Abèrcio (gr. ᾿Αβέρκιος). - secondo la "vita" leggendaria, scritta molto tardivamente nel IV secolo, fu episcopo della città di Ierapoli nella Frigia (morto nel 200 circa), come ha mostrato l'iscrizione ("regina delle iscrizioni cristiane") scoperta nel 1883 da Sir William Mitchell Ramsay, archeologo e biblista scozzese. I due frammenti (ora nel Museo Vaticano Pio Cristiano) si completano mediante il testo dato nella vita stessa (fondata a sua volta sull'epigrafe) e in un'altra iscrizione, del 216, che in parte riproduce (salvo il nome del defunto Alessandro) quella di Abercio e permette di fissare la data della sua morte. Egli può dunque essere identificato con l'Abìrkios Markèllos, cui circa il 193 venne dedicato, secondo Eusebio, uno scritto antimontanista. Il manufatto con l'iscrizione, detto Cippo di Abercio, è stato indicato dall'archeologo ed epigrafista Giovanni Battista de Rossi come la più importante tra le iscrizioni cristiane.
Abercio, Miniatura dal Menologio di Basilio II |
Nel periodo in cui è vissuto Abercio, tra la fine del I e la metà del II secolo (epoca a cui risale l'iscrizione) non vi era distinzione tra l'utilizzo del termine episcopo e presbitero, potendo designare entrambi il medesimo ministero. In nessun passaggio dell'iscrizione, ad ogni modo, Abercio si definisce episcopo o presbitero, ministero che gli viene attribuito dalla vita scritta nel IV secolo.
Descrivendo il suo viaggio a Roma e in Siria non menziona alcun episcopo di quelle città, probabilmente perché come dimostrato dalla Didaché dei dodici apostoli, documento risalente all'incirca alla stessa epoca, la chiesa aveva una struttura mista congregazionalista-episcopale (laddove, come si è detto sopra, non è possibile distinguere se le parole episcopo e presbitero designassero o meno un medesimo ministero); era, infatti, la comunità a eleggere il proprio sovrintendete (questo il senso della parola episcopo) e poteva eventualmente deporlo qualora la sua vita e la sua dottrina si fossero allontanate dal modello di Cristo.
L'iscrizione si conserva per circa un terzo, ma originariamente era incisa in tre registri, per un totale di 22 versi. Si è potuta ricostruire quasi completamente grazie all'aiuto dell'epigrafe di Alexandros (per i versi 1-3 e 20-22) e grazie a numerosi codici manoscritti che hanno tramandato una vita greca di Abercio.
L'epigrafe è il testamento spirituale di Abercio, in cui egli riassume tutta la sua esperienza di fede cristiana attraverso metafore ed espressioni simboliche dense di significato dogmatico.
Si riporta la traduzione del testo dell'iscrizione:
«Cittadino di una eletta città, mi sono fatto questo monumento da vivo per avere qui una degna sepoltura per il mio corpo, io di nome Abercio, discepolo del casto pastore che pasce greggi di pecore per monti e per piani; egli ha grandi occhi che guardano dall'alto dovunque. Egli mi insegnò le scritture degne di fede; egli mi mandò a Roma a contemplare la reggia e vedere una regina dalle vesti e dalle calzature d'oro; io vidi colà un popolo che porta un fulgido sigillo. Visitai anche la pianura della Siria e tutte le sue città e, oltre l'Eufrate, Nisibi e dovunque trovai confratelli..., avendo Paolo con me, e la Fede mi guidò dovunque e mi dette per cibo un Pesce (derivato) dalla fonte grandissimo, puro, che la casta Vergine concepì e che (la Fede) suole porgere a mangiare ogni giorno ai suoi fedeli amici, avendo un eccellente vino che suole donare col pane. Io Abercio ho fatto scrivere queste cose qui, in mia presenza, avendo settantadue anni. Chiunque comprende quel che dico e pensa come me, preghi per Abercio. Che nessuno ponga un altro nel mio sepolcro, altrimenti pagherà 2000 monete d'oro all'erario dei Romani e 1000 alla mia diletta patria.»
Simbologia
L'Epigrafe o Cippo di Abercio è una delle più antiche epigrafi cristiane di contenuto eucaristico, e fornisce informazioni sull'ambiente cristiano e sulle caratteristiche dogmatiche e liturgiche del II secolo. Pur avendo un linguaggio fortemente simbolico, da essa sembra che l'eucarestia, con il pane e il vino, venisse celebrata ogni giorno.
Nell'iscrizione Abercio si chiede anche che si preghi per lui dopo la sua morte. Si tratta della più antica richiesta di preghiere intercessorie per i defunti.
Abercio utilizza un linguaggio criptico e fa riferimento a usi propri della sua epoca; ecco un'interpretazione dell'epigrafe:
Verso 1 l'"eletta città" potrebbe alludere sia a Gerapoli, patria di Abercio, sia alla Gerusalemme celeste, di cui Abercio è cittadino in quanto cristiano;
Versi 3-6 egli si ritiene discepolo del Buon Pastore (riecheggia anche un passo famoso del Vangelo di Giovanni), cioè Cristo;
Versi 7-9 descrive il suo viaggio a Roma dove conobbe il centro della Chiesa universale, manifestatosi come una regina vestita d'oro e un popolo, cioè la comunità cristiana, munito dello splendido sigillo "battesimale" della fede cristiana;
Versi 10-11 descrive i viaggi compiuti in Seria e in Mesopotamia, probabilmente per scopi spirituali;
Verso 12 l'apostolo Paolo è il compagno spirituale di Abercio;
Verso 12-16 contiene alcune metafore per indicare l'eucaristia: la Fede lo guidò ovunque e gli diede come nutrimento il Pesce mistico - nel quale è da riconoscere l'immagine di Cristo nell'acròstico Ichthys (Iēsoûs Christós Theoû Hyiós Sōtḗr, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), concepito dalla Vergine casta (Maria) - sotto forma di vino e pane;
Versi 17-19 Abercio afferma di aver curato personalmente l'epigrafe e invita i fedeli a pregare per lui;
Versi 20-22 secondo un formulario consueto nell'epigrafia pagana, intima una pena pecuniaria da pagarsi all'erario di Roma e di Ierapoli nel caso di violazione del sepolcro, una multa di 3000 aurei, corrispondente a più di 42 libbre d'oro.
- Rev. Dr. Luca Vona
Ceppo di Abercio |