Nella sua vita non ha fatto in tempo a diventare sacerdote. Non ha fatto in tempo a fare nulla di quello che egli ritenne importante nella vita. Ma fece in tempo a soli 24 anni a vivere eroicamente le virtù cristiane, raggiungendo la santità mediante una piena sottomissione alla volontà di Dio.
San Gabriele dell'Addolorata (1838-1862) |
Nasce ad Assisi, con il nome di Francesco Possenti, il primo marzo 1838, figlio del Governatore della città allora parte dello Stato Pontificio, undicesimo di tredici figli. Per stare vicino alla numerosa prole il padre si fa trasferire a Spoleto come “assessore”, cioè giudice.
Gabriele ha appena 4 anni quando gli muore la madre quarantaduenne. A Spoleto trascorre la sua fanciullezza fino ai 18 anni. E’ inquieto, in occasione di due malattie alla gola decide che se guarisce si farà religioso, ma poi dimentica.
Un giorno, quando ha 17 anni, torna a casa e trova morta la sorella maggiore, quella che in qualche modo aveva sostituito la mamma. Cresce l’inquietudine, che si risolve il 22 agosto 1856 quando passa davanti all’Icona, una piccola immagine bizantina della Madonna, protettrice della città: gli sembra che il volto dell’immagine si animi e sente dentro sé una voce: “Francesco il mondo non è fatto per te, fatti religioso”. In meno di 3 settimane riesce a vincere le resistenze del padre ed entra nel noviziato passionista. I suoi compagni di scuola rimangano sorpresi e scommettono che non ce la farà: “Il ballerino frate?”. Invece Lui nel chiuso del convento trova non solo la serenità ma la gioia e la canta in ogni lettera che scrive alla famiglia: “La mia vita è un continuo godere, la mia gioia è inesprimibile, non cambierei un quarto d’ora di questa vita con tutti i piaceri del mondo”. Si sente finalmente realizzato, anche se la vita in convento è dura. La giornata comincia alle 01,30 con il canto del Mattutino.
Com’era allora costume, cambia nome e sceglie Gabriele dell’Addolorata. Studia teologia, sogna di diventare missionario, s’immerge nella meditazione, brucia dal desiderio di migliorarsi e chiede al direttore di aiutarlo. Gli ultimi due anni della sua vita li trascorre nel remoto conventino alle falde del Gran Sasso. E’ già ammalato di tisi e “sul levar del sole” del 27 febbraio 1862 spira sorridendo.
- Ciro Benedettini, C. P., intervista ad acistampa, 19 febbraio 2018