Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 4 ottobre 2020

Prigionieri della legge e prigionieri... nel Signore

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DICIASSETTESIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Signore, ti supplichiamo affinché la tua grazia possa sempre prevenirci e sostenerci, rendendoci costantemente dediti a ogni opera buona. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

Ef 4,1-6; Lc 14,1-11

Commento

Guarendo l’idropico in giorno di sabato Gesù mette al centro del suo messaggio il primato della carità verso il prossimo, come legge suprema. Egli non controbatte ai farisei negando o sminuendo la legge mosaica. Chiede infatti loro di citare un passo della legge che vieti di guarire in giorno di sabato e domanda se non si affaticherebbero in giorno di sabato per salvare un asino o un bue, ovvero per proteggere le proprie ricchezze.

L'illusione che l'amore di Dio possa essere fatto coincidere semplicemente con l'amore della legge è una forma di riduzionismo idolatra: non si adorano delle divinità straniere, ma si cade nell'errore di credere che lo scrupoloso rispetto delle norme religiose possa di per sé costituire una garanzia di salvezza. Questa tentazione, molto diffusa nel giudaismo contemporaneo a Gesù, può costituire una minaccia anche per il cristianesimo, laddove si affermi la convinzione di potere accumulare meriti attraverso opere buone e preghiere. 

Si tratta di un atteggiamento spiritualmente egocentrico, lontano dall'amore disinteressato per Dio e per il prossimo, da quel senso di gratitudine verso il nostro Creatore e Salvatore, che da solo dovrebbe essere sufficiente per farci agire rettamente.

La seconda parte del racconto evangelico, in cui assistiamo alla disputa tra gli invitati per chi avrebbe dovuto occupare i posti più prestigiosi a tavola, testimonia proprio la difficoltà di superare l'accentramento su di sé, che dovrebbe invece caratterizzare la vera esperienza religiosa.

Paolo, dal canto suo, nella lettera agli Efesini, sottolinea il profondo legame tra la carità fraterna e la necessità di dare una risposta adeguata all'azione salvifica di Dio nei nostri confronti. Noi siamo stati amati e salvati per primi; è nostro dovere amare il prossimo come Dio ci ha amato. E questo dovere è ancora più vincolante nei confronti dei fratelli nella fede, con i quali condividiamo i doni che l'unico Cristo ha distribuito tra il suo popolo. Per questo l'apostolo ci esorta a mantenere la pace nella comunità cristiana.

Per rafforzare le sue parole Paolo fa leva sul suo essere "prigioniero nel Signore". Non vuole essere compatito, ma vuole sottolineare fino a che punto lo abbia spinto la sua abnegazione per la causa del vangelo. Il credente è capace di individuare anche nelle grandi prove della vita la mano di Dio, per questo Paolo è prigioniero, ma "nel Signore". Nulla accade per circostanze fortuite, e anche laddove ci trovassimo tra le mani di forze malvagie, possiamo avere la certezza che ogni causa seconda agisce perché Dio, la causa prima, glielo consente. 

E ancor più, dobbiamo essere assolutamente certi che qualsiasi cosa ci accada è assolutamente la più perfetta, la più profittevole, la migliore, qui ed ora, per noi, che possa accadere, secondo la sapienza imperscrutabile di Dio. Possiamo dunque ripetere col salmista, in ogni circostanza della nostra vita: "Nelle sue mani sono le profondità della terra e sue sono le alte vette dei monti" (Sal 95,4).

- Rev. Dr. Luca Vona