Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

martedì 19 luglio 2022

Assidui e concordi nella preghiera. Commento al Salterio - Salmo 7

Lettura

Salmi 7

1 Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.

2 Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3 perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.
4 Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5 se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6 il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.
7 Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8 L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9 Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10 Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.
11 La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12 Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13 Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14 Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.
15 Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16 Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17 la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18 Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.

Commento

L'introduzione del Salmo è costituita - come usuale nelle lamentazioni individuali - da un appassionato appello al Signore, perché salvi il fedele che ha fatto a lui ricorso.

Il povero del Signore, ingiustamente perseguitato, si appella al giusto giudizio di Dio e sorretto dalla testimonianza di una buona coscienza sa di poter trovare in lui la sua difesa. Egli prende rifiugio nel Signore (v. 2), con riferimento al tempio, in cui Dio si fa presente. La funzione giudiziaria del rifugio nel santuario è presente nella preghiera con cui viene consacrato da Salomone (1 Re 8,31-32).

L'immagine delle bestie feroci è frequente nei salmi di lamentazione per sottolineare la ferocia del nemico che sta in agguato per sbranare la preda (cf. 27,2; 35,21). Il leone ruggente, che si aggira "cercando chi divorare" è un'immagine utilizzata nella lettera di Pietro in riferimento al diavolo (1 Pt 5,8).

Il "giuramento d'innocenza" - forma espresiva di carattere giudiziario - lo incontriamo anche nel libro di Giobbe (Gb 31). L'accusato, per difendersi in modo decisivo contro una condanna, coinvolge Dio stesso, chiamandolo a testimoniare a suo favore (cfr. Dt 17,8-10). L'innocenza protestata dal salmista non indica la sua totale assenza di peccato ma riguarda la sua non colpevolezza in merito allo specifico caso giudiziario portato davanti a Dio.

Con lo stile di una marcia militare il poeta lancia l'arcacico grido della guerra santa - "Sorgi, Signore nel tuo sdegno!" (v. 7) - e attende l'irruzione giudicatrice di Dio.

Il Signore è rappresentato come colui che "scruta reni e cuore" (v. 10). Nella concezione che gli antichi avevano del corpo, i reni erano considerati la sede dei sentimenti più profondi oltre che del vigore fisico. Il cuore indicava la sede delle decisioni e della volontà. L'espressione "scrutare i reni e il cuore", riferita a Dio, significa che egli penetra l'intimo dell'uomo (cfr. At 1,24), a differenza del giudice umano che è solito fermarsi alla superficie delle cose. 

Dopo l'aspetto salvifico del giusto giudizio di Dio che salva "i retti di cuore" viene ricordato quello punitivo: l'ira di Dio coplisce inesorabilmente ogni operatore di iniquità (v. 12).

La "difesa" (v. 11) invocata dal salmista è letteralmente lo "scudo" (ebr. magen), immagine della protezione offerta dal Signore.

La certezza finale espressa dall'orante raffigura il Signore come un guerriero e un arciere implacabile (vv. 13-14). La malizia e la violenza dell'empio ricadranno su di lui, che sprofonderà nella fossa approntata per catturare il giusto (vv. 16-17). Il tema della "nemesi immanente", cioè di una legge secondo la quale il male ritorna su coloro che lo compiono, ricorre anche in altri salmi (cfr. 9,16-17; 57,7).

Gli ultimi versi del salmo celebrano Dio esaltando il suo nome. L'appellativo "Altissimo" (ebr. eljon) è attestato in modo particolare in ambiente gerosolimitano pre-esilico. Nel libro fella Genesi, Melchisedec è detto "sacerdote dell'Altissimo" (Gn 14,18). Tale appellativo, desunto dal sostrato religioso delle antiche popolazioni cananaiche, fu accolto nel linguaggio poetico dei Salmi per esprimere la trascendenza del Dio d'Israele e l'universalità del suo dominio regale.

Secondo l'ottica evangelica, solo Gesù - agnello pasquale senza macchia - può dire legittimamente "giudicami secondo la mia innocenza" al cospetto dell'Altissimo. Il credente può far propria questa preghiera nella misura in cui è inserito nell'innocenza di Cristo in virtù della grazia battesimale.

- Rev. Dr. Luca Vona