Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 13 settembre 2020

Un maestro che si prende cura

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA QUATTORDICESIMA DOMENICA
DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, accresci in noi la fede, la speranza e la carità; affinché possiamo ottenere ciò che hai promesso, compiendo ciò che hai comandato. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

Gal 5,16-24; Lc 17,11-19

Commento

Gesù si trova ai limiti di Israele, tra la Samaria e la Giudea, in un territorio a popolazione mista, in parte di etnia ebraica, in parte di etnie straniere. I samaritani, oltre che provenire da diverse nazionalità, praticavano un culto sincretico in un tempio sul Monte Gherizim; la loro religiosità teneva in gran considerazione il Pantateuco ma affiancava al timore per il Dio biblico il culto di idoli pagani. Per tali ragioni erano grandemente disprezzati dal popolo di Israele.

La comune sorte della malattia aveva unito i lebbrosi protagonisti di questo episodio evangelico, in parte ebrei e in parte samaritani, nella vita al di fuori della società. I lebbrosi infatti dovevano seguire precise disposizioni della legge levitica (Lv 13), abitare fuori dalle città e mantenersi ad ampia distanza da chi avrebbero incontrato, annunciando a gran voce la propria impurità.

Alla vista di Gesù il loro grido di dolore si volge verso di lui, che viene riconosciuto non come semplice didàskalos, "insegnante", ma come "maestro", epistàta (cfr. Lc 5,5), cioè come colui che si prende cura dei suoi allievi; questo titolo nel Vangelo di Luca gli è attribuito normalmente dai discepoli.

Gesù compie la guarigione ma chiede ai lebbrosi di andare prima a mostrarsi ai sacerdoti. La legge infatti non è stata ancora abolita, il velo del tempio non è stato ancora squarciato dalla sua morte. I lebbrosi guariscono strada facendo, ma solo uno torna indietro a ringraziare Gesù e, prostratosi, ne riconosce la natura divina. 

Gli altri nove, perché non sono tornati a glorificare colui dal quale avevano implorato la guarigione? Forse la ritenevano come dovuta, attribuivano ai propri meriti il miracolo compiuto da Gesù. Si mostrano come coloro che scampato il pericolo, mancano di gratitudine. 

Anche noi rischiamo di essere pronti a ricorrere a Dio con fede nelle difficoltà, ma spesso ci dimentichiamo di ringraziarlo quando le nostre preghiere vengono esaudite. Quanto spazio vi è nella nostra preghiera per la supplica e quanto per la lode?

Gesù invita il samaritano ad alzarsi e ne proclama la salvezza per fede. Questi non solo è guarito da un male che lo teneva al di fuori della società civile, ma è stato illuminato spiritualmente dalla grazia riconoscendo Gesù come Signore.

Cristo ci purifica da quei peccati e da quelle ferite che ci tengono separati dalla comunione fraterna, non guarda alla nostra storia passata e non fa distinzioni. D'altronde, come nota Paolo nella sua lettera ai Galati: "le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza: non dice «E alle discendenze» come se si trattasse di molte, ma come di una sola: «E alla tua discendenza», cioè Cristo" (Gal 3,16). In Cristo siamo salvati, non mediante la legge, ma mediante la promessa fatta ad Abramo, patriarca di un'eredità numerosa come la sabbia del mare.

- Rev. Dr. Luca Vona