Lettura
Marco 2,18-22
18 Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. 21 Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».
Commento
I discepoli di Giovanni, probabilmente, come i farisei osservavano la pratica in uso ai tempi di Gesù di digiunare due volte a settimana (Lc 18,12); in realtà la legge levitica prevedeva un solo digiuno l'anno nel giorno dell'espiazione (Lv 16,29.31).
L'immagine del banchetto nuziale - nettamente in contrasto con la pratica del digiuno - esprime un nuovo rapporto d'amore tra Dio e il suo popolo nella persona e nella missione terrena di Gesù. Gli invitati a nozze (v. 19) sono qui letteralmente "i figli del talamo", semitismo per indicare gli amici che accompagnano e aiutano lo sposo nei preparativi e nella cerimonia.
Nell'Antico Testamento l'immagine di Dio come sposo è presente nel libro di Isaia (Is 1,21-23; 49,14-16), mentre nella letteratura patristica abbondano le interpretazioni allegoriche del Cantico dei cantici, considerato come dialogo tra Dio e la Chiesa, sua sposa.
Il verbo greco apairomai, in riferimento allo sposo che sarà tolto agli invitati a nozze (v. 20), significa letteralmente "strappare", e preannuncia la fine violenta di Gesù.
La presenza del Messia è un evento così gioioso che non lascia spazio per il digiuno; ma nel tempo della Chiesa ci sarà spazio anche per questo. Gesù offre nel "discorso della montagna" (Mt 5-7) una spiegazione su come dovranno digiunare i suoi discepoli: con discrezione, senza apparire sfigurati in volto, profumandosi il capo, affinché possano essere ricompensati solo dal Padre che vede nel segreto (Mt 6,16-18).
Gesù non disdegna gli inviti alla ricca tavola dei pubblicani e dei peccatori, è infatti per loro che è venuto come medico (Mc 2,15-17); tuttavia, l'episodio della spigolatura (Mc 2,23) e la modalità con cui invia i suoi discepoli a predicare "senza bisaccia" (Lc 10,4) dimostrano l'assunzione di un regime alimentare povero e fiducioso nella provvidenza divina.
Gesù raccomanda il digiuno anche per scacciare gli spiriti malvagi più "resistenti" alla preghiera e agli esorcismi: "Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo se non con il digiuno e la preghiera" (Mc 9,29).
Il digiuno è ormai un "tabù" nelle chiese occidentali, tanto in quella cattolica e ancor più in quelle protestanti. In queste ultime viene generalmente rigettato per il suo - reale - rischio di essere concepito come pratica per "accumulare meriti" e contraria al vangelo della grazia. Tuttavia, non mancano eccezioni: il Book of Common Prayer anglicano prescrive numerosi giorni di digiuno, mentre John Wesley, fondatore del metodismo, digiunava tutti i mercoledi e venerdi dell'anno.
Al di là delle prescrizioni, è venuta meno la pratica diffusa del digiuno, che potrebbe avere una importante valenza pedagogica. Si tratta di riscoprire la sua capacità di farci comprendere che non si può avere tutto e subito, educandoci alle rinunce che la vita, in differenti modi e tante volte, ci chiede.
Ma il vero digiuno è soprattutto condividere il pane con l'affamato, soccorrere l'orfano e la vedova, dare il proprio contributo affinché la giustizia sia ristabilita sulla terra.
Preghiera
Si compiano, Signore, le tue nozze con la Chiesa, tua sposa; affinché possiamo gioire nel banchetto celeste, quando non ci sarà più fame e tu stesso sarai la sorgente della vita. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona