Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

mercoledì 9 ottobre 2019

TO BE OR NOT TO BE? La presenza di Cristo nell'eucaristia

Tutte le chiese sorte dai padri della Riforma - Lutero, Zwingli, Calvino, ecc. - si sono scagliate contro il Canone Romano passando dalla "Messa" alla celebrazione della "Santa Cena" o "Cena del Signore" o "Santa Comunione". Al di là delle "etichette" sappiamo oggi che il canone Romano risale a un periodo antecedente la latinizzazione della Chiesa di Roma, ovvero è databile prima del II-III secolo. Il Canone Romano, era definito da Lutero una «abominevole [...] raccolta di omissioni e di immondezze». Forse, pur avendo una buona preparazione teologica (e probabilmente anche patristica), egli non sapeva che Ambrogio, Agostino, Tertulliano, Zenone da Verona, ne citano diverse parti e che le anafore (preghiere eucaristiche) delle chiese orientali, tra cui l'Anafora di Addai e Mari (trasmessa interrottamente nelle chiese siro-orientali o l'antichissima Anafora di San Marco) presentano tutti gli stessi punti comuni con il Canone Romano: 1) una preghiera anamnestica (memoriale dell'istituzione della Santa Cena - nel caso dell'anafora di Addai e Mari senza le parole di Cristo ma presentato in modo frammentario); 2) una epiclesi (invocazione dello Spirito Santo sui doni del pane e del vino); 3) fede nella trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo (sebbene non espressa in termini di transustanziazione fino al medioevo in Occidente e mai espressa in questi termini in Oriente). In tutti i casi vi è la fede in una presenza reale e "oggettiva" del Corpo e Sangue di Cristo nelle specie consacrate. Eppure, così si esprimeva Giovanni Calvino, nel suo Institutio christianae religionis: «Qualunque siano i termini inventati per mascherare le loro false dottrine e renderle accettabili, si ritorna pur sempre a questo punto: ciò che era pane diventa Cristo, in modo tale che, dopo la consacrazione, la sostanza di Gesù Cristo è nascosta sotto forma di pane. E questo non hanno vergogna di dirlo in modo esplicito e chiaro» (IV, 17, 13); per difendere questa dottrina della trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, afferma il riformatore di Ginevra, «i papisti combattono oggi con impegno maggiore che per tutti gli altri articoli della fede [...] il pane si è mutato nel corpo di Cristo non nel senso che il pane si è fatto corpo, ma nel senso che Gesù Cristo, per nascondersi sotto le specie del pane, annulla la sostanza di quello. Stupisce che siano caduti in tanta ignoranza, per non dire stupidità, osando contraddire, per sostenere tale mostruosità, non solo la Sacra Scrittura, ma anche ciò che era sempre stato creduto dalla Chiesa antica (IV, 17, 14). Ora, è possibile che Calvino, uomo dottissimo, pur con gli strumenti del suo tempo, non sapesse che la chiesa antica sosteneva proprio ciò che lui negava. E oggi, di ciò, ne abbiamo ampia testimonianza. Non vogliamo pensare che egli fosse in malafede, ma sappiamo oggi, grazie a numerose testimonianze patristiche e liturgiche di epoca subapostolica, che quanto afferma non risponde al vero. D'altra parte Cristo afferma in Gv 6,51-54: 51 Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne». 52 I Giudei dunque discutevano tra di loro, dicendo: «Come può costui darci da mangiare la sua carne?» 53 Perciò Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. La chiesa Anglicana, nel suo primo Book of Common Prayer, promulgato nel 1549 da Edoardo VI ed elaborato sostanzialmente da Thomas Cranmer, mantiene nella preghiera consacratoria il TO BE, ovvero la richiesta che il Padre mandi il suo Spirito affinché il pane e il vino siano (divengano) il Corpo e il Sangue di Cristo. Dalle edizioni successive, cui misero mano riformatori come Pietro Martire Vermigli e Martin Bucer (di orientamento zwingliano) il TO BE scompare e si richiede al Padre di concederci di "prendere parte" ("partake") al Corpo e al Sangue di Cristo, in una formula che è un "mix" di luteranesimo, calvinismo, cattolicesimo e zwinglianesimo. Solo dopo le riforme seguite al Movimento liturgico del XX secolo riappariranno nel Book of Common Prayer della Chiesa Episcopale degli Stati Uniti d'America e nel Common Worship della Chiesa d'Inghilterra formulari che reintroducono il TO BE ("affinché sia"), ovvero la fede in una presenza "oggettiva" del Corpo e del Sangue di Cristo nelle specie eucaristiche. La cosa bizzarra è che, per non scontentare le correnti anglo-cattoliche e quelle evangeliche che da sempre attraversano la Chiesa anglicana, il BCP 1979 della Chiesa Episcopale degli Stati Uniti di America offre 3 formulari per l'eucarestia: il primo richiama sostanzialmente la concezione di "partecipazione al Corpo e Sangue di Cristo" (che era ancora presente nel BCP 1928, che presenta un certo orientamento anglo-cattolico introducendo nell'anafora una Offerta e una Epiclesi. Il primo formulario del BCP 1979 è presentato in early-modern english e in inglese contemporaneo. Gli altri due formulari, recuperano diversi frammenti del Canone Romano e reintroducono il TO BE. Quanto al Common Worship della Chiesa di Inghilterra, arriva a proporre addirittura 8 (otto!) formulari: A, B, C, D, E, F, G, H; i primi tre "vecchio stampo" (senza allusioni a una trasformazione "oggettiva" delle specie consacrate), gli altri 5 con la formula TO BE, presente nel canone Romano e in tutte le liturgie dei primi secoli. Tra le chiese metodiste sorte dal movimento holiness vi è la Chiesa del Nazareno, che fino a qualche decennio fa adottava un brevissimo formulario (lasciando il resto all'estemporaneità) di orientamento totalmente zwingliano (le specie consacrate sono definite "emblemi"), ma che nel suo ultimo Manuale ha introdotto una vera e propria formula epicletica sui doni del pane de del vino, in cui si richiede al Padre di effondere il suo Spirito sia sulla comunità riunita in preghiera che sui doni del pane e del vino, affinché diventino (to be) il Corpo e il Sangue di Cristo. L'eucaristia (Communion Supper) è inoltre definita "mezzo di grazia" (means of grace), secondo una accezione tipicamente wesleyana (John Wesley è stato, nel diciottesimo secolo, il fondatore del Metodismo) e compatibile con la dottrina dei Padri dell'epoca subapostolica. Peccato che, anche in questo caso, l'utilizzo del formulario del Manuale non sia assolutamente restrittivo, ma anzi, la maggior parte delle Chiese del Nazareno, utilizza preghiere estemporanee per la liturgia. Vi sono poi le chiese Metodiste: la United Methodist Church - che è la più ampia denominazione metodista americana - richiede attualmente di attenersi ai propri formulari, ma questi offrono solo una struttura di base, di fatto priva di eucologia (cioè delle preghiere vere e proprie da formulare). Nei sui articoli di religione continua a rigettare la transustanziazione (il che, di per sé, non implica il rifiuto della fede nella presenza oggettiva del Corpo e Sangue di Cristo, perché anche gli ortodossi rifiutano di razionalizzare il mistero parlando di transustanziazione ma credono che Cristo sia presente in maniera "oggettiva"). Ciò ha dato vita alle forme liturgiche e alle interpretazioni teologiche dell'eucaristia le più varie. Non se la passa meglio la British Methodist Church, che in un sondaggio condotto tra i propri fedeli riscontra una totale spaccatura tra chi crede nella presenza reale di Cristo nell'eucarestia e chi crede Cristo sia presente ovunque o non sia presente da nessuna parte , se non alla destra del Padre. Tale chiesa offre dei vaghi formulari, in cui non vi è riferimento alla presenza "oggettiva"; specifica inoltre che i formulari sono solo spunti per le chiese e che non devono in alcun modo castrare la creatività e impedire l'uso di preghiere del tutto estemporanee (che furono invece vietate dal Concilio di Ippona del 393 - convocato da Aurelio di Cartagine e sotto la guida di Sant'Agostino - per arginare il diffondersi di eresie mediante la liturgia). Insomma: "noi vi diamo una dritta, che resta un po' ambigua per accontentare tutti, ma poi fate un po' come vi pare". In conclusione, solo le chiese anglicane, quella luterana (che ha sempre predicato la consustanziazione) e alcune chiese di derivazione metodista hanno mantenuto o recuperato, il senso della presenza "oggettiva" di Cristo nell'eucarestia, e non una considerazione di essa come puro memoriale o comunione spirituale con il Risorto, concetti del tutto assenti nella chiesa subapostolica. Alla luce dei progressi realizzati dalle scienze storico-teologiche, patristiche, filologiche e liturgiche, tale svolta era probabilmente inevitabile. Purtroppo per le chiese protestanti storiche ma anche per per quelle evangeliche è rimasta una svolta più teorica che pratica, poiché permane una grande frammentazione liturgica (nell'offerta di svariati formulari, spesso in contraddizione tra loro nella stessa chiesa) e una forte tendenza a una estemporaneità del tutto fuori controllo (soprattutto dal punto di vista dell'ortodossia teologica). Risulta alquanto necessaria una Riforma della Riforma, se questa vuole richiamarsi autenticamente alla chiesa apostolica (la Bibbia non ci dice quasi nulla su come veniva svolta la liturgia cristiana, ma i testimoni patristici antichi conobbero personalmente gli apostoli). Se si vuole essere una chiesa dotata di una liturgia non si può che avere una liturgia che sia espressione, almeno nei suoi tratti essenziali, del Canone Romano o delle liturgie ortodosse, trasmesse interrottamente dai primi secoli della cristianità (per il Canone Romano un periodo antecedente il II secolo). In ogni caso, il minimo indispensabile di una qualsiasi liturgia deve essere costituito dalla compresenza di una anamnesi - nella forma delle parole dell'istituzione pronunciate da Cristo durante la Santa Cena - e di una epiclesi - intesa come invocazione dello Spirito Santo mediante il Padre, affinché le oblate (pane e vino) siano (TO BE) il Corpo e il Sangue di Cristo. Senza delle coordinate comuni a livello liturgico le chiese evangeliche (storiche e non) rischiano di ritrovarsi polverizzate da una forza centrifuga le cui conseguenze - cui già si può ampiamente assistere -si riflettono anche a livello dottrinale e pastorale. Resta sempre valido il principio formulato da Prospero di Aquitania tra IV e V secolo: "Lex orandi, lex credendi": insomma, "dimmi come preghi e ti dirò chi sei".

- Rev. Dr. Luca Vona