Nel deserto di Giuda, nel VII secolo, visse la sua travagliata e feconda esperienza monastica Giorgio di Choziba. Originario di Cipro, Giorgio aveva un fratello maggiore, Eraclide, che aveva lasciato prima di lui l'isola per darsi alla vita anacoretica nel deserto palestinese. Alla morte dei genitori, Giorgio decise di seguire lo stesso cammino di Eraclide e lo raggiunse alla laura di Calamon, sulle rive del Giordano. Ma il giovane cipriota non riuscì a sostenere il duro regime della lavra, e il fratello decise di inviarlo nella comunità cenobitica di Choziba, nella gola del Wadi al-Kelt che conduce da Gerico a Gerusalemme, perché si preparasse alle grandi difficoltà del deserto. Ma neanche a Choziba Giorgio riuscì a resistere. Umiliato a più riprese dall'igumeno, finì per fuggire e per fare ritorno a Calamon. Egli seppe tuttavia far tesoro delle umiliazioni patite e divenne un uomo spirituale capace di sostenere spiritualmente i fratelli, con dolcezza e saldezza d'animo. All'arrivo degli invasori arabi e persiani, avvenuto agli inizi del VII secolo, Giorgio fu l'ultimo ad abbandonare il proprio monastero, e fu tra i primi a fare ritorno a Choziba, dove trascorse, ormai ricercato da molti per i suoi doni spirituali, gli ultimi giorni della sua parabola terrena. La laura di Choziba, tuttora esistente, sebbene fondata da un monaco di nome Giovanni, assumerà col tempo il nome di «monastero di San Giorgio», in memoria del monaco cipriota che vi aveva consentito la prosecuzione della vita monastica in tempi avversi.
Tracce di lettura
Ditemi, fratelli: per quale ragione ci siamo ritirati dal mondo dove ci sono ricchezza, gloria e lusso, e siamo venuti in questo deserto dove queste cose non ci sono? Per i nostri peccati e le nostre passioni, in cerca del pentimento, oppure fuggendo i peccatori schiavi delle passioni, ritenendoci esenti dal peccato? Se la risposta è: «Per pentirci, come vittime delle passioni», in tal caso non siamo padroni e arbitri di noi stessi, così da considerarci liberi e ritenerci ormai purificati dalle passioni quando vogliamo noi, ma quando lo vuole il giusto giudice. Se invece siamo venuti qui immuni da passioni e giusti, per sfuggire ai peccatori, e ancora ci vantiamo e calpestiamo il prossimo, abbiamo un veemente accusatore nella figura del pubblicano, schernito dal superbo fariseo, ma giustificato da Dio che scruta i cuori degli uomini.
(Antonio di Choziba, Vita di Giorgio di Choziba 39)
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose