Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 31 dicembre 2017

Non sei più servo ma erede di Dio



Commento alla liturgia della I domenica dopo il Natale


Colletta

Dio Onnipotente, che ci hai donato il tuo unico Figlio, affinché prendesse su di sé la nostra natura e nascesse in questo tempo dal grembo di una vergine; concedici di essere rigenerati e fatti tuoi figli per adozione e grazia; affinché possiamo essere quotidianamente rinnovati dallo Spirito Santo. Per Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te e con lo stesso Spirito, per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Letture:

Gal 4,1-7; Mt 1,18-25

Il tema dell'adozione per grazia - richiamato nella colletta della liturgia del giorno e dalla Lettera di San Paolo ai Galati - ci costringe a rivedere radicalmente la nostra immagine di Dio. La rivelazione del Dio trinitario e della dinamica che ne anima la vita, interna ed esterna, ci è data innanzitutto nel mistero dell’Incarnazione. Dio ci viene rivelato come Padre, dunque non come un'ente chiuso in se stesso, sterile e autoreferenziale, ma capace di generare in eterno un'altro da sé, il Figlio, e di effondere su di esso il proprio amore. Il Figlio restituisce al Padre questo amore, che è lo Spirito Santo, in una dinamica che è come quella di una fontana perpetua, capace di autoalimentare il proprio flusso, senza fine né principio.
Ma il mistero dell'adozione a figli, mediante l'Incarnazione del Verbo, ci offre una ulteriore rivelazione. La capacità del Dio trinitario di effondere la propria vita anche al di fuori di sé. Assumendo e condividendo fino in fondo la nostra natura umana, infatti, il Figlio ci rende una cosa sola con sé. Il processo discendente e di "spoliazione" che ha inizio con l'Incarnazione del Verbo e giungerà alla rincunia di Dio a se stesso nella Passione e morte di Cristo, ha un parallelo nella progressiva ascesa della natura umana, nel momento in cui Dio decide di assumerla su di sé, di innalzarla rivestendosi di essa, di rigenerarla pienamente, attraverso la sua dolorosa Passione e la gloriosa Resurrezione.
La nascita di Gesù, l’Incarnazione dell'eterno Figio di Dio, è il passo decisivo con cui Dio ci offre, gratuitamente, la possibilità di essere inseriti nella sua vita trinitaria. È il segno della fedeltà di Dio alla sua creatura, che ci consente di recuperare non solo il Paradiso perduto, ma di condividere la stessa vita divina, di ottenere ciò che i nostri progenitori desideravano e che il menzognero tentatore gli prospettava come un qualcosa che Dio non ci avrebbe concesso: "Dio sa che nel giorno in cui ne mangerete gli occhi vostri si apriranno e sarete come Dio"... Ne mangiarono entrambi “allora si apersero gli occhi di ambedue e si accorsero di essere nudi”. Il frutto della disobbedienza ci ha allontanati da Dio, aprendoci gli occhi verso la miserevole nudità di chi ha perso tutto, perché ha perso l’immagine e la somiglianza con il suo Creatore. Ma ben diverso è il frutto della giustificazione, e ben diverso il destarsi dal sonno, l’aprire gli occhi di Giuseppe, al quale l’angelo rivela il mistero dell’Emmanuele, il “Dio-con-noi”.
La salvezza operata in Cristo, ha non solo restaurato in noi l'immagine originaria, ma ci ha fatti eredi di Dio, rendendoci una sola cosa con il Figlio; sicché quando il Padre ci guarda, non vede noi, non vede me, non vede te... ma vede in noi il Figlio suo e ci ama come il suo Figlio prediletto. E quando noi preghiamo rivolgendoci al Padre, noi preghiamo con la stessa voce del Figlio di Dio, mediante lo Spirito Santo, che egli ha effuso abbondantemente su di noi.
Tutto ciò avviene nel mistero dei Sacramenti che il Signore, attraverso la Chiesa ci ha donato. E innanzitutto con i due grandi sacramenti attestati dal Vangelo e istituiti da Nostro Signore: il battesimo e l'eucaristia. Quando siamo battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, sperimentiamo il dono gratuito di Dio, che non è semplicemente una terra promessa per diventare nazione, e neppure il giardino dell'Eden con tutti i suoi frutti, ma è l'ingresso nella vita trinitaria, la piena comunione con Dio, che ci offre il dono più grande: se stesso. E questo mistero si compie pienamente nella comunione eucaristica, mediante la quale la nostra carne, il nostro sangue, diventano una sola cosa con la carne e il sangue di Cristo, affinché tutta la nostra persona, corpo e anima, possa ricevere l'immagine del Figlio. Ora Dio può vederci realmente con gli occhi di un Padre. Ora può vederci come noi guarderemmo nostro figlio. Io sono padre e so cosa significa il modo in cui guardi e ami tuo figlio e, per contro, il modo in cui lui ti guarda e ti ama, il modo in cui si affida a te. Certo sono una creatura segnata dalla debolezza e dalla fragilità della natura umana, sono un padre imperfetto. Mentre Dio ci ama in un modo così perfetto che possiamo cercare di immaginarlo solo partendo dalla nostra esperienza umana di padri, madri e figli ed elevandola a una incalcolabile potenza e perfezione. Come cristiani, abbiamo compreso a fondo il senso di questo mistero? Lo abbiamo compreso almeno un po'? Perché è questo il centro di tutta la nostra fede. Siamo in grado di vedere e concepire Dio come un Padre? Siamo in grado di saperci e di sentirci amati come il migliore dei padri amerebbe suo figlio? Lo Spirito Santo, ci insegni questo mistero e ci doni la sua pace, la pace di chi non è più schiavo e orfano in terra straniera, ma è stato chiamato a regnare con Cristo, nel quale il Padre ci dice: “tu sei mio figlio, oggi io ti ho generato” e "tutto quello che è mio è tuo". Amen.

Rev. Luca Vona
Missione Anglicana Tradizionalista Carlo I Stuart


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domenica 24 dicembre 2017

Ridestiamoci dal sonno

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

Colletta

Dio Onnipotente, donaci la grazia di allontanare da noi le opere delle tenebre e rivestirci dell’armatura della luce, ora nel tempo di questa vita mortale, in cui il tuo figlio Gesù Cristo è venuto a visitarci in grande umiltà; affinché nell’ultimo giorno, quando ritornerà nella sua gloriosa maestà, per giudicare i vivi e i morti, possiamo risorgere alla vita immortale, per lui che vive e regna, con te e con lo Spirito santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Ti supplichiamo Signore, solleva la tua potenza e vieni in nostro soccorso; affinché mentre corriamo, affaticati e ostacolati, tra il peccato e la debolezza, sul percorso che ci hai posto dinanzi, la tua grazia e la tua misericordia, possano soccorrerci prontamente. Per Gesù Cristo, nostro Signore, al quale, con te e con lo Spirito Santo, va ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Letture

Fil 4,4-7; Gv 1,19-28

Commento

«Egli è colui che viene dopo di me e che mi ha preceduto» (Gv 1,27). In queste parole di Giovanni Battista è racchiusa la ragione della nostra speranza. Dio ci precede nel donarci la sua salvezza. 

La colletta della quarta settimana di Avvento richiama la seconda lettera di San Paolo a Timoteo, scritta dalla prigionia, nella consapevolezza della morte imminente: "Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno" (2 Tim 4,7-8). Ma come ci ricorda questa preghiera liturgica la corsa può risultare estremamente faticosa, e può essere non priva di inciampi, a volte di rovinose cadute, a causa del peccato e della nostra debolezza. Il Signore ci viene incontro, con la sua grazia e la sua misericordia.

Fin dal primo atto di allontanamento dal Creatore vediamo nel libro della Genesi un Dio che cerca la sua creatura, chiamandola per il giardino: «Dove sei?» (Gen 3,9). Anche dopo l'allontanamento dell'uomo dall'Eden, Dio parla ai patriarchi, come a Giacobbe, nel sogno della scala mediante la quale gli angeli salgono e scendono dal cielo. Qui Dio gli promette «Io sono con te e ti proteggerò dovunque andrai... non ti abbandonerò» (Gen 28,15).

L'Avvento e il tempo di Natale sono il momento in cui maggiormente siamo chiamati a riconoscere la presenza di Dio tra noi. La lettera di Paolo ai Filippesi descrive il mirabile scambio di nature che si realizza nel mistero dell'incarnazione. Una dinamica circolare ascendente e discendente, proprio come quella degli angeli sulla scala di Giacobbe. Per questo la letteratura cristiana antica, in Oriente, parla di theosis kenosis, divinizzazione e spoliazione: divinizzazione dell'uomo, mediante la spoliazione di Dio. L'apostolo Paolo lo afferma con parole eloquenti: "Cristo Gesù... essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,6). Vi è un profondo legame tra l'incarnazione e la passione.

Dio ha spogliato se stesso, assumendo la nostra natura, la nostra miseria, affinché non vi potesse essere più alcuna regione dell'umano classificabile come terra straniera, "senza Dio". Affinché saltassero tutte le distinzioni tra "sacro" e "profano". Affinché ciascuno di noi potesse esclamare, come Giacobbe, ridestatosi dal suo sogno profetico in terra straniera: «Certamente l'Eterno è in questo luogo, e io non lo sapevo» (Gen 28,16). Ridestiamoci dal sonno, dunque, e riconosciamo il Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi.

- Rev. Dr. Luca Vona

lunedì 18 dicembre 2017

La remissione dei peccati nella comunione eucaristica

La Chiesa anglicana, fin dalle sue origini non ha rigettato completamente la confessione auricolare e, sebbene nel Book of Common Prayer non sia presente un vero e proprio formulario per il Rito della Riconciliazione, troviamo diverse formule per la remissione dei peccati, in particolare nel Rito della Visita degli Infermi e nelle preghiere comunitarie del mattino e della sera (Morning e Evening Prayer).
Particolare importanza è data alla confessione collettiva durante la Santa Messa. Ma ciò che importante sottolineare è il valore della comunione eucaristica, sotto le due specie del pane e del vino, nel rimettere i peccati.

Questa idea teologica è ben lungi dall'essere una "invenzione" della Riforma. E' infatti presente già nella chiesa occidentale dei primi secoli, testimoniata dalla tradizione afro-romana e da Ambrogio di Milano.

Riportiamo, dunque, qui di seguito, alcuni passi del De Sacramentis di Ambrogio, insieme ad alcuni passaggi della preghiera eucaristica del Book of Common Prayer (dall'edizione del 1928), in particolare la preghiera di invocazione e quella che precede la comunione.

Sant'Ambrogio di Milano, De Sacramentis, IV,26-28.

Ogni volta che lo riceviamo [il sacramento del corpo e del Sangue di Cristo, ndr], annunciamo la morte del Signore. Se annunciamo la morte, annunciamo la remissione dei peccati. Se, ogni volta che il sangue viene sparso, viene sparso per la remissione dei peccati, devo riceverlo sempre, perché sempre mi rimetta i peccati. Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina.

Quotiescumque accipimus, mortem Domini adnuntiamus. Si mortem, adnuntiamus remissionem peccatorum. Si, quotiescumque effunditur sanguis, in remissionem peccatorum funditur, debeum illum semper accipere, ut semper michi peccata dimittat. Qui semper pecco, semper debeo habere medicinam.

Libro della preghiera Comune (The Book of Common Prayer) 1928

INVOCAZIONE

E noi ardentemente ti chiediamo, o paterna bontà, di accettare con misericordia questo nostro sacrificio di lode e ringraziamento; molto umilmente ti supplichiamo di concedere a noi e alla tua intera Chiesa, per i meriti della morte del tuo Figlio Gesù Cristo e per la fede nel suo sangue, di ottenere la remissione dei nostri peccati e tutti gli altri benefici della sua passione.

PREGHIERA PRIMA DELLA COMUNIONE
Noi non abbiamo la presunzione di avvicinarci a questa Tavola, SIGNORE misericordioso, confidando nella nostra giustizia, ma nella tua molteplice e grande misericordia. Non siamo degni neppure di raccogliere le briciole sotto il tuo Tavolo. Ma tu sei lo stesso SIGNORE, la cui proprietà è di avere sempre misericordia; concedici dunque, SIGNORE di nutrirci del Corpo e del Sangue del tuo diletto Figlio Gesù Cristo, affinché i nostri corpi segnati dal peccato possano essere purificati dal suo Corpo e le nostre anime lavate dal suo Preziosissimo Sangue, e che sempre possiamo dimorare in Lui e Lui in noi. Amen.

- Rev. Luca Vona