In primo luogo questo sacramento purifica dai peccati. Dal momento che è un sacrificio nobilissimo, che si offre per i peccati, è efficacissimo per espiare e cancellare tutte le colpe. E che cosa di più nobile si potrebbe offrire a questo scopo, se non il nostro Giudice e nel contempo nostro Salvatore, che in questo sacrificio si offre al padre per i peccati nostri? Nel sacrificio della santa messa l'oblazione che viene offerta non è altro che quella che il divin salvatore istituì nell'ultima Cena, diede agli apostoli e poco dopo offrì sulla croce per i peccati di tutti gli uomini. Tu, dunque, dal momento che vuoi essere liberato dai molti peccati e dalle pene a loro dovute, offri per te quest'ostia, cioè le piaghe sanguinanti del Salvatore, il suo sangue, le sue percosse, la sua tristezza, le sue pene e la sua morte. Pregalo che per merito di questa oblazione perdoni le tue colpe e ti rimetta la pena ad esse dovuta. (...)
Quando pertanto ti senti aggravato di vizi, macchiato e infangato, freddo e indolente, non allontanarti da Gesù Cristo, non cercare di astenerti da questo cibo salutare, ma gemi invece nel vederti diverso da quello che dovresti essere, e grida a colui che non può non muoversi a pietà verso i poveri che lo invocano. Digli: "Signore, io sono un uomo impuro, lo confesso: è appunto questa una delle cause per cui vengo a te, perché sono un povero peccatore. Ricorro perciò a te, che solo puoi cancellare le mie colpe, santificarmi, e ti introduco nella mia povera casa, affinché tu possa illuminare con la tua luce le mie tenebre, purificare con la tua purezza le mie miserie. sana, ti prego, con la tua virtù i miei mali, cura con il tuo corpo, pieno di piaghe e lividure i miei languori. Sana, o mio piissimo Salvatore, l'anima mia, perché ho peccato contro di te".
(...) questo cibo salutare unisce l'anima a Dio. Come il cibo terreno si trasforma nella sostanza di chi lo riceve e diviene un solo corpo con lui, così, benché in modo opposto, il cibo eucaristico converte in sé chi lo riceve, in modo da farlo deiforme. Non si ammirerà mai abbastanza perciò l'ineffabile condiscendenza divina, che volle dare sé a noi in cibo e sostenere il nostro corpo con il suo Corpo. E perché Dio fece ciò, se non per insegnarci che con questo cibo noi ci uniamo e veniamo trasformati in lui, come avviene nel cibo materiale in chi lo mangia? Egli infatti, dandosi in cibo a noi, volle procurare la nostra più stretta unione con lui, cosicché egli stesso non poteva trovare un modo di avvicinarsi l'anima maggiormente e più intimamente che in questo sacramento, dove appunto essa non solamente si unisce a Dio, ma diviene una stessa cosa con lui.
Lanspergio (+1539), certosino