Renzo Bertalot, "Ecco la serva del Signore. Una voce protestante", Editore Facoltà Teologica Marianum (2002)
III. ELEMENTI PER UN DIALOGO ECUMENICO
1. L’interpretazione della Scrittura
È questo un argomento che impegnerà il dialogo ecumenico ancora per molto tempo e che non manca d'incidere sul modo d'intendere e ricostruire insieme le fondamenta di auspicabili convergenze. Per tutti i cristiani è chiaro che lo Spirito Santo è l'interprete della Scrittura: «Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26); «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future» (Gv 16,13). Tutte le confessioni cristiane s'inchinano ossequienti di fronte a questi passi, ma sorge immediatamente l'interrogativo sul come dell'azione dello Spirito. Ed è su questo come che insiste la nostra divisione attuale. Entrano in conflitto la testimonianza interiore dello Spirito e l'incidenza di un magistero ecclesiastico e delle confessioni di fede. La discussione ecumenica su Maria non può svincolarsi da questa problematica che dev'essere risolta in altra sede.
1.1. Cristo-Maria
Per dare un esempio della complessità della situazione attuale possiamo servirci dell'interpretazione del binomio: Cristo-Maria. Se diciamo: "Per Mariam ad Jesum", i protestanti reagiscono negativamente leggendo in questo rapporto una funzione mediatrice di Maria che tende ad usurpare il titolo di mediatore, riservato unicamente al Cristo (1Tm 2,5 e Gal 3,19-20). Ma è buona teologia protestante guardare alla Scrittura come allo strumento che ci conduce a Cristo. Ora nella Scrittura la funzione strumentale è svolta dai profeti e dagli apostoli, da tutti i testimoni, nessuno escluso, neppure Maria. "Per Mariam ad Jesum" può, quindi, indicare un settore della testimonianza biblica in cui Maria svolge autorevolmente il suo compito verso di noi. Si potrà dire che non si tratta di un settore isolato e soprattutto non del solo settore. D'accordo. Non per questo bisogna eliminarlo o ridurlo ad importanza secondaria. Se, invece, diciamo "Per Jesum ad Mariam si può reagire d'istinto e dire: è forse Cristo diventato mediatore tra gli uomini e Maria? Si può, tuttavia, leggere correttamente il rapporto seguendo il suggerimento di Hebert Roux: occorre conoscere la testimonianza di Cristo su Maria per capire, in un secondo tempo, la testimonianza di Maria su Cristo. In altre parole la formula può indicare la comprensione della figura di Maria nel contesto della cristologia del NT. Sembra dunque inutile contestare le formule quando è in gioco la loro interpretazione.
1.2. Metodo ecumenico
Nel nostro secolo abbiamo imparato lentamente, all'interno della ricerca comune, a superare la tentazione di un ecumenismo spaziale. Esso si proponeva di confrontare, precisare e chiarire le rispettive posizioni dottrinali, ma al termine di questo processo informativo diretto veniva a mancare una via d'uscita e si doveva registrare un blocco metodologico. L'esperienza vissuta insieme e il contatto con gli ortodossi ci hanno proposto, con successo, una via diversa: quella dell’ecumenismo temporale. Invece del semplice confronto diretto si cerca di riandare insieme alla Scrittura e alla storia. A questo punto diventa più facile capirsi e progredire nello studio dei temi comuni. Vengono così evidenziati gli elementi non teologicidella divisione delle chiese e sì è costretti a riformulare insieme i contenuti della fede cristiana. Anche il discorso su Maria dovrà approfittare di queste indicazioni di metodo.
2. Prospettive
Bisogna affrontare l'isolamento confessionale da tutti i lati possibili senza cedere alla tentazione di privilegiare una scelta particolare. Vi sono molti aspetti pratici e teorici che continuamente si sovrappongono e che devono essere analizzati separatamente prima di metterli a confronto per trarne risultati utili al cammino comune.
2.1.W. Borowsky
È un pastore luterano. Ci indica alcune linee di ricerca per il lavoro ecumenico sul nostro tema. Egli parte dalla constatazione che vi sono tre settori da considerare a livello pratico: il consenso, la tollerabilità e l'inconciliabilità.
Seguendo ed elaborando queste indicazioni notiamo che il consenso riguarda la testimonianza biblica su Maria, la sua vita e le sue parole. La madre del Signore si trova alla cerniera tra l'AT e il NT. All'annunciazione siamo confrontati con la sua libertà davanti a Dio e la sua disponibilità: un'immagine della chiesa. Nel Magnificat, Maria ci annuncia chi è suo Figlio con una predicazione gioiosa del vangelo, la quale costituisce oggi ancora un punto di riferimento essenziale per tutta la comunità cristiana. Ci ricorda che la venuta del messia ha una forte incidenza nella trasformazione della società. Alle nozze di Cana, Maria riassume con una frase il contenuto di ogni testimonianza scritta, orale, teorica e pratica di tutti i secoli: «Fate tutto quello che egli vi dirà» (Gv 2,5). Questi non sono che pochi esempi sui quali molto si è scritto separatamente e poco si è lavorato insieme. Di qui l'urgenza di un impegno comune concreto che sblocchi l'isolamento tradizionale della nostra riflessione teologica.
Borowsky presenta un secondo settore di ricerca dove si può esercitare la tolleranza reciproca. Si tratta della nostra unità nella diversità. È l'area dei dogmi mariani più recenti. I protestanti dicono di non conoscere queste affermazioni perché non le ritrovano nella bibbia. Gli ortodossi le relativizzano rispetto al cattolicesimo. Ma è pur vero che nulla impedisce una descrizione di Maria fatta con colori ambientali diversi. Certo molti protestanti avrebbero delle obiezioni da fare a Borowsky nella misura in cui le descrizioni incidono non solo sulla forma, ma anche sui contenuti e il loro riferimento cristologico. Il dialogo potrebbe quindi fermarsi a questo punto rispettando, ignorando o rifiutando la diversità. Si potrebbe, invece, cerca re di leggere le intenzioni originarie e tentare di andare al di là del modo in cui i dogmi sono stati formulati per riscoprire il deposito comune della fede. Facciamo un solo esempio. L'apostolo Paolo scrive: «Colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia...» (Gal 1,15). L'espressione ritorna spesso nella bibbia. Non potrebbe aiutarci a comprendere meglio le intenzioni originarie del dogma dell'immacolata concezione? Porsi questa domanda significa passare da un ecumenismo spazialead uno temporale. Certo non si parlerebbe ancora di un privilegio di Maria rispetto agli altri testimoni dell'AT e del NT, ma si potrebbe forse fare un passo avanti, non subito verso un consenso, ma almeno verso una più facile comprensione delle divergenze. All'interno delle diversità, l'unità verrebbe evidenziata.
Borowsky indica, infine, un settore in cui, anche oggi, le posizioni rimangono inconciliabili. Esso riguarda i titoli mariani: mediatrice, consolatrice, avvocata, regina, ausiliatrice... I protestanti li ritengono scrupolosamente riservati alla Trinità (lTm 2,5; Gv 14,16 e 26; 18,37; lGv 2,1; Sal 121). Su questi titoli si basano il culto, la venerazione e la devozione mariani. I protestanti vi leggono uno slittamento teologico poco sostenibile su base biblica. Già Lutero diceva che prendere a Cristo il suo onore e la sua funzione per darli a sua madre significa rinnegare le sofferenze di Cristo. Non resta, dunque, nulla da fare in questo settore? Per Borowsky si può cercare insieme di ridurlo al secondo così come il secondo dovrebbe essere ricondotto al primo. In pratica bisognerebbe operare una descalation di carattere dottrinale.
Facciamo alcuni esempi prolungando a nostra volta le intuizioni pratiche del Borowsky. Adoperando il termine di analogia il cattolicesimo tradizionale (G. Roschini) ha individuato una via per stabilire la relazione che corre tra Cristo e Maria. Il protestantesimo vi legge un tentativo di completare e integrare la figura del Signore e non si sente di condividerlo sul piano biblico. Bisogna tuttavia notare che le difficoltà sorgono sul come viene spiegata l'analogia. In se stessa dovrebbe essere recuperata proprio sul piano della Scrittura. A meno che vogliamo abbandonarci senza riserve alle filosofie che ci sono più care, non vi è altro modo di capire l'uomo, e quindi Maria, se non quello di stabilire un'analogia, perché «noi non conosciamo più nessuno secondo la carne» (2Cor 5,16). Si apre così una linea di ricerca comune sulla quale ritorneremo.
Se parliamo di Maria come mediatrice, dobbiamo innanzi tutto tenere presente che uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm 2,5), ma dobbiamo anche non dimenticare che la predicazione dei discepoli è una mediazione di Cristo e della sua parola: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16). K. Barth parla del predicatore come del vicario di Cristo, dell"' alter Christus". In questo contesto il protestante riafferma di considerarsi un servo inutile" (Lc 17,10; 1 Cor 1,31) anche se impegnato a servire con tutta la sua vita. Qual è il rapporto tra queste due mediazioni? Possiamo cercare di rispondere insieme a questo interrogativo ed arrivare così alle intenzioni originarie. Ambasciatore o plenipotenziario?
Molto si è scritto sul tema dell'annunciazione (Lc 1,26ss). Il "fiat" di Maria è stato interpretato diversamente e spesso in reciproca contraddizione. Si potrebbe cercare insieme di rileggere l'episodio alla luce di Is 55,11: «Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata». Non è forse questa una chiara profezia del giorno dell'annunciazione? Se così è, possiamo, in sede di ecumenismo temporale, affrontare insieme le divergenze di un tempo per cercare di facilitare un cammino comune.