Lettura
Matteo 10,28-33
28 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. 29 Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
30 Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31 non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
32 Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Commento
Nell'infondere coraggio ai suoi discepoli Gesù utilizza le parole "non abbiate paura", che riecheggiano l'esortazione "non temere" rivolta continuamente da Dio al suo popolo negli scritti dell'Antico Testamento. Il timore di "colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo" (v. 28) viene solo dopo, a testimoniare che la fede è fondata innanzitutto sulla speranza della vita che prevale sulla morte corporale e solo secondariamente sulla paura di ciò che porta la morte all'anima e al corpo.
La Geenna era la valle di Hinnom, utilizzata come discarica in cui bruciavano continuamente i rifiuti; nel Nuovo Testamento diviene immagine dell'inferno, in cui saranno gettati gli empi nel giorno del giudizio. Il "timore di Dio" è dunque timore di bruciare invano, separati dalla vita, anziché ardere della carità, amore che non consuma.
Gesù presenta Dio come colui che si preoccupa anche di piccole cose come la morte di un passero. Lo stesso concetto è rappresentato dall'affermazione che Dio si preoccupa dei capelli di ogni uomo, che richiama un detto proverbiale della sapienza ebraica, ed è presente in molti passi delle Scritture (cfr. 1 Sam 14,45; 2 Sam 14,11; 1 Re 1,52; Lc 21,18; At 27,34). Con queste parole Gesù afferma in modo potente la sovranità di Dio e la sua provvidenza universale.
Il riconoscere Gesù è indicato letteralmente dal verbo greco homologeo, "confessare", che significa la testimonianza del suo nome, da considerare nel contesto di questo brano come la perseveranza nella fede di fronte a "quelli che uccidono il corpo" (v. 28), ma più in generale durante le prove della vita. La vera fede è fondata su una relazione di mutuo riconoscimento tra Cristo e il suo discepolo, che si prolungherà nella vita eterna, quando conosceremo Dio perfettamente, come da lui siamo conosciuti (1 Cor 13,12).
Preghiera
Confermaci nella fede, Signore, e rendici testimoni coraggiosi del tuo vangelo di salvezza, assistiti dalla sollecitudine del tuo amore. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona