Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

martedì 11 agosto 2020

Fermati 1 minuto. Tornare indietro per entrare nel regno dei cieli

Lettura

Matteo 18,1-14

1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». 2 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5 E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6 Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. 7 Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8 Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. 9 E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10 Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. 11 [È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto].
12 Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? 13 Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14 Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.

Meditazione

Quante volte i cristiani hanno cercato di stabilire gerarchie nella chiesa terrestre e in quella celeste?  Quante volte non si comprende che i ministeri ecclesiali sono semplici funzioni il cui valore intrinseco è indifferente di fronte all'unico ufficio sacerdotale, profetico e regale conferito a ciascuno dal battesimo. Quante volte si fanno gerarchie tra i santi di Dio, lasciando in secondo piano il fatto che il giusto è salvato per fede, che la salvezza è un dono della grazia. Possiamo considerare questa una deviazione del tutto carnale che tende a replicare nelle cose dello spirito quelle del mondo. Nello stesso errore caddero anche gli apostoli, che pure si erano già convertiti dalle tenebre alla luce, seguendo Cristo. Ma il Signore ci chiede una conversione più radicale: la parola greca strafíte (στραφῆτε) indica al versetto 3 un voltarsi, il tornare indietro; è come se la fede dovesse riavvolgere il nastro della nostra vita, fino a farci nascere di nuovo. Quella "nascita dall'alto" di cui parla Gesù a Nidodemo: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Non è confidando in noi stessi, nei nostri sforzi, nella nostre capacità, che otterremo i primi posti nel regno dei cieli. Anzi, Gesù dice che non solo così facendo non otterremo i primi posti ma non vi entreremo affatto (οὐ μὴ εἰσέλθητε ), se non acquisteremo verso Dio un senso di abbandono filiale alle sue cure paterne. Certo il bambino cerca di compiacere il proprio Padre, ma non penserebbe mai di poter fare a meno di lui. E d'altra parte quanto ci libera dagli affanni, dall'invidia e dalle rivalità un simile atteggiamento interiore. Guai, afferma Gesù, a chi ferisce questa ritrovata innocenza, difesa dagli angeli del cielo. Questi appaiono qui come precettori di corte, ai quali è dato accesso in ogni momento alla presenza del sovrano per relazionargli quanto concerne gli affari dei suoi figli.
Non è un caso che a questa ammonizione di Gesù segue il paragone del pastore che lascia le novantanove pecore per andare a cercare quella smarrita. Quale padre, consapevole di quanto dipenda da lui la sopravvivenza del proprio figlio, non lo andrebbe a cercare con sollecitudine se questo si smarrisse? Il primato della fede, di un rapporto filiale con Dio ci dona un senso di libertà e di quieto abbandono che ci liberano dall'esasperato atteggiamento competitivo nel quale il mondo ci vorrebbe tenere schiavi. "Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia" afferma il salmista (Sal 130,2). Il desiderio di prevaricazione lascia così il posto alla semplicità; la preoccupazione lascia il posto alla gioia.

Preghiera

Donaci, Signore, la semplicità dei piccoli, perché la fede nella tua sollecitudine paterna possa donarci la gioia di essere salvati. Amen.