Lettura
12 Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
13 Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14 Gesù rispose: «Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15 Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16 E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17 Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera: 18 orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza». 19 Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20 Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.
Meditazione
Uno dei simboli caratteristici della festa delle capanne, durante la quale si svolge questa disputa di Gesù con i giudei, era la luce: a sera si accendevano grandi falò e lampade, che illuminavano la notte di Gerusalemme. Nella Bibbia la luce è simbolo di vita, di gioia e di salvezza. Essa ricorda anche la colonna di fuoco che guidava gli ebrei nel deserto (Nm 9,15-23). Gesù si presenta come "la luce del mondo" (v. 12). Il profeta Isaia aveva promesso che il Servo del Signore sarebbe stato "luce delle nazioni" (Is 42,6) e Simeone proclama Gesù "luce per illuminare le genti" (Lc 2,32). Chi crede in Cristo e lo segue non camminerà nelle tenebre (1Gv 1,5-10).
Gesù è la luce che illumina tanto le nostre ore favorevoli quanto le ore buie segnate dalla sofferenza e dalle difficoltà. In qualsiasi circostanza ci troviamo abbiamo nella persona di Gesù e nella sua dottrina l'esempio da seguire. Ma chi segue Cristo diventa egli stesso "luce del mondo" (Mt 5,14), testimone di fede, speranza e amore, per dissipare le tenebre della violenza, del dubbio e della sfiducia.
Gesù afferma la propria natura divina impiegando la formula "Io sono", che evoca la definizione di Dio nel libro dell'Esodo ("Io sono colui che sono"; Es 3,14). L'espressione è frequente nel Vangelo di Giovanni (Gv 8,24.28.58; 13,19).
Il dibattito di Gesù con i farisei, è sul tema della testimonianza. La legge richiedeva più di un testimone per accertare la verità (Dt 17,6; 19,15; Nm 35,30). Gesù attesta per se stesso, ma anche il Padre celeste avalla le sue parole. Le parole di Gesù rivelano anche la distinzione delle persone divine e la loro pari dignità.
Giovanni segnala l'incomprensione degli interlocutori di Gesù che scambiano il Padre divino con una semplice paternità umana (v. 19). I capi dei giudei non conoscono realmente il padre. Con la sua risposta "se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio" Gesù afferma che la conoscenza di Dio passa per la personale conoscenza del Figlio. Non si tratta di una conoscenza meramente intellettuale del vangelo, ma di sperimentare Cristo come via, verità e vita, da percorrere, contemplare e condividere con i fratelli.
Nonostante l'ostilità crescente, incapace però di arrestare l'opera di Gesù "perché non era ancora giunta la sua ora" (v. 20), cioè il momento decisivo della sua morte e glorificazione, egli prosegue la sua rivelazione. Anche noi siamo chiamati a irradiare la luce del vangelo, a bruciare con Cristo, finché sarà consumata la nostra ora in questo mondo e la nostra fiamma si unirà a lui per risplendere nell'eternità.
Preghiera
Signore Gesù Cristo, luce da luce, donaci la piena comunione con te, affinché possiamo irradiare la luce del tuo vangelo fra le tenebre del mondo e far risplendere la tua gloria. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona