COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DOMENICA DI SESSAGESIMA
O SECONDA DOMENICA PRIMA DELLA QUARESIMA
O SECONDA DOMENICA PRIMA DELLA QUARESIMA
Antifona di ingresso (Introito)
Exurge, quare obdormis Domine? Exurge, et ne repellas in finem: quare faciem tuam avertis, oblivisceris tribulationem nostram? Adhaesit in terra venter noster: exurge, Domine, adjuva nos, et libera nos.
Alzati, perché dormi, Signore? Destati e non ci respingere per sempre, perché volgi la tua faccia e non ti curi della nostra tribolazione? Siamo prostrati nella polvere, sorgi, o Signore, vieni in nostro soccorso e liberaci.
Colletta
Signore Dio, che vedi che non poniamo alcuna fiducia nelle nostre opere, concedici misericordioso che per la tua potenza possiamo essere difesi in ogni avversità. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Letture
2 Cor 11,19-31; Lc 8,4-15
Commento
Il seme delle Scritture resta infruttuoso se non viene seminato nel nostro cuore, e questi rimane sterile se non riceve il Verbo che dà la vita. Dio parla rivolgendosi all'uomo, e l'esistenza umana trova pienezza di senso nell'ascolto fruttuoso della parola di Dio.
La parabola del seminatore ci insegna che il successo della semina dipende dalla natura e dalla consistenza del suolo. Se non crediamo, il nostro ascolto rimane a livello puramente auricolare. Il seme della Parola non genera salvezza se non incontra la nostra fede. Come il seme che cade lungo la strada viene calpestato, chi ascolta distrattamente la parola di Dio la disprezza. Come il seme che cade sulla pietra e dopo essere germogliato dissecca, così coloro la cui fede è debole soccombono di fronte alle seduzioni e alla disaprrovazione del mondo.
Mentre nella versione della parabola riportata da Matteo e Marco il seme produce messi più o meno abbondanti, qui rende "cento volte tanto" in virtù della perseveranza. Questo termine (gr. hypomonè) non compare mai negli altri Vangeli, mentre è frequente nelle lettere di Paolo e indica la capacità di resistere, il coraggio e la pazienza, soprattutto nelle prove.
Il Signore non si accontenta di una messe abbondante, vuole che diamo il massimo; e ciò è possibile solo se noi rimaniamo in Cristo e lui in noi (Gv 15,4). Non dobbiamo temere se non vediamo frutti immediati nel nostro percorso di crescita spirituale. Un seme che germoglia anzitempo non è stato seminato in un terreno buono e viene abbattuto dalle intemperie dell'inverno. Ma la Parola che penetra nelle profondità del nostro essere - quelle profondità che restano oscure alla nostra stessa coscienza - fecondandole e venendo assimilata lentamente, porta frutto nella stagione giusta, nella primavera della grazia.
"Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui" (1 Ts 5,9-10). Cosa dobbiamo fare, dunque, affinché la Parola seminata in noi renda il centuplo? Ascoltare con un cuore umile, come terra morbida e ben dissodata. Ascoltare e custodire, come Maria che "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2,19).
Nei lunghi giorni di pioggia, vento, freddo, che separano la semina dal raccolto, non perdiamo la speranza, consapevoli che "né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1 Cor 3,7).
- Rev. Dr. Luca Vona