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Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto
Ministro della Christian Universalist Association
Ministro della Christian Universalist Association
venerdì 30 aprile 2021
Fermati 1 minuto. La verità è un cammino
Giuseppe Benedetto Cottolengo. Non facciamo economia con i poveri
Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) |
giovedì 29 aprile 2021
Fermati 1 minuto. Educati docilmente alla responsabilità
Caterina da Siena. Una vita per la riconciliazione
Caterina da Siena (1347-1380), Andrea Vanni, XIV secolo |
mercoledì 28 aprile 2021
Fermati 1 minuto. L'ultimo giorno
Lettura
Giovanni 12,44-50
44 Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; 45 chi vede me, vede colui che mi ha mandato. 46 Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. 47 Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48 Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. 49 Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. 50 E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me».
Commento
La Passione è ormai vicina. La predicazione pubblica di Gesù è al suo termine. Prima di ritirarsi per dedicarsi in modo speciale ai suoi discepoli Gesù grida "a gran voce" (v. 44) un'ultima dichiarazione che è un sommario del suo ministero.
Gesù proclama quel che nessun profeta prima di lui aveva osato, la sua perfetta unità con il Padre: «chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato» (v. 44)... «chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (v. 45).
L'umanità di Gesù ci rivela un'"oltre", che è la sua uguaglianza divina con il Padre, e da questo le sue parole acquisiscono non solo autorità, ma anche una infinita profondità di significato.
Gesù è parola che rivela il Padre, narrazione capace di offrirsi come fonte inesauribile di verità. Parola che dà la vita ma parola che può trasformarsi anche in condanna per chi rifiuta di mettersi in ascolto del senso ultimo delle cose.
Per tutti noi infatti c'è un "ultimo giorno", che non necessariamente coincide con l'ultimo della nostra vita. Si tratta di quel momento in cui siamo chiamati a interrogarci sul senso, la direzione della nostra esistenza, solo apparentemente fatta di giorni tutti uguali, con il sole che sorge, tramonta e di nuovo sorge.
Gesù è la luce che entra nel mondo a spezzare questa circolarità. Chiudere gli occhi di fronte ad essa significa porsi da soli nella regione d'ombra che priva di quella profondità di senso che è preludio della visione e della comunione con il Padre, sorgente di ogni cosa.
Preghiera
Signore, tu ci chiami a gran voce e non ti stanchi di attirarci a te con la tua grazia e le tue parole di vita. Rendici pronti ad abbandonare le ombre del mondo per lasciarci illuminare dalla tua gloria. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
martedì 27 aprile 2021
Fermati 1 minuto. La cadenza perfetta
Lettura
Giovanni 10,22-30
22 Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. 23 Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. 24 Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». 25 Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; 26 ma voi non credete, perché non siete mie pecore. 27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28 Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30 Io e il Padre siamo una cosa sola».
Commento
"Era d'inverno" (v. 22). C'è qualcosa di malinconico in questa immagine ritratta da Giovanni nel suo Vangelo. Gesù passeggia solitario sotto il portico del Tempio cercando riparo dal vento freddo che proveniva dal deserto.
Sono i giorni della festa della dedicazione (ebr. Hanukkah), all'incirca i primi di dicembre. Mancano circa tre mesi alla crocifissione.
La festa della dedicazione dura otto giorni e si celebra per ricordare la nuova dedicazione dell'altare e la purificazione del tempio da parte del condottiero Giuda Maccabeo nel 164 a.C., in seguito alla sconsacrazione operata dal dominatore siriano Antioco Epifane (Dn 8,13; 9,27), il quale nel 170 a.C. aveva conquistato Gerusalemme e posto un altare pagano al posto dell'altare di Dio.
Simbolicamente Gesù è colui che instaura il nuovo tempio e la vera guida di Israele. Eppure, quasi al termine della sua missione terrena l'incomprensione sulla sua persona è ancora diffusa tra i giudei.
Un gruppo di questi si avvicina e gli chiede "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso?" (v. 24). Vogliono che egli affermi o neghi apertamente se è il Cristo o no, come fece Giovanni Battista.
I giudei che interrogano Gesù non sono mossi da un sincero desiderio di conoscere chi egli sia, ma si attendono una sua professione messianica per contestarla e condannarlo.
Per la loro incredulità Gesù li annovera tra coloro che non fanno parte del suo gregge - "voi non credete, perché non siete mie pecore" ( 26) - ma rivolgerà loro un ulteriore appello alla fede poco più avanti: "Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre»" (Gv 10,37-38).
La domanda dei giudei che si sentivano con l'animo sospeso di fronte alla figura di Gesù può attraversare anche le nostre coscienze. Egli ci invita a guardare le sue opere, ma siamo circondati dall'iniquità, dall'ingiustizia, dalla sofferenza. Eppure il vangelo ci annuncia una presenza di vita e di salvezza. La fede è capace di generare Dio nella nostra anima e nel mondo, come un fiore di loto che risplende immacolato su uno stagno.
Credere alle opere di Dio significa farsi presenza di Cristo nel mondo. Credere, riconoscere le opere di Dio, non è una attività meramente intellettiva, ma implica il potere fecondo, generativo, della fede, che trova conferma nelle opere stesse che è capace di produrre.
Come il Padre ci ha posto nelle mani di Cristo facendo dipendere la nostra salvezza dal potere sovrano di Dio, al contempo si è messo nelle nostre mani, nella misura in cui, rinati in Cristo, condividiamo con lui la responsabilità per l'intero gregge.
Il termine utilizzato per proclamare l'unità di Gesù con il Padre è neutro e non al maschile: lui e il Padre non sono "uno", ma "una cosa sola". Gesù è pienamente Dio, ma una persona divina distinta dal Padre. L'unità di Gesù con il Padre è rappresentanta dalla perfetta sinergia nella parola e nell'azione.
Anche noi siamo chiamati a non restare con l'animo sospeso ma a entrare nel flusso benedetto di questa sinergia, trovando in Cristo la cadenza perfetta nella sinfonia della nostra vita.
Preghiera
Purifica il tempio del nostro cuore, Signore; affinché possiamo dedicarci al vero culto in spirito e verità, magnificando le tue opere e riconoscendoti come il nostro pastore. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
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