COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA PRIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA
Colletta
Signore, noi ti preghiamo di ricevere misericordioso le preghiere del tuo popolo che ti invoca; fa' che possa percepire e conoscere ciò che deve fare, e avere la grazia e la forza di portarlo a compimento. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.
Letture
Rm 12,1-5; Lc 2,41-50
Commento
L'obbligo per gli ebrei di rispettare le feste religiose comincia a partire dai tredici anni. I dodici anni di Gesù nell'episodio narrato da Luca potrebbero corrispondere all'età in cui Samuele ebbe la chiamata (1 Sam 3), ma non esisteva un vero e proprio dovere, alla sua età, di passare la festa di Pasqua a Gerusalemme. Probabilmente i genitori vi si recavano ogni anno perché molto religiosi. Questo dovrebbe spronarci a compiere "un miglio in più", non relegando la fede a un qualcosa di marginale e occasionale nelle nostre vite.
Con l'episodio dello smarrimento di Gesù a Gerusalemme, unico nella tradizione dei Vangeli canonici e dove il Signore viene presentato come fanciullo osservante della Legge, si conclude il racconto dell'infanzia del Vangelo di Luca, proprio là dove era iniziato, nel tempio di Gerusalemme, con la circoncisione.
La narrazione mostra la cura di Giuseppe e Maria per l'educazione religiosa di Gesù, ma diviene occasione per un totale ribaltamento di prospettiva: Gesù, smarrito e ritrovato, istruisce i suoi genitori sul proprio dovere di compiere la volontà del Padre celeste e sulla sua piena consapevolezza della propria natura divina. Colui che per la giovane età doveva mostrarsi come semplice discepolo e uditore siede non ai piedi dei dottori ma in mezzo a loro, meravigliati della sua saggezza.
In Gesù si compiono le parole del salmista: "Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza" (Sal 8,3) I tre giorni della sua sparizione - carichi di apprensione per Giuseppe e Maria - richiamano i tre giorni dell'evento pasquale. Anche la domanda "Perché mi cercavate?" sembra un'eco della domanda rivolta dall'angelo alle donne al sepolcro: "Perché cercate colui che è vivo?" (Lc 24,5). Un invito, dunque, a guardare gli eventi presenti con gli occhi della fede e una preparazione alle cose future.
Riferendosi a Dio come suo Padre, Gesù fa passare i legami naturali in secondo piano. Un tema che sarà oggetto anche della sua matura predicazione: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me" (Mt 10,37). Ma lungi dal recidere i legami familiari la fede è in grado di renderli più profondi, di abbracciare in Cristo il mondo intero con la sua stessa carità.
La risposta apparentemente dura data da Gesù a sua madre indica che ciò che conta per lui, e che sente come bisogno assoluto, è di adempiere il piano di salvezza affidatogli dal Padre, che si compirà nell'ultima Pasqua a Gerusalemme. Forse Maria avrà ripensato a queste parole sostando sotto la croce del suo figlio. Ma il racconto dello smarrimento di Gesù a Gerusalemme ha un lieto fine. Gesù viene ritrovato, proprio come dopo la pagina buia della crocifissione e morte seguirà la luce della risurrezione.
Di fronte alle prove della vita e di fronte alle nostre cadute, anche a noi può capitare di smarrire il senso di Cristo; dobbiamo allora tornare al luogo e al momento in cui ne abbiamo perso le tracce, ricordando come e quando lo abbiamo smarrito; cercandolo al centro del nostro cuore, dove dimora la Gerusalemme celeste, la città della pace, il tempio di Dio, resteremo stupefatti da quel che egli ha da dirci.
- Rev. Dr. Luca Vona