato ad ogni creatura (Mc 16,15), in tutto il mondo (Mt 24,14). Di fronte a questo annuncio non è concesso assumere un atteggiamento neutrale: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde», afferma Gesù (Mt 12,30). 

Siamo tutti presi nella rete della grazia, dunque. Per questo il giudizio definitivo tra ciò che è buono e ciò che è malvagio non spetta a noi, ma sarà compiuto dagli angeli di Dio, con accurato discernimento: sedutisi, (gr. katisantes) - raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Come nella parabola della zizzania, il destino ultimo dei malvagi è la fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 

All'apertura del messaggio di salvezza, come rete gettata verso ogni uomo, corrisponde la possibilità di una radicale chiusura del cuore, la "bestemmia contro lo Spirito Santo" (Mc 3,29); possibilità che determina il perimetro di azione della libertà umana.

La delega a Dio del giudizio sui salvati non porta certo a una mancanza di responsabilità e a un atteggiamento di attesa passiva del compimento dei tempi. Gesù conclude questa ultima parabola del regno sottolineando la novità dell'era messianica da lui inaugurata. La saggezza degli scribi, esperti della legge antica, non è rinnegata ma arricchita di linfa vitale dalla nuova notizia del vangelo. Da questi tesori, il padrone di casa, ovvero il discepolo, attinge per elargire il tesoro della Parola e dischiuderne i preziosi significati.

Preghiera

Aiutaci a scoprire i tesori della tua parola, Signore, per riformare la nostra vita e discernere in noi e nel mondo ciò che è buono e ciò che è contrario dalla tua volontà; in una attesa operosa del tuo glorioso ritorno. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona


mercoledì 27 luglio 2022

1 Minute Gospel. Rich toward God

Reading

Matthew 13:44-46

44 “The kingdom of heaven is like treasure hidden in a field. When a man found it, he hid it again, and then in his joy went and sold all he had and bought that field.
45 “Again, the kingdom of heaven is like a merchant looking for fine pearls. 46 When he found one of great value, he went away and sold everything he had and bought it.

Comment

These two parables reported by Matthew have the same meaning. Both represent salvation as something hidden from most men, but of such value that it is worth giving up everything to own.

The parable of the hidden treasure is inscribed in the Jewish wisdom tradition, as attested by the book of Proverbs: "if you look for it as for silver and search for it as for hidden treasure, then you will understand the fear of the Lord and find the knowledge of God" (Pr 2:4-5).

In the parable of the precious pearl, the Greek verb zetèo - to seek - is a crucial term. In fact, only those who seek the kingdom of God will find it.

Jews who reject Jesus did not seek sincerely. This does not exclude the exhortative application of the meaning of these parables to Christians themselves.

The scriptures are the field where the treasure of salvation is hidden. It is not in an enclosed garden, but in an open field, so that anyone can discover it, searching the word of God. However, it is necessary to investigate the Scriptures deeply and not stop at the surface.

Christ is the treasure, the pearl of great value; he who makes us rich before God.

Prayer

Let us find you o Lord because we are poor until we have known you, who are the good of those who accumulate treasures in heaven. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Arricchire davanti a Dio

Lettura

Matteo 13,44-46

44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45 Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46 trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Commento

Queste due parabole riportate da Matteo hanno il medesimo significato. Entrambe rappresentano la salvezza come qualcosa di nascosto alla maggior parte degli uomini, ma di tale valore che vale la pena abbandonare tutto per possederla.

La parabola del tesoro nascosto si inscrive nella tradizione sapienziale ebraica, come attestata dal libro dei Proverbi: "Se la ricercherai come l'argento e per essa scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la scienza di Dio" (Pr 2,4-5)

Nella parabola della perla preziosa il verbo greco zetèo - cercare - è un termine-chiave. Infatti, solo coloro che cercano il regno di Dio lo troveranno.

Gli ebrei che rifiutano Gesù non hanno cercato con sincerità. Il che non esclude l'applicazione esortativa del significato di queste parabole agli stessi cristiani.

Le Scritture sono il terreno in cui il tesoro della salvezza è nascosto. Non si trova in un giardino chiuso, ma in un campo aperto, così che chiunque possa scoprirlo. Occorre però investigarle in profondità e non fermarsi alla superficie per trovare il tesoro che è Cristo, la perla di grande valore; colui che ci fa arricchire davanti a Dio.

Preghiera

Lasciati trovare da noi Signore, perché siamo poveri finché non abbiamo conosciuto te, che sei il bene di quanti accumulano tesori in cielo. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Guigo I, certosino. Inchiodata alla croce va adorata la verità

Nel 1136 muore Guigo, quinto priore della Grande Chartreuse.
Nato a Saint-Romain-de-Mordanne, nella diocesi francese di Valence, Guigo entrò nel 1106 nella Chartreuse, fondata da Bruno, quando erano ancora in vita i tre compagni del fondatore. Eletto priore a soli ventisei anni, Guigo fu uomo di grande carità e padre spirituale di notevole umanità, come testimoniano Pietro il Venerabile e Bernardo di Clairvaux, che furono suoi amici ed ebbero con lui una corrispondenza epistolare. Il suo irradiamento spirituale fu tale che in pochi anni furono aperte sette nuove case certosine, per le quali egli provvide sia sul piano organizzativo, mediante la stesura delle Consuetudini, sia su quello spirituale, attraverso scritti ricchi di insegnamenti sulla vita in Cristo e sulla lotta spirituale che i monaci sono chiamati a condurre nella solitudine. Notevole fu anche l'impegno da lui profuso per raccogliere testi liturgici e patristici destinati ad alimentare la vita di preghiera dei certosini.
Guigo fu, di fatto, il vero animatore e organizzatore dell'Ordine certosino, e le sue meditazioni costituiscono uno dei vertici della teologia medievale.

Tracce di lettura

La verità dev'esser posta al centro, come si fa con ciò che è bello. Se qualcuno ne prova repulsione, non giudicarlo, ma compatiscilo. Tu piuttosto, che desideri accostarti ad essa, perché la respingi quando a causa dei tuoi vizi sei rimproverato?
Guarda cosa deve sopportare la verità. Si dice al beone: «Sei un ubriacone»; allo stesso modo al lussurioso e al superbo. E questo è vero. Eppure essi van fuori di senno, fino a perseguitare e a uccidere la verità in colui che la annuncia.
Vedi invece quanto è onorata la menzogna. Si dice infatti agli infimi tra gli uomini, schiavi di ogni sorta di vizio: «Che brav'uomo!». E così essi si placano, godono e venerano la menzogna in colui che la proferisce.
Senza splendore né bellezza, inchiodata alla croce: così va adorata la Verità.
(Guigo, Prima meditazione)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

martedì 26 luglio 2022

1 Minute Gospel. The righteous will shine like the sun

Reading

Matthew 13:36-43

36 Then he left the crowd and went into the house. His disciples came to him and said, “Explain to us the parable of the weeds in the field.”
37 He answered, “The one who sowed the good seed is the Son of Man. 38 The field is the world, and the good seed stands for the people of the kingdom. The weeds are the people of the evil one, 39 and the enemy who sows them is the devil. The harvest is the end of the age, and the harvesters are angels.
40 “As the weeds are pulled up and burned in the fire, so it will be at the end of the age. 41 The Son of Man will send out his angels, and they will weed out of his kingdom everything that causes sin and all who do evil. 42 They will throw them into the blazing furnace, where there will be weeping and gnashing of teeth. 43 Then the righteous will shine like the sun in the kingdom of their Father. Whoever has ears, let them hear.

Comment

The departure of Jesus from the crowds marks his withdrawal from the unbelieving people and the search for more intimate communion with his disciples, who here represent not only the Twelve but those whom he had sent to announce the Gospel. These are really "hungry and thirsty for justice" (Mt 5:6) because they ask Jesus to explain the meaning of the parable narrated in images.

Only in a personal relationship with Christ, his word can be unfolded to our intelligence. Listening to the Scriptures proclaimed in the Church or even reading in private can bear fruit if we are able to ask Jesus in prayer to offer us the deepest meaning.

Jesus does not shy away from the request of his disciples and explains that the weeds represent the children of the evil one, the devil, the one who sowed them. Weeds are a plant that is almost identical to wheat in its appearance, but it is not good for making flour and making bread.

By choosing this image for the parable of him, Jesus wants to indicate that the devil comes to infest the field where the good seed was sown, not with weeds recognizable by their alien nature, but by simulating the appearance of what is good.

Jesus presents to us in the explanation of this parable the possibility of the loss of God, the highest good. Our actions must take into account the ultimate horizon that gives meaning to the whole picture.

The history of the Church, but also our personal history, is oriented towards this vanishing point, the perspective of universal and personal judgment. From that horizon will rise the sun of justice (Mal 3:20; Lk 1:78), with which and in which the righteous will shine in the kingdom of their Father.

Prayer

O Lord, come and see your field with your angels, take care of us so that evil cannot overwhelm us and by keeping the true faith we can shine with you in the kingdom of the Father. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. I giusti splenderanno come il sole

Lettura

Matteo 13,36-43

36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

Commento

L'allontanamento di Gesù dalle folle segna il ritirarsi dal popolo incredulo e la ricerca di una comunione più intima con i suoi discepoli, che qui rappresentano non soltanto i Dodici ma coloro che egli aveva inviato ad annunciare il Vangelo. Questi hanno realmente "fame e sete di giustizia" (Mt 5,6) perché chiedono a Gesù di "sciogliere" il significato della parabola narrata per immagini. 

Solo in un rapporto personale con Cristo la sua parola può dispiegarsi alla nostra intelligenza. L'ascolto delle Scritture proclamate in chiesa o anche lette in privato può dare i suoi frutti se siamo capaci di chiedere a Gesù nella preghiera di offrircene il senso più profondo. 

Gesù non si sottrae alla richiesta dei suoi discepoli e spiega che la zizzania rappresenta i figli del maligno ed è opera del diavolo, colui che l'ha seminata. La zizzania è una pianta quasi del tutto identica al grano nel suo aspetto, ma non è buona per produrre la farina e preparare il pane. 

Scegliendo questa immagine per la sua parabola Gesù vuole indicare che il diavolo viene a infestare il campo dove è stato seminato il buon seme, non con delle erbacce riconoscibili per la loro natura estranea, ma simulando l'aspetto di ciò che è buono. Le nostre azioni devono tenere conto dell'orizzonte ultimo che dà senso a tutto il quadro d'insieme. 

La storia della Chiesa, ma anche la nostra storia personale, sono poriettate verso questo punto di fuga, la prospettiva del giudizio universale e personale. Da quell'orizzonte sorgerà il sole di giustizia (Mal 3,20; Lc 1,78), con il quale e nel quale splenderanno i giusti, nel regno del Padre loro.

Preghiera

Signore, vieni e vista il tuo campo con i tuoi angeli, prenditi cura di noi, affinché il male non possa sopraffarci e custodendo la vera fede, possiamo risplendere con te nel regno del Padre. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

lunedì 25 luglio 2022

1 Minute Gospel. The Son of Man came to serve

Reading

Matthew 20:20-28

20 Then the mother of Zebedee’s sons came to Jesus with her sons and, kneeling down, asked a favor of him.
21 “What is it you want?” he asked.
She said, “Grant that one of these two sons of mine may sit at your right and the other at your left in your kingdom.”
22 “You don’t know what you are asking,” Jesus said to them. “Can you drink the cup I am going to drink?”
“We can,” they answered.
23 Jesus said to them, “You will indeed drink from my cup, but to sit at my right or left is not for me to grant. These places belong to those for whom they have been prepared by my Father.”
24 When the ten heard about this, they were indignant with the two brothers. 25 Jesus called them together and said, “You know that the rulers of the Gentiles lord it over them, and their high officials exercise authority over them. 26 Not so with you. Instead, whoever wants to become great among you must be your servant, 27 and whoever wants to be first must be your slave— 28 just as the Son of Man did not come to be served, but to serve, and to give his life as a ransom for many.”

Comment

In the Gospel of Mark, we witness the request made to Jesus by James and John to be able to sit one on his right and the other on his left in the kingdom of heaven, while in the Gospel of Matthew the same request is made by the mother, perhaps for fear of being not very humble towards the other apostles. In any case, the other ten expresses their indignation, thereby showing that they are more or less on the same level; Jesus' answer, in fact, sounds like an admonition to all of them.

Who among us would not want the guarantee of a privileged place next to Jesus? Perhaps we would also be willing to accept the tribulations of this life, to "drink the cup" of the Lord, as James and John profess they are willing to do. Then eternal bliss could appear to us as a "reward" that is due to us by right, perhaps to the detriment of others, considered less "deserving".

In this way, the profound meaning of salvation is not understood: his being a free gift from the Father, by virtue of the ransom made by the Son. If we start from this premise, then the attitude that follows can only be one of profound humility: first of all towards God, who has released us from the chains of this world, freeing us from sin and death.

The chains of this world are enslavement to a logic of prevarication on one another, a continuous feeling of competition that distresses us worries us, and makes us slaves to our disordered ambitions.

But the attitude of humility that comes from feeling saved by grace must also characterize relationships with our neighbors. What do we deserve more than him before him who redeemed us at the price of his blood?

Jesus 'response to the request for a privileged place in the kingdom to come thus creates a singular paradox: between slavery to the logic of the world and on the other hand to the spirit of service, making ourselves "servants" - to use Jesus' own words - of our brothers and our sisters.

In the Church there is no room for the will to dominate; all authority must be exercised on the model of Jesus, as a service to others and not for personal interest. The Gospel calls us to conform to the beloved Son, in whom the Father was pleased (Mt 3:17), the Son who came into the world to serve and not to be served (Mt 20:28).

Prayer

Help us to understand, o Lord, that to reign with you is to place ourselves at the service of your Word, which proclaims freedom from the snares of death and sin; so that we can share on earth and celebrate the joy of your salvation in heaven. Amen.

Fermati 1 minuto. Il Figlio dell'uomo è venuto per servire

Lettura

Matteo 20,20-28

20 Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. 21 Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». 22 Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». 23 Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
24 Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; 25 ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. 26 Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, 27 e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; 28 appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».

Commento

Nel Vangelo di Marco assistiamo alla richiesta fatta a Gesù da parte di Giacomo e Giovanni di poter sedere l'uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra nel regno dei cieli, mentre nel Vangelo di Matteo la stessa richiesta è avanzata dalla madre, forse per il timore di risultare poco umili nei confronti degli altri apostoli. In ogni caso gli altri dieci esprimono il loro sdegno, mostrando con ciò di porsi più o meno sullo stesso piano; la risposta di Gesù, infatti, suona come una ammonizione verso tutti loro.

Chi di noi non vorrebbe la garanzia di un posto privilegiato accanto a Gesù? Forse saremmo anche disposti ad accettare le tribolazioni di questa vita, a "bere il calice" del Signore, come Giacomo e Giovanni professano di essere disposti a fare. Allora la beatitudine eterna ci appare come un "premio" che ci spetta di diritto, magari a scapito di altri, che riteniamo meno "meritevoli". 

In tal modo sfugge il senso profondo della salvezza: il suo essere un dono gratuito da parte del Padre, in virtù del riscatto operato dal Figlio. Se noi partiamo da questo presupposto, allora l'atteggiamento che ne consegue non può che essere di profonda umiltà: innanzitutto verso Dio, che ci ha sciolti dalle catene di questo mondo, affrancandoci dal peccato e dalla morte.

Le catene di questo mondo sono l'asservimento a una logica di prevaricazione l'uno sull'altro, un continuo sentirsi in competizione che ci angustia, ci affanna, ci rende schiavi delle nostre ambizioni disordinate. 

Ma l'atteggiamento di umiltà che scaturisce dal sentirsi salvati per grazia deve caratterizzare anche le relazioni con il nostro prossimo. Che cosa meritiamo più di lui davanti a colui che ci ha riscattato a prezzo del suo sangue? 

La risposta di Gesù alla richiesta di un posto privilegiato nel regno a venire crea così un singolare paradosso: tra la schiavitù alle logiche del mondo e lo spirito di servizio, il farci "servi" - per utilizzare le parole stesse di Gesù - dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. 

Nella Chiesa non c'è spazio per la volontà di dominio; ogni autorità va esercitata sul modello di Gesù, come servizio agli altri e non per interesse personale. Il vangelo ci chiama a conformarci al Figlio prediletto, nel quale il Padre si è compiaciuto (Mt 3,17), il Figlio che è venuto nel mondo per servire e non per essere servito (Mt 20,28).

Preghiera

Aiutaci a comprendere, Signore, che regnare con te è porci al servizio della tua Parola, che proclama la libertà dai lacci della morte e del peccato; affinché possiamo condividere sulla terra e celebrare in cielo la gioia della tua salvezza. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

domenica 24 luglio 2022

Salvation is at a high price or cheap?

COMMENT ON THE LITURGY OF THE SIXTH SUNDAY AFTER TRINITY

Collect

O God, who hast prepared for those who love thee such good things as pass man's under standing; Pour into our hearts such love toward thee, that we, loving thee above all things, may obtain thy promises, which exceed all that we can desire; through Jesus Christ our Lord, Amen.

Readings

Rm 6:3-11; Mt 5:20-26

Comment

In his letter to the Romans, Paul offers us a profound theological reflection on the meaning of baptism. This is not a simple rite of purification and a call to conversion, as was the case in some Jewish ablution rituals or in the case of John's baptism. Christian baptism is a unique and unrepeatable event, it is a baptism "in Christ Jesus", "in his death", as a prefiguration and promise of the resurrection with him.

In Christ, in our baptism, we die to sin "once and for all", to live in God. Now, this is accomplished beyond our alleged "merits", it is done freely and is obtained for the merits of the death of Jesus; this is made even more evident in the baptism of infants, an expression of the grace that comes to meet us and that prevents our very request for salvation.

In a certain sense, therefore, salvation "is cheap", because it is given to us by grace and not by merit. But for this very reason, we must consider it "at a high price". We did not pay, but Christ bought it through his blood. How can such a gift be received superficially?

For this reason, a radical approach is required in living according to Christ, which gives unexpected depth and breadth to the precepts of the ancient law. "If your righteousness does not surpass that of the scribes and Pharisees, you will not enter the kingdom of heaven at all," says Jesus. It is about falling into the legalism and precepts of the doctors of the law, against whom Jesus often finds himself clashing. It is a question of grasping and amplifying the precept of charity, underlying the entire law. Thus "do not kill" becomes a reminder not to hurt one's neighbor even with words and reconciliation with one's brother becomes an indispensable prerequisite for being able to present one's offerings to God: worship in the temple, is not abolished, but is subordinate to worship in Spirit and truth, who recognizes in his neighbor a creature redeemed by Christ with his sacrifice.

We therefore present our members "as instruments of justice to God", according to the invitation that the apostle Paul addresses to us in his letter. Let us remember the greatness of the debt that was forgiven us and let us not behave like that man who obtained mercy from his creditor but acts mercilessly with his own debtor. Christ paid the price of our ransom, but we will be judged according to justice and we will be asked to account to the last cent for the charity that God has given us, calling us to share it with every man.

- Rev. Dr. Luca Vona



Salvezza a caro prezzo o a buon mercato?

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA SESTA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

O Dio, che hai preparato per coloro che ti amano dei beni che sorpassano l'umana comprensione, infondi nei nostri cuori un amore per te tale che, amandoti sopra ogni altra cosa, possiamo ottenere le promesse che superano ogni nostro desiderio; per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

Rm 6,3-11; Mt 5,20-26

Commento

Nella sua lettera ai Romani Paolo ci offre una profonda riflessione teologica sul significato del battesimo. Questi non è un semplice rito di purificazione e un richiamo alla conversione, come accadeva in alcuni rituali di abluzione ebraici o come nel caso del battesimo di Giovanni. Il battesimo cristiano è un evento unico e irripetibile, è un battesimo "in Cristo Gesù", "nella sua morte", quale prefigurazione e promessa della risurrezione con lui. 

In Cristo, nel nostro battesimo, moriamo al peccato "una volta e per sempre", per vivere in Dio. Ora, questo si realizza al di là dei nostri presunti "meriti", è operato gratuitamente ed è ottenuto per i meriti della morte di Gesù; ciò è messo ancor più in evidenza nel battesimo dei bambini, espressione della grazia che ci viene incontro e che previene la nostra stessa richiesta di salvezza.

In un certo senso, dunque, la salvezza "è a buon mercato", perché ci è data per grazia e non per meriti. Ma proprio per questo, dobbiamo considerarla "a caro prezzo". Non siamo stati noi a pagare, ma Cristo l'ha acquistata per mezzo del suo sangue. Come poter accogliere con superficialità un tale dono?

Per questa ragione è richiesta una radicalità, nel vivere secondo Cristo, che dona inaspettata profondità e ampiezza ai precetti dell'antica legge. "Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli" afferma Gesù. E nella serie di esempi che egli fa seguire al suo discorso della montagna e alla proclamazione delle beatitudini evangeliche, vediamo che non si tratta di cadere nel legalismo e nella precettistica dei dottori della legge, contro i quali Gesù si trova spesso a scontrarsi. Siamo invitati a cogliere e amplificare il precetto della carità, sottostante l'intera legge. Così "non uccidere" diventa un richiamo a non ferire il prossimo neanche con le parole e la riconciliazione con il fratello diventa una condizione preliminare indispensabile per poter presentare le proprie offerte a Dio: il culto nel tempio, senza essere abolito, è subordinato al culto in Spirito e verità, che riconosce nel prossimo una creatura redenta da Cristo con il suo sacrificio.

Presentiamo, dunque, le nostre membra "come strumenti di giustizia a Dio", secondo l'invito che l'apostolo Paolo ci rivolge nella sua lettera. Ricordiamo la grandezza del debito che ci è stato condonato e non comportiamoci come quell'uomo che ottenuta misericordia dal suo creditore si comportò da aguzzino con i propri debitori. Cristo ha pagato il prezzo del nostro riscatto, ma saremo giudicati secondo giustizia e ci verrà chiesto conto fino all'ultimo centesimo della carità che Dio ci ha donato, chiamandoci a condividerla con ogni uomo.

- Rev. Dr. Luca Vona

venerdì 22 luglio 2022

Fermati 1 minuto. L'incontro che si fa annuncio

Lettura

Giovanni 20,1-2.11-18

1 Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
11 Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12 e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13 Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». 14 Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. 15 Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». 16 Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! 17 Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». 18 Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.

Commento

Dopo aver constatato l'assenza del corpo di Gesù nella tomba i discepoli tornano a casa (Gv 20,10) ma Maria di Magdala rimane lì a piangere il suo Maestro. Mentre piange si china verso il sepolcro, cercando con lo sguardo colui che le è stato strappato via dalla morte. Due angeli sono seduti uno dalla parte del capo l'altro dalla parte dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù (v. 12), come i due cherubini scolpiti erano posti uno di fronte all'altro sull'Arca dell'alleanza (Es 25,18). Gesù è la nuova alleanza tra Dio e gli uomini, suggellata nel suo sacrificio sulla croce. 

I messaggeri di Dio chiedono a Maria Maddalena le ragioni della sua afflizione e mentre lei spiega che le è stato sottratto il corpo del suo Signore, questi appare in piedi alle sue spalle. Così in un primo momento Maria non vede Gesù ma sente la sua voce. Poi si volta ma non lo riconosce. Egli è vivo, ma lei "non sapeva che era Gesù" (v. 14). Anche gli apostoli sul lago di Tiberiade (Gv 21,1-6) e i due discepoli sulla strada di Emmaus (Lc 24,31-35) non riconoscono immediatamente Gesù risorto. 

Gli apostoli che pescano sulle rive del lago di Tiberiade riconoscono Gesù dalle sue opere, nel momento in cui gli dice di gettare le reti e queste si riempiono di pesci; i discepoli di Emmaus lo riconoscono allo spezzare del pane; Maria Maddalena lo riconosce quando viene da lui chiamata per nome. Gesù, d'altra parte, aveva affermato "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono" (Gv 10,27). 

Maria Maddalena cerca Cristo e si scopre essa stessa cercata da Cristo, sotto l'umile aspetto di una persona qualsiasi (un giardiniere). Anche noi lo cerchiamo nei vuoti che non possono riempire le creature. Il Signore mantiene la sua parola "mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore" (Ger 29,13) e non solo si fa trovare ma viene a cercarci per primo. 

Maria vorrebbe trattenere Gesù per paura di perderlo un'altra volta, ma egli resterà solo per quaranta giorni, prima della sua ascensione (At 1,3-11). Quando se ne sarà andato manderà però il Consolatore, a insegnare ogni cosa e rammentare tutto ciò che egli ha detto (Gv 14,26). 

Per Giovanni la glorificazione di Gesù avviene con la sua risurrezione, ma si compie con il dono dello Spirito Santo e la sua ascensione. Gesù aveva chiamato i suoi discepoli "servi" e "amici" (Gv 15,15) ma qui li chiama "fratelli" e si riferisce a Dio come "Padre mio e Padre vostro" (v. 17) perché il sacrificio della Croce ha creato una nuova relazione con loro e il dono dello Spirito li fa rinascere come figli di Dio. Gesù è figlio del Padre per generazione, noi lo diventiamo per adozione, in virtù della grazia che giustifica e santifica. 

Nella parole di Gesù, che definisce il Padre "Dio mio e Dio vostro" (v. 17) c'è la promessa della vita eterna: come egli è stato risuscitato anche noi abbiamo vinto la morte in lui. 
L'esempio di Maria Maddalena, apostola degli apostoli, dimostra che Gesù risorto si manifesta per costituire i suoi testimoni come annunciatori di salvezza. L'incontro con il Risorto non è un'esperienza destinata a rimanere privata, né una contemplazione infruttuosa ("non mi trattenere"; v. 17), ma come avverrà per Paolo sulla via di Damasco, rappresenta l'investitura di un mandato apostolico. Cristo cerca i nostri fratelli anche mediante la nostra testimonianza e il nostro annuncio.

Preghiera

Signore, tu ci cerchi chiamandoci per nome; le nostre orecchie riconoscano la tua voce, affinché possiamo essere consolati nelle nostre afflizioni diventando testimoni della tua salvezza. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



giovedì 21 luglio 2022

1 Minute Gospel. Let's not stop on the threshold

Reading

Matthew 12:46-50

46 While Jesus was still talking to the crowd, his mother and brothers stood outside, wanting to speak to him. 47 Someone told him, “Your mother and brothers are standing outside, wanting to speak to you.”
48 He replied to him, “Who is my mother, and who are my brothers?” 49 Pointing to his disciples, he said, “Here are my mother and my brothers. 50 For whoever does the will of my Father in heaven is my brother and sister and mother.”

Comment

While Jesus is surrounded by the crowd, his mother and brothers try to talk to him, probably to warn him against acting recklessly. However, it should be noted that the relatives of Jesus "stood outside" (v. 46); they are far from him, they are not there to hear his preaching, but they claim "possession" of him.

With his answer, Jesus does not want to denigrate or diminish family ties at all, but only to value the spiritual ones, which are deeper. The superiority of the spiritual family over the physical one is a concept developed also in the Old Testament (cf. Dt 33:9).

Jesus is the "new Adam", the Son of God who in the Incarnation took upon himself the whole of human nature, making each one capable of being intimately united with him. Thus we read in Luke: "a woman raised her voice in the crowd and said," 'Blessed is the womb that bore you and the breast from which you took milk!' "But he said,"“Blessed is the mother who gave you birth and nursed you.” He replied, “Blessed rather are those who hear the word of God and obey it.”" (Lk 11:27-28).

It is not legitimate for us to think that we have a privileged bond with God through a formal belonging to him, even if it were the baptism and the incorporation into the Church. The relationship of familiarity with him, of fraternal and even "maternal" familiarity, capable of generating him in our souls, passes through humble listening to his Word and exercising the will of the Father.

The "being outside" of the relatives of Jesus also becomes an image of those family ties that in our life can generate estrangement, loneliness, and conflict. So we ask ourselves "Who is my mother? Who are my brothers? Who do I belong to?". But in Christ, we discover that we are part of the great family of God, capable of exchanging crumbs of that love that he has given us without measure.

Prayer

No loneliness, o Lord, is filled until we know you; enable us to find you through your word and your working with the father and the Holy Spirit. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona


Fermati 1 minuto. Non arrestiamoci sulla soglia

Lettura

Matteo 12,46-50

46 Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. 47 Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». 48 Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 49 Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; 50 perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre».

Commento

Mentre Gesù è circondato dalla folla, sua madre e i suoi fratelli cercano di parlargli, probabilmente per metterlo in guardia dall'agire con imprudenza. Va tuttavia rilevato che i parenti di Gesù "stavano fuori" (v. 46); sono lontani da lui, non sono lì per ascoltare la sua predicazione, ma ne reclamano "il possesso". 

Con la sua risposta Gesù non vuole affatto denigrare o sminuire i legami familiari, ma solo valorizzare quelli spirituali, che sono più profondi. La superiorità della famiglia spirituale su quella fisica è un concetto sviluppato anche nell'Antico testamento (cfr. Dt 33,9).

Gesù è il "nuovo Adamo", il Figlio di Dio che nell'Incarnazione ha assunto su di sé l'intera natura umana, rendendo ciascuno capacce di essere intimamente unito a lui. Così leggiamo in Luca: "una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "'Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!'" Ma egli disse: "'Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!'" (Lc 11,27-28).

Non ci è lecito pensare di avere un legame privilegiato con Dio per una appartenenza formale nei suoi confronti, fosse anche il battesimo e l'incorporazione nella sua Chiesa. Il rapporto di familiarità con lui, di familiarità fraterna e, addirittura, "materna", ovvero capace di generarlo nelle nostre anime, passa attraverso l'umile ascolto della sua Parola e l'esercizio della volontà del Padre.

Lo "stare fuori" dei parenti di Gesù diventa anche immagine di quei legami familiari che nella nostra vita possono generare estraneità, solitudine, conflitto. Così ci chiediamo "Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? A chi appartengo?". Ma in Cristo ci scopriamo parte della grande famiglia di Dio, capaci di scambiarci briciole di quell'amore che egli ci ha donato senza misura.

Preghiera

Nessuna solitudine, Signore, è colmata in pienezza finché non conosce te; rendici capaci di trovarti attraverso la tua parola e il tuo operare con il padre e lo Spirito Santo. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona


mercoledì 20 luglio 2022

1 Minute Gospel. One hundred for one

Reading

Matthew 13:1-9

13 That same day Jesus went out of the house and sat by the lake. 2 Such large crowds gathered around him that he got into a boat and sat in it, while all the people stood on the shore. 3 Then he told them many things in parables, saying: “A farmer went out to sow his seed. 4 As he was scattering the seed, some fell along the path, and the birds came and ate it up. 5 Some fell on rocky places, where it did not have much soil. It sprang up quickly, because the soil was shallow. 6 But when the sun came up, the plants were scorched, and they withered because they had no root. 7 Other seed fell among thorns, which grew up and choked the plants. 8 Still other seed fell on good soil, where it produced a crop—a hundred, sixty or thirty times what was sown. 9 Whoever has ears, let them hear.”

Comment

With the parable of the sower, Jesus exemplifies the way in which the word of God is rejected, finds obstacles, but is also welcomed and bears fruit, spreading everywhere. While the mountain is Jesus' privileged place for prayer and the formation of his disciples, the coast of the Sea of ​​Galilee, or the Lake of Genesaret, is the place where the Gospels present the Lord intent on teaching the crowds.

The Greek verb used to indicate the gathering of people around him is synago, with a reference to the synagogue; perhaps because the listeners are Jews, or because what Jesus forms with his preaching is the new synagogue of believers in the gospel.

Jesus preaches on a boat as if to signify that his message is addressed to Israel, but the crowd looks towards the sea, from where the gospel will set sail towards the lands of the Gentiles. With this discourse begin the seven parables which serve to exemplify the way in which the kingdom of God is made (the sower, the weeds, the mustard seed, the leaven, the hidden treasure, the precious pearls, the net thrown into the sea). Those parables serve to exemplify the way in which the kingdom of God is made.

The use of parables - common in Judaism of the time - serves Jesus to involve and provoke the listener, making him apply what he says to the reality of his own spiritual life. Through examples and comparisons so close to the daily experience of each one, Jesus shakes and invites us to change our mentality and behavior, so that the word of God may penetrate and become the leaven of life.

The listening that bears fruit is a spiritual encounter with the person of Jesus. But the word needs a humble heart, a humus, a soft ground, where the seed can find shelter and nourishment. The yield of sowing was usually eight to one, ten to one in exceptional cases; the growth to one hundred for one that Jesus describes is incredibly great. Sections of both Jewish and Christian literature report exceptionally abundant harvests in the Messianic era.

Although this parable is reported in all three synoptic gospels, only Luke and Matthew explain that the seed is the word of God; a word that is not only air that resounds, but which is Jesus himself, the Word begotten by the father and incarnate in the womb of Mary; a word made "seed", which encounters the harshness of those who despise it among those of his homeland, among his relatives and in his house (Mk 6:4); who meets the thorns of those who scourge his body and crown his head with thorns; that will have to die and be buried to generate fruits of eternal life. A fruit so great as to feed all those who are hungry not for bread, but to listen to the word of the Lord (Am 8:11).

The sower spreads his seed with both hands in all directions, waiting for an abundant harvest. Despite the failures due to opposition and indifference, the proclamation of the kingdom of God will have lasting and extensive efficacy.

Prayer

Create in us, o Lord, a humble heart ready to receive your word; irrigate the furrows, flatten the clods, pour out the rain of your Spirit; so that the fruits of your grace may abound. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Il cento per uno

Lettura

Matteo 13,1-9

1 Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2 Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3 Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda».

Commento

Con la parabola del seminatore Gesù esemplifica il modo in cui la parola di Dio viene respinta, trova ostacoli, ma anche viene accolta e porta frutto, diffondendosi ovunque. Mentre il monte è il luogo privilegiato da Gesù per la preghiera e la formazione dei discepoli, la costa del mare di Galilea, ovvero il lago di Genesaret, è il luogo in cui i Vangeli presentano il Signore intento ad ammaestrare le folle.

Il verbo greco usato per indicare il riunirsi delle persone intorno a lui è synago, con un richiamo alla sinagoga; forse perché gli ascoltatori sono ebrei, o perché quella che Gesù forma con la sua predicazione è la nuova sinagoga dei credenti nel vangelo. 

Gesù predica su una barca, quasi a significare che il suo messaggio è rivolto a Israele, ma questi guarda verso il mare, da dove il vangelo prenderà il largo verso le terre dei gentili. Con questo discorso iniziano le sette parabole (il seminatore, la zizzania, il granello di senape, il lievito, il tesoro nascosto, le perle preziose, la rete gettata in mare) che servono a esemplificare il modo in cui il regno di Dio si fa strada o incontra resistenze sul camino degli uomini.

L'uso di parabole - comune nel giudaismo del tempo - serve a Gesù per coinvolgere e provocare chi ascolta, facendogli applicare ciò che dice alla realtà della propria vita spirituale. Attraverso esempi e paragoni così vicini all'esperienza quotidiana di ciascuno, Gesù scuote e invita a cambiare mentalità e comportamenti, perché la parola di Dio penetri nell'anima e diventi lievito di vita. 

L'ascolto che porta frutto è incontro spirituale con la persona di Gesù. Ma la parola necessita di un cuore umile, di un humus, un terreno morbido, dove il seme possa trovare riparo e nutrimento. Il rendimento di una semina era solitamente di otto a uno, dieci a uno in casi eccezionali; la crescita fino al cento per uno che Gesù descrive è incredibilmente grande. Brani della letteratura sia ebraica sia cristiana riferiscono di raccolti eccezionalmente abbondanti nell'era messianica.

Sebbene questa parabola sia riportata in tutti e tre i vangeli sinottici, solo Luca e Matteo spiegano che il seme è la parola di Dio. Una parola che non è solo aria che risuona, ma che è Gesù stesso, Verbo generato dal padre e incarnato nel seno di Maria, parola fattasi "seme", che incontra la durezza di chi lo disprezza tra quelli della sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua (Mc 6,4); che incontra i rovi di chi flagellerà il suo corpo e gli coronerà il capo di spine; che dovrà morire ed essere sepolto per generare frutti di vita eterna. Un frutto così grande da sfamare tutti coloro che hanno fame non di pane, ma d'ascoltare la parola del Signore (Am 8,11). 

Il seminatore sparge a piene mani il suo seme in tutte le direzioni, attendendo un raccolto abbondante. Nonostante i fallimenti dovuti all'opposizione e all'indifferenza, l'annuncio del regno di Dio avrà un'efficacia duratura ed estesa.

Preghiera

Crea in noi, Signore, un cuore umile e pronto a ricevere la tua parola; irriga i solchi, spiana le zolle, effondi la pioggia del tuo Spirito; affinché possano abbondare i frutti della tua grazia. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

martedì 19 luglio 2022

Assidui e concordi nella preghiera. Commento al Salterio - Salmo 7

Lettura

Salmi 7

1 Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.

2 Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3 perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.
4 Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5 se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6 il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.
7 Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8 L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9 Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10 Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.
11 La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12 Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13 Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14 Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.
15 Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16 Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17 la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18 Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.

Commento

L'introduzione del Salmo è costituita - come usuale nelle lamentazioni individuali - da un appassionato appello al Signore, perché salvi il fedele che ha fatto a lui ricorso.

Il povero del Signore, ingiustamente perseguitato, si appella al giusto giudizio di Dio e sorretto dalla testimonianza di una buona coscienza sa di poter trovare in lui la sua difesa. Egli prende rifiugio nel Signore (v. 2), con riferimento al tempio, in cui Dio si fa presente. La funzione giudiziaria del rifugio nel santuario è presente nella preghiera con cui viene consacrato da Salomone (1 Re 8,31-32).

L'immagine delle bestie feroci è frequente nei salmi di lamentazione per sottolineare la ferocia del nemico che sta in agguato per sbranare la preda (cf. 27,2; 35,21). Il leone ruggente, che si aggira "cercando chi divorare" è un'immagine utilizzata nella lettera di Pietro in riferimento al diavolo (1 Pt 5,8).

Il "giuramento d'innocenza" - forma espresiva di carattere giudiziario - lo incontriamo anche nel libro di Giobbe (Gb 31). L'accusato, per difendersi in modo decisivo contro una condanna, coinvolge Dio stesso, chiamandolo a testimoniare a suo favore (cfr. Dt 17,8-10). L'innocenza protestata dal salmista non indica la sua totale assenza di peccato ma riguarda la sua non colpevolezza in merito allo specifico caso giudiziario portato davanti a Dio.

Con lo stile di una marcia militare il poeta lancia l'arcacico grido della guerra santa - "Sorgi, Signore nel tuo sdegno!" (v. 7) - e attende l'irruzione giudicatrice di Dio.

Il Signore è rappresentato come colui che "scruta reni e cuore" (v. 10). Nella concezione che gli antichi avevano del corpo, i reni erano considerati la sede dei sentimenti più profondi oltre che del vigore fisico. Il cuore indicava la sede delle decisioni e della volontà. L'espressione "scrutare i reni e il cuore", riferita a Dio, significa che egli penetra l'intimo dell'uomo (cfr. At 1,24), a differenza del giudice umano che è solito fermarsi alla superficie delle cose. 

Dopo l'aspetto salvifico del giusto giudizio di Dio che salva "i retti di cuore" viene ricordato quello punitivo: l'ira di Dio coplisce inesorabilmente ogni operatore di iniquità (v. 12).

La "difesa" (v. 11) invocata dal salmista è letteralmente lo "scudo" (ebr. magen), immagine della protezione offerta dal Signore.

La certezza finale espressa dall'orante raffigura il Signore come un guerriero e un arciere implacabile (vv. 13-14). La malizia e la violenza dell'empio ricadranno su di lui, che sprofonderà nella fossa approntata per catturare il giusto (vv. 16-17). Il tema della "nemesi immanente", cioè di una legge secondo la quale il male ritorna su coloro che lo compiono, ricorre anche in altri salmi (cfr. 9,16-17; 57,7).

Gli ultimi versi del salmo celebrano Dio esaltando il suo nome. L'appellativo "Altissimo" (ebr. eljon) è attestato in modo particolare in ambiente gerosolimitano pre-esilico. Nel libro fella Genesi, Melchisedec è detto "sacerdote dell'Altissimo" (Gn 14,18). Tale appellativo, desunto dal sostrato religioso delle antiche popolazioni cananaiche, fu accolto nel linguaggio poetico dei Salmi per esprimere la trascendenza del Dio d'Israele e l'universalità del suo dominio regale.

Secondo l'ottica evangelica, solo Gesù - agnello pasquale senza macchia - può dire legittimamente "giudicami secondo la mia innocenza" al cospetto dell'Altissimo. Il credente può far propria questa preghiera nella misura in cui è inserito nell'innocenza di Cristo in virtù della grazia battesimale.

- Rev. Dr. Luca Vona


lunedì 18 luglio 2022

1 Minute Gospel. Jesus consecrates the time of rest

Reading

Luke 10:38-42

38 As Jesus and his disciples were on their way, he came to a village where a woman named Martha opened her home to him. 39 She had a sister called Mary, who sat at the Lord’s feet listening to what he said. 40 But Martha was distracted by all the preparations that had to be made. She came to him and asked, “Lord, don’t you care that my sister has left me to do the work by myself? Tell her to help me!”
41 “Martha, Martha,” the Lord answered, “you are worried and upset about many things, 42 but few things are needed—or indeed only one. Mary has chosen what is better, and it will not be taken away from her.”

Comment

Along the way, Jesus decides to stop at the home of Martha and Mary, sisters of his friend Lazarus. The two women show opposing attitudes, but both are important in the Church: Martha, with her active service, shows diakonìa, taking care of the Lord, present in every person in need; Mary is the exemplar of the disciple dedicated to listening to God. Worthy of note is the position taken by the latter, sitting in front of Jesus, typical of the disciple and at that time quite unusual for a woman.

The Lord does not reproach Martha for her service, but for her being "distracted"; she literally is "absorbed" (gr. periestàto) for her great service. Jesus consecrates the time of rest, dedicated to listening to him. If he does not hesitate to perform miracles and healings on the Sabbath, he at the same time brings the sacredness of the Sabbath rest into daily life. There is no activity so important that can distract us from a pause to listen to his word.

Jesus reproaches Martha for worrying and getting upset about too many things. First of all, any work of service must be carried out by us with a quiet action: with our hands, we must serve, but with our ears, we must listen to the voice of Christ.

When Jesus wants to be welcomed into our lives he does not ask us to "overdo". The apostolate, the service of Christ in our neighbor, cannot crush and cancel the indispensable space reserved for contemplation, and for the praise of God, proper nourishment, and refreshment of the soul.

The walk and the stops mark the life of Jesus, like a melody in which the pauses are as important as the notes. He exhorts us to simplify our exterior and interior life; it frees us from worries by calling us to the simplicity and joy of discipleship, which is a wise balance between doing and listening, service and adoration: in this way we will do one thing without neglecting the other, fulfilling "justice and love of God "(Lk 11:42).

Prayer

O Lord, we adore you, listening sitting at your feet. May your word feed in us contemplative love and ardor for the apostolic life; without ever losing attention to your presence. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona


Fermati 1 minuto. Gesù consacra il tempo della sosta

Lettura

Luca 10,38-42

38 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».

Commento

Lungo il cammino Gesù decide di fare una sosta a casa di Marta e Maria, sorelle del suo amico Lazzaro. Le due donne mostrano atteggiamenti contrapposti, ma entrambi importanti nella Chiesa: Marta, con il suo servizio attivo mostra la diakonìa, il prendersi cura del Signore, presente in ogni persona bisognosa; Maria è l'esemplare della discepola dedita all'ascolto di Dio. Degna di nota è la posizione assunta da quest'ultima, seduta davanti a Gesù, tipica del discepolo e a quei tempi del tutto inusuale per una donna. 

Il Signore non rimprovera a Marta il suo servizio, ma il suo essere "tutta presa"; letteralmente "assorbita" (gr. periestàto) per il grande servizio. Gesù consacra il tempo della sosta, dedicato al suo ascolto. Se non esita di compiere miracoli e guarigioni in giorno di sabato, al tempo stesso porta la sacralità del riposo sabbatico nel quotidiano. Non c'è attività così importante che possa distoglierci da una pausa per ascoltare la sua parola. 

Gesù rimprovera a Marta di preoccuparsi e agitarsi per troppe cose. Innanzitutto, qualsiasi opera di servizio deve essere da noi svolta con una azione quieta: con le mani dobbiamo servire, ma con le orecchie dobbiamo ascoltare la voce del Cristo.

Quando Gesù vuole essere accolto nelle nostre vite non ci chiede di "strafare". L'apostolato, il servizio di Cristo nel nostro prossimo, non può schiacciare e annullare lo spazio indispensabile riservato alla contemplazione, e alla lode di Dio, vero nutrimento e ristoro dell'anima.

Cammino e sosta, scandiscono la vita di Gesù, come una melodia in cui le pause sono importanti quanto le note. Egli ci esorta alla semplificazione della nostra vita esteriore ed interiore; ci libera dagli affanni chiamandoci alla semplicità e alla gioia del discepolato, che è sapiente equilibrio tra il fare e l'ascoltare, il servizio e l'adorazione: faremo così una cosa senza trascurare l'altra, compiendo "la giustizia e l'amore di Dio" (Lc 11,42).

Preghiera

Signore, noi ti adoriamo, in ascolto, seduti ai tuoi piedi. La tua parola alimenti in noi l'amore contemplativo e l'ardore per la vita apostolica; senza che mai perdiamo l'attenzione verso la tua presenza. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona