COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA SECONDA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA
Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che governi tutte le cose in cielo e sulla terra, ascolta misericordioso le suppliche del tuo popolo e concedici la tua pace ogni giorno della nostra vita. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.
Letture
Rm 12,6-16; Mc 1,1-11
Commento
Paolo ci esorta a utilizzare con profitto il dono che la grazia ha elargito a ciascuno di noi. Elenca, così, diverse funzioni che erano presenti nella chiesa primitiva, espressione delle diverse membra della Chiesa, considerata corpo mistico di Cristo. Pur nella diversità dei carismi, tutti sono esortati a non essere "pigri nello zelo", ma "ferventi nello spirito", letteralmente, "a lasciarsi accendere dallo spirito" (gr. to pneumati zeontes).
Alcuni manoscritti anziché "servite il Signore", Kyrios, riportano "servite il tempo", kayros. In questo caso l'invito ai cristiani sarebbe quello di impiegare bene il proprio tempo, facendo fronte alle necessità del momento, o forse in un'ottica escatologica, guardando alla fine dei tempi che si avvicina. Va poi considerato che Cristo è egli stesso il Signore del kairos, il tempo delle cose di Dio, il tempo degli eventi della salvezza, con la loro precisa economia, contrapposto al chronos, il tempo che scorre circolare, "divorando" ogni cosa.
Facendo eco alle parole di Gesù, Paolo esorta a benedire coloro che ci perseguitano e a non farci un'idea troppo alta di noi stessi, letteralmente "non consideratevi sapienti da soli"; perché ogni carisma, donato dallo Spirito suscita una personale vocazione, ma questa va riconosciuta nell'ambito ecclesiale, dalla comunità dei fratelli e sorelle nella fede.
La missione di salvezza del Figlio di Dio, che crea una svolta decisiva nella storia dell'umanità è preparata da Giovanni il Battista, con l'invito alla conversione. Gli ebrei usavano praticare diverse abluzioni rituali, ma in questo caso si tratta di un atto unico di immersione, che normalmente era praticato per i pagani convertiti al giudaismo. Chiaramente il battesimo di per sé non genera la conversione, ma è la conversione che trova un segno esteriore nel battesimo. Giovanni amministra tale battesimo anche ai figli di Israele, come invito al pentimento; è nel "deserto" che possiamo prepararci a ricevere Cristo, in un atteggiamento di distacco interiore dalle cose del mondo e dal nostro ego, la dove risuona l'invito al ravvedimento e dove Dio stesso parla al nostro cuore (Os 2,16).
Marco è l'unico evangelista a utilizzare per il suo scritto la parola euangelion, "buona notizia", laddove Matteo usa "libro" (gr. biblos) e Luca "racconto" (diegesis). Il riferimento alle parole del profeta presente all'inizio del Vangelo di Marco è in realtà un insieme di citazioni tratte da Malachia (Ml 3,1), Isaia (Is 40,3) Esodo (Es 23,20) e più in particolare richiama la fine dell'esilio di Israele in Babilonia. Gesù è colui che libera dalla schiavitù del peccato conseguente all'infedeltà verso Dio; la sua azione di salvezza è più grande di ogni aspettativa, poiché egli non restituisce un territorio in cui abitare, ma inaugurerà il regno celeste in cui l'uomo sarà riconciliato con Dio.
Il compimento della promessa è attestato dall'aprirsi dei cieli al battesimo di Gesù nel Giordano e dalla voce del Padre, che riconosce il suo "figlio prediletto", nel quale si è compiaciuto, e al quale conferisce l'investitura messianica. Per noi i cieli si sono aperti, per far discendere il dono gratuito di Dio e per farci ascendere a lui mediante la conversione del nostro sguardo e del nostro cuore, una vera e propria metànoia: radicale mutamento nel modo di pensare, di giudicare, di sentire.
- Rev. Dr. Luca Vona