Il mercoledì santo del 1783 si spegne a Roma Benedetto Giuseppe Labre, vagabondo di Dio.
Nativo del borgo di Amettes (oggi nella diocesi di Arras), nel Nord della Francia, egli ricevette un'istruzione sufficiente a leggere in latino i grandi testi spirituali del suo tempo. Benedetto avvertì fin da giovanissimo di essere chiamato alla vita monastica, ma la sua ricerca vocazionale non fu facile. Egli fu infatti rifiutato da diverse certose a motivo della sua età precoce e di una salute malferma. I trappisti, dal canto loro, non lo ritennero in grado di condurre una vita religiosa tradizionale.
Il giovane Labre non si arrese, e a partire dai propri limiti e dal rifiuto patito giunse a discernere la chiamata a una forma di testimonianza diversa e nel contempo profondamente evangelica. Divenuto pellegrino senza fissa dimora, in cerca della città futura, Benedetto si immerse nella preghiera, che non lo abbandonerà più fino alla morte, e visitò i grandi centri dell'Europa cristiana portando nella propria borsa unicamente il Nuovo Testamento, il breviario e l'Imitazione di Cristo.
Giunto a Roma all'età di ventott'anni, egli visse vagabondando per sette anni da una chiesa all'altra e dormendo tra le rovine del Colosseo, in ascolto di poveri e pellegrini, amico di eretici e non credenti, totalmente abbandonato, come aveva sognato fin da piccolo, all'amore misericordioso di Dio. Alla sua morte si diffuse per le vie di Roma la voce: «È morto il santo», e migliaia di poveri e di vagabondi vollero assistere in Santa Maria dei Monti ai suoi funerali. Benedetto Labre, vagabondo di Dio e povero sulle tracce di Cristo, testimonia al cuore della chiesa d'occidente una possibilità paradossale di santità, che lo accosta alle grandi figure dei «folli per Cristo» delle chiese d'oriente.
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose