Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

lunedì 17 febbraio 2020

Janani Luwum e i martiri dell'Uganda. Il coraggio della parola

Janani Luwum nacque nel 1922 ad Acholi, in Uganda. Figlio della prima generazione di cristiani ugandesi, convertiti dai missionari britannici, da ragazzo aveva fatto, come tutti i suoi fratelli, il pastore delle pecore e delle capre che appartenevano alla sua famiglia di contadini.
Il giovane Janani, tuttavia, mostrò una tale propensione all'apprendimento che gli fu offerta la possibilità di studiare e di diventare insegnante. A 26 anni divenne cristiano, e nel 1956 fu ordinato presbitero della locale chiesa anglicana. Eletto vescovo dell'Uganda settentrionale nel 1969, fu nominato arcivescovo dell'Uganda cinque anni più tardi, quando già infuriava il regime dittatoriale del generale Idi Amin. Luwum cominciò a esporsi pubblicamente, contestando la brutalità della dittatura e facendosi portavoce del malcontento dei cristiani ugandesi e di larghe fasce della popolazione.
Nel 1977, di fronte al moltiplicarsi delle stragi di stato, l'opposizione dei vescovi si fece palese e vibrante. Il 17 febbraio, pochi giorni dopo che Idi Amin aveva ricevuto una dura lettera di protesta firmata da tutti i vescovi anglicani, il regime annunciò che Luwum era stato trovato morto in un incidente d'auto assieme a due ministri del governo ugandese. Alla moglie che insisteva perché non si recasse all'incontro con il dittatore, Luwum aveva detto, poche ore prima di morire: «Sono l'arcivescovo, non posso fuggire. Che io possa vedere in quanto mi accade la mano del Signore».

JANANI LUWUM
Tracce di lettura

Un dottore, che aveva visto i corpi delle tre vittime durante il cambio della guardia, confermò che tutti e tre erano stati uccisi. Poi emersero alcuni dettagli sulle ultime ore dell'arcivescovo. Egli era stato preso dal centro di ricerca dello Stato, spogliato e spinto in una grande cella piena di prigionieri condannati a morte. Lo riconobbero, e uno di loro gli chiese la benedizione. Poi i soldati gli restituirono la veste e il crocifisso. Quindi tornò in cella, pregò con i prigionieri e li benedisse. Una grande pace e una grande calma scese su tutti loro, come testimoniò un sopravvissuto. Si dice anche che cercassero di fargli firmare una confessione. Altri hanno testimoniato che egli pregava a voce alta per i suoi carcerieri quando venne ucciso. (Dal racconto di un testimoni )

- Dal Martirologio ecumenico della comunità monastica di Bose