Lettura
Giovanni 10,22-30
22 Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. 23 Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. 24 Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». 25 Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; 26 ma voi non credete, perché non siete mie pecore. 27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28 Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30 Io e il Padre siamo una cosa sola».
Commento
"Era d'inverno" (v. 22). C'è qualcosa di malinconico in questa immagine ritratta da Giovanni nel suo Vangelo. Gesù passeggia solitario sotto il portico del Tempio cercando riparo dal vento freddo che proveniva dal deserto.
Sono i giorni della festa della dedicazione (ebr. Hanukkah), all'incirca i primi di dicembre. Mancano circa tre mesi alla crocifissione.
La festa della dedicazione dura otto giorni e si celebra per ricordare la nuova dedicazione dell'altare e la purificazione del tempio da parte del condottiero Giuda Maccabeo nel 164 a.C., in seguito alla sconsacrazione operata dal dominatore siriano Antioco Epifane (Dn 8,13; 9,27), il quale nel 170 a.C. aveva conquistato Gerusalemme e posto un altare pagano al posto dell'altare di Dio.
Simbolicamente Gesù è colui che instaura il nuovo tempio e la vera guida di Israele. Eppure, quasi al termine della sua missione terrena l'incomprensione sulla sua persona è ancora diffusa tra i giudei.
Un gruppo di questi si avvicina e gli chiede "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso?" (v. 24). Vogliono che egli affermi o neghi apertamente se è il Cristo o no, come fece Giovanni Battista.
I giudei che interrogano Gesù non sono mossi da un sincero desiderio di conoscere chi egli sia, ma si attendono una sua professione messianica per contestarla e condannarlo.
Per la loro incredulità Gesù li annovera tra coloro che non fanno parte del suo gregge - "voi non credete, perché non siete mie pecore" ( 26) - ma rivolgerà loro un ulteriore appello alla fede poco più avanti: "Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre»" (Gv 10,37-38).
La domanda dei giudei che si sentivano con l'animo sospeso di fronte alla figura di Gesù può attraversare anche le nostre coscienze. Egli ci invita a guardare le sue opere, ma siamo circondati dall'iniquità, dall'ingiustizia, dalla sofferenza. Eppure il vangelo ci annuncia una presenza di vita e di salvezza. La fede è capace di generare Dio nella nostra anima e nel mondo, come un fiore di loto che risplende immacolato su uno stagno.
Credere alle opere di Dio significa farsi presenza di Cristo nel mondo. Credere, riconoscere le opere di Dio, non è una attività meramente intellettiva, ma implica il potere fecondo, generativo, della fede, che trova conferma nelle opere stesse che è capace di produrre.
Come il Padre ci ha posto nelle mani di Cristo facendo dipendere la nostra salvezza dal potere sovrano di Dio, al contempo si è messo nelle nostre mani, nella misura in cui, rinati in Cristo, condividiamo con lui la responsabilità per l'intero gregge.
Il termine utilizzato per proclamare l'unità di Gesù con il Padre è neutro e non al maschile: lui e il Padre non sono "uno", ma "una cosa sola". Gesù è pienamente Dio, ma una persona divina distinta dal Padre. L'unità di Gesù con il Padre è rappresentanta dalla perfetta sinergia nella parola e nell'azione.
Anche noi siamo chiamati a non restare con l'animo sospeso ma a entrare nel flusso benedetto di questa sinergia, trovando in Cristo la cadenza perfetta nella sinfonia della nostra vita.
Preghiera
Purifica il tempio del nostro cuore, Signore; affinché possiamo dedicarci al vero culto in spirito e verità, magnificando le tue opere e riconoscendoti come il nostro pastore. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona