Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

lunedì 7 giugno 2021

Fermati 1 minuto. Le beatitudini

Lettura

Matteo 5,1-12

1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Commento

Gesù proclama le beatitudini "sulla montagna"; si tratta di una connotazione teologica che richiama il monte Sinai, dove Mosè ricevette le tavole della legge (Es 24,12). Mentre però la prima legge fu portata al popolo discendendo dal monte, la legge evangelica è data con l'ascesa di Gesù sul monte; mentre la prima fu data fra tuoni e fulmini, la seconda è proclamata da Cristo con la dolcezza della sua parola; mentre nella promulgazione della prima legge il popolo doveva tenersi a distanza dal monte, qui è invitato ad avvicinarsi.

Si tratta del primo di cinque discorsi che costituiscono una caratteristica del Vangelo di Matteo che, diversamente dall'analogo discorso di Luca (Lc 6,20-49), non è indirizzato solo ai discepoli ma anche alle folle. Le beatitudini sono destinate a tutti.

Il discorso della montagna rappresenta un potente assalto al legalismo farisaico. L'alto standard richiesto da Gesù per l'osservanza della legge è impossibile da conseguire con le sole forze umane e rende completamente dipendenti dalla grazia.

La formula "beati" ricorre nei Salmi e nella letteratura sapienziale, ed è frequente anche nel Nuovo Testamento, in particolare nell'Apocalisse.

Il termine "poveri (gr. ptochos) in spirito" è quello che nel Nuovo Testamento designa frequentemente chi è povero, ma anche emarginato e oppresso, così come nell'Antico Testamento esprimono questa condizione le parole ebraiche ebyiondal anawim. L'aggiunta "in spirito" (gr. to pneumati) indica l'umiltà di cuore di chi, qualunque sia il suo ceto sociale, riconosce la sua completa dipendenza da Dio e il suo costitutivo bisogno di lui. L'umiltà di spirito è la prima virtù elencata e rappresenta come le fondamenta per costruire l'edificio della santità: più sono profonde, più l'edificio sarà solido e potrà svilupparsi in altezza.

La consolazione è promessa a "coloro che sono nel lutto" (gr. penthountes), non perché piangono dei morti, ma perché vivono la loro condizione terrena di sofferenza nell'attesa e nella speranza di Dio che verrà a liberarli definitivamente dalle catene del mondo (cfr. Is 61,3).

I miti (gr. praeis) che erediteranno la terra (cfr. Sal 37,11), cioè il regno dei cieli, non sono i mansueti per temperamento, ma coloro che, poveri e umili di cuore, sono diventati docili alla volontà del Signore.

Avere "fame e sete di giustizia" significa porsi in sintonia con l'azione di salvezza di Dio, traducendo coerentemente nella propria vita ciò che essa comporta, vivendo pienamente la propria vocazione cristiana. La giustizia, ovvero il retto agire, proviene dalla stessa azione santificante della grazia.

Misericordioso (gr. eleemon) non è sempicemente chi ha compassione per gli altri, ma chi concretamente, nei rapporti, riproduce il modo di amare di Dio misericordioso. La misericordia è ciò che ci rende più simili a Dio.

Con l'espressione "puri di cuore" (gr. katharoi te kardia) Gesù si riferisce agli uomini giusti secondo Dio, sinceri, semplici e retti nell'agire. A loro è promesso di vedere Dio nel regno che deve venire.

Gli operatori di pace (gr. eirènopoioi) sono innanzitutto coloro che lavorano per dare all'umana convivenza la sua unità e pienezza di relazioni, riconciliando i cuori, appianando i conflitti, creando legami di comunione. La speciale unione in questo sforzo con il disegno di Dio, attuato da Gesù, li innanlzerà al rango di figli. Questa virtù attesta anche che Gesù non ha mai inteso diffondere il suo regno con la spada e con il fuoco, mediante uno zelo intemperante.

Come i profeti perseguitati da Israele anche i discepoli di Gesù sono destinati a patire le persecuzioni (gr. dediògmanoi), prima da parte della sinagoga, poi dal potere imperiale romano, più in generale dal "mondo", per agire in conformità al vangelo.

Le ultime frasi di questo discorso di Gesù includono la presenza della croce nella vita del credente, ma invitano alla gioia anche quando le cose diventano difficili. La felicità è l'obiettivo ricercato da ogni essere umano; nelle beatitudini Gesù ci indica la strada per raggiungerla, ma possiamo percorrerla solo guidati e fortificati dal suo Spirito.

Preghiera

Guidaci, Signore, verso la pienezza della felicità; affinché camminando sulle vie delle tue leggi possa risplendere in noi l'opera della tua grazia. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona