Renzo Bertalot, "Ecco la serva del Signore. Una voce protestante", Editore Facoltà Teologica Marianum (2002)
II - PRINCIPALI DATI DOTTRINALI CIRCA MARIA NELLA TRADIZIONE PROTESTANTE (Parte prima)
1. MARIOLOGIA
In area protestante è difficile adoperare il termine 'mariologia' perché esso è eccessivamente carico del colore che gli sviluppi storici e dottrinali del cattolicesimo gli hanno conferito. L'incidenza dei dogmi, del culto e della devozione mariani ha complicato il vocabolario che si usa nei rapporti interconfessionali. Quando si parla di mariologia si dice qualcosa di più di un discorso su Maria ed è per questo che non troviamo un parallelismo accettabile nel settore della Riforma protestante. In ogni caso e per motivi di chiarezza è preferibile non servirsi dell'espressione quando ci si riferisce alle posizioni dottrinali delle chiese riformate.
2. I VALDESI NEL SECOLO XII
Nel 1179, durante il pontificato di Alessandro III e le sedute del concilio Lateranense III, due valdesi, tra cui forse Valdo stesso, si recarono a Roma per esporre le caratteristiche del loro movimento e cercarne il riconoscimento ufficiale. Sottoposti ad un esame dottrinale, fu rivolta loro, dall'irlandese Walter Mapp, una serie di domande tra le quali rileviamo la seguente: "Credete nella madre di Cristo?". Essi risposero: "Vi crediamo". A questo punto l'assemblea scoppiò in una risata che suonò come squalifica della preparazione teologica dei laici valdesi. Non era, infatti, concepibile che si usasse il verbo 'credere' se non in riferimento alla Trinità. Averlo usato, invece, nei confronti di Maria metteva in dubbio la capacità di servire la chiesa come predicatori del vangelo (1). Nelle difficoltà, che sorsero tra il movimento valdese e la chiesa cattolica, sembra, dunque, che la questione mariana giocasse un ruolo irrilevante sul piano dottrinale. Guardando, oggi, all'incidente di Roma del XII secolo, pare che i ruoli confessionali si siano addirittura invertiti nel corso della storia.
3. LA RIFORMA PROTESTANTE
3.1. Lutero
Il commento al Magnificat del riformatore tedesco rimane il testo più significativo della posizione luterana riguardo alla figura di Maria. Lutero vi concentra la sua teologia sulla giustificazione per fede; gli altri temi vanno considerati partendo da questa prospettiva centrale che ne determina il carattere d'urgenza e di priorità. La questione mariana non è tra le più scottanti al XVI secolo. Bisogna, quindi, attingere da varie fonti alcune indicazioni che ci permettano uno sguardo sintetico della teologia soggiacente.
La perpetua verginità di Maria non è messa in discussione, ma nessuno è obbligato a credervi. Quando la bibbia parla di "fratelli di Gesù", bisogna tenere presente che il termine 'fratello' aveva, allora, una portata molto più ampia di quella moderna. L'uso che ne fa la traduzione greca dell'AT, detta dei Settanta, è una chiara conferma, per Lutero, che non ci si può attenere rigorosamente all'uso diverso che noi ne facciamo.
Maria è stata purificata e redenta dal peccato originale. Per quanto riguarda l'assunzione, il riformatore tedesco tace, con il NT, ma non esclude che il corpo di Maria sia stato trasportato in cielo dagli angeli. Esclude invece un parallelismo con l'assunzione di Cristo e questo con l'intenzione precisa di opporsi alla posizione cattolica. Per quanto riguarda i titoli mariani, Lutero non ha difficoltà a rivolgersi a Maria chiamandola "nostra madre", visto che Cristo è "nostro fratello". I credenti possono, quindi, definirsi "figli di Maria".
Vi sono altri titoli mariani che vanno corretti ed altri ancora che devono essere eliminati. Si può dire, infatti, che Maria è "regina del cielo", ma bisogna stare in guardia contro le sempre possibili deviazioni idolatriche. Non si può, invece, parlare di Maria come "mediatrice" o "avvocata" perché sono titoli rigorosamente riservati al Cristo. Non è lecito costruire su Maria prendendo al Cristo il suo onore e la sua funzione per darli alla madre: significherebbe rinnegare le sofferenze del Signore. Si può dire che Maria prega per noi, senza, però, arrivare ad invocarla, perché in questo caso si farebbe un passo verso l'idolatria.
In un primo tempo Lutero ha raccomandato la recita dell'Ave Maria, durante il culto, ma poi l'ha lasciata cadere. Nel suo commentario al Magnificat troviamo questa preghiera: "O beata madre, vergine degnissima: ricordati di noi e ottieni che a noi pure il Signore faccia queste grandi cose". In seguito alla Riforma rimangono tre feste in onore di Maria, perché hanno un riscontro nel NT e una base cristologica. Esse sono l'Annunciazione, che diventa la festa dell'Incarnazione, la Visitazione, che è messa in rapporto con la venuta del Cristo, e la Purificazione, che diventa la festa della Presentazione di Gesù al tempio.
3.2. Calvino
Il riformatore di Ginevra sopprime tutte le feste mariane. Accetta il titolo "madre di Dio", conformemente al concilio di Efeso del 431, ma per motivi pastorali preferisce usare l'espressione "madre di Cristo". È infatti difficile di fronte ai non credenti e a livello popolare spiegare la differenza che corre tra madre divina e madre della divinità. La confusione sempre possibile non facilita certo la predicazione del vangelo. Calvino sostiene con molta forza la perpetua verginità di Maria. Commentando il passo di Mt 13,55 ss. afferma che i "fratelli di Gesù" non sono altri figli di Maria, ma tutti i parenti. Sostenere l'opposto significa, inoltre, dar prova di "ignoranza", di "folli sottigliezze" e di "abuso della Scrittura".
3.3. Zwingli
Il riformatore di Zurigo mantiene tre feste mariane e la recita dell'Ave Maria durante il culto.
3.4. I valdesi e la Riforma
Nel 1532 il movimento valdese si affianca alla riforma ginevrina e si prepara a produrre le sue confessioni di fede seguendo le indicazioni delle chiese sorelle. Nella confessione del 1655, che è ancora quella attuale, troviamo al punto 15 della conclusione: "Perché non invochiamo la S. Vergine, e gli uomini già glorificati, siamo accusati di sprezzarli, mentre noi li stimiamo beati, degni di lode e d'imitazione; in particolare riteniamo la gloriosa Vergine benedetta su tutte le donne". Per rendere chiara la loro posizione fino in fondo ritengono anatema coloro che, contrariamente a quanto affermato, si lasciano andare e cedono al disprezzo.
Come abbiamo visto, la Riforma protestante affronta sporadicamente il problema mariano che rimane pertanto ai margini della discussione teologica. La preoccupazione essenziale sembra essere una rilettura cristologica della tradizione, dalla quale Maria non emerge in modo spiccato dall'insieme dei testimoni biblici.
Note
(1) A MOLNAR, Storia dei Valdesi, vol. 1, Claudiana, Torino 1974, p. 18.
(2) G. MIEGGE, La Vergine Maria, Claudiana, Torre Pellice 1950, p. 70.