Considero la tradizione monastica uno status che travalica le confessioni cristiane e trasversale a diverse fedi religiose. Il monachesimo, preesistente al cristianesimo stesso, è stato assimilato da quest'ultimo fin dai primi secoli, portando frutti di santità e rappresentando un segno profetico della totale consacrazione a Dio come bene assoluto.
Durante le prime persecuzioni verso i cristiani alcuni di essi fuggirono nel deserto e qui si dedicarono a una vita eremitica fatta di preghiera, penitenza e semplicità, nella ricerca di un'intima comunione con Dio. Con il raggiungimento della pace con l'impero romano questo stile di vita continuò a fiorire come scelta di impegno di vita radicale mentre il cristianesimo nelle città andava rilassandosi.
L'eremitismo non implica, però, un progetto di vita egoistico e sprezzante verso il genere umano. Al contrario, l'eremita, porta nel suo cuore e nella sua preghiera, nel vincolo spirituale della comunione dei santi, tutta la cristianità e ogni uomo alla ricerca dell'Assoluto.
La riforma protestante si è mostrata critica, al suo avvento, contro il monachesimo e l'eremitismo. A partire dal ventesimo secolo ha iniziato un processo di riscoperta di esso, che ha portato al sorgere di importanti realtà quali la l'Ordine dei Veglianti (Freternité Spirituelle des Veilleurs) in Francia, la Comunità di Iona in Irlanda, la Comunità di Taizé in Svizzera e la Comunità monastica di Bose in Italia.
Il fenomeno denominato dagli studiosi "nuovo monachesimo" (new monasticism) ha visto il fiorire anche di forme di vita monastica meno istituzionali e di numerosi eremiti metropolitani; questi ultimi ricercano una profonda comunione con Dio non necessariamente in deserti naturali, ma anche nella città, trasformando l'indifferenza e la solitudine che spesso caratterizza la moltitudine indistinta della realtà urbana, in luogo di incontro con Dio e di apertura al prossimo che si trova alla ricerca di senso nella frenesia quotidiana. In questo senso la vocazione eremitica merita il riconoscimento di una vocazione autenticamente evangelica.
Considero "il Deserto" come luogo privilegiato in cui cercare una rinnovata comunione cristiana. La divisione delle chiese è infatti una ferita al Corpo mistico di Cristo. Credo che una autentica spiritualità di comunione non potrà realizzarsi con facili sincretismi e "fughe in avanti", ma facendo proprie le tensioni e le lacerazioni del Cristo crocifisso e cercando di vincere il demone della discordia con la preghiera, balsamo prezioso effuso sul suo Corpo; con il silenzio, riparazione delle offese e delle contese tra fratelli e sorelle nella fede; con il digiuno, inteso non semplicemente come astinenza dai cibi, ma dalle pulsioni egoistiche e dalla volontà di prevaricazione.
- Rev. Dr. Luca Vona