Le chiese ortodosse fanno oggi memoria di Giovanni il Sinaita, detto «Climaco».
Poco si sa della vita di questo monaco vissuto tra il VI e il VII secolo. Gli agiografi raccontano che attorno all'età di sedici anni si recò al monastero di Raithu, ai piedi del Sinai, dove Dio aveva rivelato il proprio Nome a Mosè, attratto dalla fama dei monaci del luogo.
Dopo vent'anni trascorsi nella comunità, Giovanni ne visse altrettanti in solitudine. Eletto igumeno del monastero del Sinai quando aveva sessant'anni, egli compose per i suoi discepoli una delle più celebri opere della spiritualità cristiana: la Scala del paradiso, che gli varrà lo pseudonimo di Climaco (da klîmax, «scala»). In essa, Giovanni descrive i gradini che il monaco deve ascendere per giungere all'incontro con Dio, aggiungendo via via, secondo le sue stesse parole, «giorno dopo giorno, fuoco al fuoco e desiderio al desiderio». Il monaco, per il grande maestro sinaita, è un uomo che deve tendere all'hesychía, alla quiete dell'anima, mediante la lotta contro i pensieri malvagi, che si combattono praticando le virtù ad essi contrarie.
Climaco morì verso il 649, e presso gli ortodossi è celebrato solennemente anche la quarta domenica di quaresima.
Giovanni Climaco (+649 ca) |
Tracce di lettura
La mitezza è lo stato costante dello spirito sempre uguale a se stesso dinanzi agli onori come dinanzi agli insulti. Sicché essa significa pure pregare per il prossimo che ti turba, in tutta tranquillità e serenità. Mitezza perciò vuol dire anche solidità nella pazienza e capacita di amare, in quanto essa è madre di carità, prova di discernimento spirituale. Il Signore, come sta scritto, «insegnerà ai miti le sue vie». La mitezza procura la remissione dei peccati nella preghiera fiduciosa. Essa è come terra disponibile per la fecondazione dello Spirito santo, come sta scritto: «Su chi volgerò lo sguardo, se non su un'anima mite e tranquilla?»
(Giovanni Climaco, La scala del paradiso 24,134)
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose