Oggi negli antichi calendari delle chiese d'oriente e d'occidente si ricorda Mosè,
amico del Signore e profeta. Così lo descrive il Siracide:
Dalla stirpe di Giacobbe il Signore /fece sorgere un uomo di pietà /che riscosse una stima universale/e fu amato da Dio e dagli uomini: Mosè il cui ricordo è benedizione...
Lo rese glorioso come i santi/e lo rese grande a timore dei nemici.
Per la sua parola fece cessare i prodigi/lo glorificò davanti al faraone; gli diede autorità sul suo popolo/e gli mostrò la sua gloria.
Lo santificò nella fedeltà e nella misericordia, lo scelse tra tutti i viventi. Gli fece udire la sua voce, lo introdusse nella nube oscura
gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e di sapienza, perché spiegasse a Giacobbe la sua alleanza, i suoi decreti a Israele
(Sir 45,1-5).
Mosè (XIII sec. a.C.) e il roveto ardente. Le icone di Bose |
Mosè, che la Torah chiama «amico del Signore» e «profeta», visse probabilmente nel XIII secolo a.C., e morì alle soglie della terra promessa. La Torah si chiude con il racconto della sua morte: « Mosè, servo del Signore, morì sul monte Nebo, nel paese di Moab, sulla bocca del Signore» (Dt 34,5), e commenta: «Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia, come un uomo parla con l'amico» (Dt 34,10).
Poiché, prima di morire, Mosè aveva annunciato a Israele: «Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto» (Dt 18,15), i cristiani hanno riconosciuto in Gesù il nuovo Mosè, ovvero il profeta che ha inaugurato i tempi ultimi dando l'interpretazione messianica e definitiva della Torah.
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose