Le chiese d'oriente e d'occidente celebrano oggi la festa di Marco evangelista.
Giovanni, detto anche Marco, era cugino di Barnaba, e nella casa di sua madre si radunavano i primi cristiani per pregare, secondo la testimonianza di Luca (At 12,12). Verso il 44 Marco accompagnò Paolo e Barnaba a Cipro e in Panfilia, nel loro primo viaggio missionario. Abbandonato Paolo, che lo rimproverò apertamente per il suo rifiuto di seguirlo, egli si riscatterà restando accanto all'Apostolo durante la prigionia romana di quest'ultimo. Marco fu anche discepolo di Pietro, che nella prima lettera lo chiama «mio figlio», e ne fu l'interprete. Acconsentendo alla richiesta dei cristiani di Roma egli fissò per iscritto la predicazione di Pietro, raccogliendo accuratamente tutto ciò che quegli ricordava delle cose dette o fatte dal Signore, e inaugurando così il genere letterario dei vangeli. Secondo alcuni egli è identificabile con il giovane che fugge via nudo dopo l'arresto di Gesù. La liturgia copta chiama Marco «il testimone delle sofferenze del Figlio unigenito». Nel suo vangelo infatti egli fissa lo sguardo sul mistero del Servo sofferente in cui è nascosta la gloria del Figlio dell'uomo, senza nascondere mai la grande incomprensione che Gesù incontrò in vita da parte degli stessi discepoli. Gli ultimi anni della vita di Marco sono parzialmente avvolti nel mistero. Eusebio riferisce che si recò in Egitto e fondò la chiesa di Alessandria. Ad Alessandria, Marco avrebbe subìto il martirio, in data sconosciuta. Il suo corpo, secondo la tradizione, fu trasferito nell'828 a Venezia. Una sua reliquia fu donata nel 1968 dal cardinale Urbani al papa di Alessandria Cirillo VI, segnando così l'avvio del dialogo fra chiesa copta e chiesa cattolica dopo secoli di ostilità e di incomprensione.
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose