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Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto
Ministro della Christian Universalist Association
Ministro della Christian Universalist Association
mercoledì 31 marzo 2021
Fermati 1 minuto. Sono forse io, Signore?
martedì 30 marzo 2021
Giovanni Climaco e la Scala per il Paradiso
Giovanni Climaco (+649 ca) |
Fermati 1 minuto. Ed era notte
lunedì 29 marzo 2021
Fermati 1 minuto. L'amore che si fa profezia
domenica 28 marzo 2021
Enzo Bianchi. Commento alla Passione secondo Marco
venerdì 26 marzo 2021
Giovanni di Dalyatha. «I miei occhi bruciano di te»
Giovanni, chiamato anche Saba o il «Vegliardo», nacque nella seconda metà del VII secolo nel villaggio di Ardamust, a nord-ovest di Mossul. Egli fu iniziato allo studio delle Scritture nella scuola del suo villaggio, quindi frequentò il monastero di Apnimaran e, intorno all'anno 700, divenne monaco nel monastero di Mar Yozadaq. Dopo sette anni, si ritirò in solitudine sulla montagna di Dalyatha, forse nei pressi dell'Ararat, e da essa prese il nome.
Negli anni di solitudine, Giovanni approfondì la propria vita spirituale e si esercitò nell'arte della contemplazione, imparando a discernere l'intimo legame tra la creazione e il Creatore, e alimentando il proprio spirito grazie all'incontro quotidiano con la natura e i suoi simboli. Malgrado la lontananza dai suoi simili, egli non perse mai quei tratti di profonda umanità che caratterizzeranno tutti i suoi insegnamenti.
Raggiunto da alcuni discepoli, Giovanni mise per iscritto i frutti della sua profonda esperienza interiore. Influenzato dalle opere di Evagrio, di Macario, di Dionigi Areopagita e di Gregorio di Nissa, egli sottolineò tuttavia in modo ancor più radicale rispetto ai suoi maestri come il grado più elevato della vita cristiana sia quello della carità e dell'amore.
Giovanni morì in una data imprecisata, in quella solitudine in cui più che a fuggire il mondo aveva imparato ad amare ogni creatura.
Fermati 1 minuto. Sappiate e conosciate
giovedì 25 marzo 2021
Dizionario della Musica Anglicana. William Thomas Best
Fermati 1 minuto. Il privilegio della grazia
mercoledì 24 marzo 2021
Don Pietro Pappagallo, martire delle Fosse Ardeatine
Il 24 marzo 1944 veniva fucilato alle Fosse Ardeatine Don Pietro Pappagallo presbitero e antifascista italiano, medaglia d'oro al merito civile alla memoria. Si è distinto principalmente per il suo impegno, durante la seconda guerra mondiale, nel fornire ausilio alle vittime del nazifascismo, per il quale è annoverato dagli ebrei come Giusto tra le nazioni.
Don Pietro Pappagallo (1888-1944) |
Quinto di otto fratelli, nacque a Terlizzi, in provincia di Bari, in una famiglia di modeste condizioni economiche: il padre, cordaio, fabbricava le funi con canapa, iuta e giunco; la madre, casalinga, intuisce e asseconda la precoce vocazione del ragazzo. Collaborò inizialmente con la sua attività di garzone nella bottega paterna, poi la madre gli consentì di entrare in seminario, dando, con la cessione di beni immobili che le appartenevano, la "rendita sacerdotale", a quei tempi necessaria per chi intendesse diventare prete.
Pietro fu ordinato sacerdote il 3 aprile 1915. Trascorse i primi dieci anni della sua vita sacerdotale nella cura pastorale di un convitto nella diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e, successivamente, del seminario "Pio X" di Catanzaro.
Giunto a Roma nel 1925, don Pappagallo fece parte del Collegio dei Beneficiati della Basilica di Santa Maria Maggiore e fu anche vice parroco della Basilica di San Giovanni in Laterano e segretario del cardinale Ceretti. Durante l'occupazione tedesca, il sacerdote si impegnò nel fornire aiuto a soldati italiani sbandati, partigiani, alleati, ebrei e altre persone ricercate dal regime.
Il 29 gennaio 1944, don Pietro fu arrestato dalle SS, dopo la delazione da parte della spia Gino Crescentini, fintosi un fuggiasco in cerca di rifugio presso il sacerdote; lo scopo era eliminare una figura di spicco del Fronte militare clandestino e della resistenza romana. Alcuni testimoni hanno riferito che, anche durante il periodo della prigionia, don Pappagallo condivise il proprio pasto con altri detenuti che non avevano ricevuto cibo.
Condannato a morte, fu l'unico prete cattolico a essere ucciso il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine: «all’ingresso delle cave dalla lunga fila in attesa della fucilazione si alza un grido, da uno che ha visto la sua veste nera: "Padre, benediteci!". Racconterà un superstite che "don Pietro, che era un uomo robusto e vigoroso, si liberò dai lacci che gli stringevano i polsi, alzò le braccia al cielo e pregò ad alta voce, impartendo a tutti l’assoluzione".
Giovanni Paolo II, in occasione del giubileo dell'anno 2000, ha incluso don Pietro Pappagallo tra i martiri della Chiesa del XX secolo.
Al suo nome è intitolata la sezione "Esquilino-Monti-Celio" dell'ANPI.
Il 9 gennaio 2012, sul marciapiede di fronte alla sua casa di Roma in via Urbana 2, è stato collocato un sampietrino con targa in metallo, nell'ambito del progetto Stolperstein "pietra d'inciampo", che ricorda i deportati dai nazisti nel luogo in cui sono stati prelevati.
Paul-Irénée Couturier. Testimone di ecumenismo
Paul-Irénée Couturier (1881-1953) |
Fermati 1 minuto. Liberi perché autentici
Lettura
Giovanni 8,31-42
31 Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; 32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33 Gli risposero: «Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?». 34 Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35 Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; 36 se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37 So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. 38 Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!». 39 Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo». Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! 40 Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto. 41 Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!». 42 Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.
Commento
La vita eterna è soltanto per fede, ma per essere veri discepoli occorre dimorare (gr. meìnete) continuamente in Cristo. L'obbedienza e la perseveranza alla parola di Gesù ci permette di fare esperienza della verità e della libertà (v. 31). Il riferimento non è a una verità frutto di speculazione intellettuale, ma alla verità che è Cristo stesso («Io sono la via, la verità e la vita»; Gv 14,6). Non si tratta di una semplice adesione della volontà ai contenuti della fede. Il cristianesimo autentico è l'esperienza di una relazione santificante con Cristo, che ci affranca dalle opere della legge per farci vivere nella grazia.
I giudei che rispondono a Gesù protestando di non essere mai stati schiavi di alcuno non si riferiscono alla sfera politica, dal momento che Israele nel corso della sua storia è quasi sempre stato soggetto al dominio di altri popoli, ma alla schiavitù del peccato, dalla quale credono di essere liberi per la semplice discendenza carnale da Abramo e per il possesso della legge mosaica.
Il tipo di schiavitù a cui Gesù si riferisce non è fisica ma spirituale, per questo egli non ha mai voluto essere identificato come un liberatore politico di Israele. Coloro che si lasciano affrancare da Gesù dalla schiavitù del legalismo sono realmente liberi.
Gesù porta l'esempio pratico della differenza tra lo schiavo, che può essere venduto dal suo padrone e il figlio, che "resta per sempre nella casa" (v. 35). Poiché tutti, all'infuori di Cristo, hanno peccato, tutti sono schiavi del peccato; ma poiché Gesù è il figlio di Dio, chi rimane in lui è libero dalla pena del peccato mediante la giustificazione e dal potere del peccato mediante la santificazione.
Nessun "lignaggio" è garanzia di salvezza, si tratti della figliolanza da Abramo, dell'appartenenza alla "stirpe cristiana" o di una presunta successione apostolica. Anche Paolo esorterà a "non aderire a favole e a genealogie interminabili, le quali sono più adatte a vane discussioni che non al disegno di Dio, che si attua nella fede" (1 Tim 1,3-4).
Gesù ci insegna il profondo legame tra la verità e la libertà, invitandoci a rinunciare a quelle maschere che ci fanno sentire sicuri di noi stessi ma ci rendono schiavi della menzogna. Guardando in faccia ciò che realmente siamo potremo lasciarci trasformare da Dio, in un rapporto di autenticità che ci rende veri e pronti a conformarci alla sua immagine.
Preghiera
La tua verità ci renda liberi, Signore, affinché possiamo crescere in santità dimorando nella tua santa parola e compiendo le buone opere che ci hai chiamato a fare. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
martedì 23 marzo 2021
Fermati 1 minuto. "Colui che mi ha mandato non mi ha lasciato solo"
lunedì 22 marzo 2021
Fermati 1 minuto. Peccati scritti sulla sabbia
domenica 21 marzo 2021
Credere a Gesù e credere in Gesù
venerdì 19 marzo 2021
Giuseppe, padre di Gesù secondo la Legge e uomo del silenzio
Fermati 1 minuto. Come spirito sulle acque calme
Lettura
Matteo 1,16-24
16 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 17 La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. 18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». 22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. 24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Commento
Un uomo innamorato della sua futura moglie si trova davanti al timore di essere stato tradito. Giuseppe non è solo giusto, osservante della legge del Signore, ma anche misericordioso, poiché non vuole esporre Maria alla pubblica accusa e preferisce allontanarla in segreto, con un divorzio privato.
Il fidanzamento ebraico era considerato nell'antichità come un moderno matrimonio. Poteva essere sciolto solo con un formale atto di ripudio, in presenza di due testimoni. I fidanzati erano considerati dal punto di vista legale come marito e moglie e sebbene l'unione fisica non fosse stata ancora consumata l'adulterio era punito con la lapidazione. Il modo di comportarsi di Giuseppe ci suggerisce di giudicare con delicatezza e prudenza il nostro prossimo, presupponendo sempre la sua innocenza piuttosto che la colpevolezza, ma ci invita anche ad accogliere quanto di incredibile accade nelle nostre vite.
Giuseppe viene visitato da Dio mentre "stava pensando a tutte queste cose" (v. 20). Dio rivela la sua volontà a coloro che la ricercano e considerano interiormente i segni della sua presenza. Egli appare nel momento di maggiore quiete, come spirito che si muove sulle acque calme. Così Giuseppe, che custodisce la fiducia in Dio, si convince dell'innocenza di Maria venendo visitato in sogno da un angelo, il cui messaggio sconvolge i suoi piani e ogni aspettativa sul nascituro. Questi sarà chiamato Gesù, ovvero "il Signore salva" e infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Emmanuele (v. 23) - "Dio con noi" - non è il nome proprio di Cristo ma ne descrive perfettamente la natura e l'ufficio: egli è Dio incarnato e solleva la nostra umanità dalla miseria, elevandola alle altezze divine.
Dio aveva camminato con Israele nel deserto, nella forma di una nube rinfrescante di giorno e luminosa di notte; per questo il suo popolo poteva domandarsi "qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?" (Dt 4,7). Ma con il mistero dell'incarnazione Dio non si fa solo vicino, viene ad abitare la nostra carne, per condurla verso la risurrezione. Ricevuto l'annuncio dell'angelo, Giuseppe si desta dal sonno (v. 24) e fa subito come gli è stato ordinato. Anche noi siamo chiamati a rispondere senza tardare alla volontà del Signore: "Per questo sta scritto: «Svègliati, o tu che dormi, déstati dai morti e Cristo ti illuminerà»" (Ef 5,14).
Preghiera
Donaci la saggezza, Signore, di discernere la tua volontà tra le pieghe della nostra vita e la grazia per compierla con sollecitudine; affinché la luce di Cristo possa risplendere nel mondo. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
giovedì 18 marzo 2021
Fermati 1 minuto. Cristo, il tesoro nascosto nelle Scritture
Lettura
Giovanni 5,31-47
36 Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37 E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, 38 e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. 39 Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. 40 Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41 Io non ricevo gloria dagli uomini. 42 Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio. 43 Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. 44 E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? 45 Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. 46 Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Commento
Secondo la legge mosaica i giudici non potevano affidarsi a un unico testimone, ma era necessaria la testimonianza di due o tre persone (Dt 17,6; 19,15; Nm 35,30). L'identità messianica di Gesù è confermata in questo passo del Vangelo di Giovanni da quattro testimoni: il ministero di Giovanni il Battista (vv. 32-35); le opere compiute da Gesù; il Padre, che ha parlato nel battesimo al Giordano e che si rivolge direttamente alle coscienze (vv. 37-38); le Scritture (vv. 39-40) e in paticolare Mosè (i libri del Pentateuco).
Affermando che le Scritture gli rendono testimonianza Gesù si svela come il mistero racchiuso in esse e ci offre una chiave per interpretare il loro senso più autentico. Così riconobbe Filippo, quando affermò "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti (Gv 1,45); e lo stesso evangelista Giovanni, al termine del prologo del suo Vangelo: "La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo" (Gv 1,16-18).
Gesù è il tesoro nascosto nel campo delle Scritture, per il quale vale la pena vendere tutti i nostri beni; chi conosce lui infatti ha la vita eterna (1 Gv 5,11). Egli è però un Messia diverso da quello che si sono rappresentati i dottori di Israele, non è un liberatore politico perché non riceve gloria dagli uomini (v. 41); la sua volontà è unicamente quella di compiacere il Padre.
L'errore dei farisei è di credere che la mera conoscenza delle Scritture possa guadagnare loro la vita eterna, ma non riescono a riconoscere il Messia da esse annunciato. Anche noi possiamo essere sviati dal sentirci depositari di una sapienza millenaria. L'assenza di rettitudine di intenzione - ovvero la ricerca della gloria umana - e l'interpretazione tendenziosa delle Scritture, guidati dai preconcetti che cercano solo conferme alle proprie convinzioni, ci tengono lontani dalla Verità.
Ma se la parola di Dio penetra in profondità nelle nostre anime, se la assimiliamo meditandola frequentemente, consultandola in ogni occasione, conformandoci ad essa nelle parole e nelle azioni, allora darà testimonianza a Cristo, rendendo noi stessi testimoni di Cristo. Venire a lui - che è la Verità fattasi uomo - significa porsi all'ombra della grazia; egli infatti non è venuto per accusare, perché è la legge che accusa l'uomo di peccato.
Gesù è venuto come nostro avvocato per la nostra giustificazione, portatore di quella grazia che non annulla le Scritture antiche ma le porta a perfezione. La sua persona le rende vive, capaci di interpellarci qui ed ora, se siamo capaci di metterci in ascolto con umiltà.
Preghiera
Suscita in noi, Signore, un desiderio ardente di conoscerti; affinché meditando e custodendo la tua parola possiamo far risplendere la tua luce fra gli uomini. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
Cirillo di Gerusalemme. La Scrittura come fonte della catechesi
mercoledì 17 marzo 2021
Fermati 1 minuto. Il momento è questo
Patrizio, evangelizzatore dell'Irlanda
Cristo alla mia destra, Cristo alla mia sinistra,
Cristo quando mi corico, Cristo quando mi siedo,
Cristo quando mi alzo,
Cristo in ogni cuore che mi pensa,
Cristo in ogni bocca che mi parla,
Cristo in ogni occhio che mi guarda,
Cristo in ogni orecchio che mi ascolta.