Il 28 giugno del 1528 si spegne sul monte Soratte Paolo Giustiniani, monaco e fondatore degli eremiti camaldolesi di Monte Corona.
Nato nel 1476 nella ricca famiglia veneziana dei Giustiniani, il giovane Tommaso fu formato alla scuola dei più grandi umanisti italiani del tempo. Ritiratosi sull'isola di Murano per approfondire nella quiete la propria ricerca filosofica, Tommaso venne a contatto con i monaci camaldolesi e la sua vita subì una svolta repentina e radicale. Entrato nel 1510 assieme a due compagni veneziani nell'eremo di Camaldoli, Tommaso assunse il nuovo nome di Paolo, e cominciò presto con uno di loro, l'amico Pietro Quirini, a invocare una profonda riforma della chiesa, fino a scrivere un dettagliato Libello sull'argomento, indirizzato a papa Leone X.
Ma lo scontento di Giustiniani non si limitò alla situazione globale della chiesa; egli serbò per tutta la vita la convinzione che la vita eremitica potesse costituire una silenziosa e misteriosa memoria dell'amore di Dio per gli uomini, una «predicazione senza parole». Desideroso di dedicarsi totalmente all'intimità con Dio, egli abbandonò l'ambiente camaldolese e diede vita nel 1520 nei pressi di Ancona alla «compagnia degli eremiti di san Romualdo», oggi noti con il nome di eremiti camaldolesi di Monte Corona.
Giustiniani seppe tenere unite grazie alla sua grande cultura un'austerità quasi parossistica e una notevole finezza spirituale. I suoi insegnamenti sulla vita spirituale ci sono giunti attraverso una preziosa serie di opere capaci di parlare, a dispetto della loro netta impronta eremitica, a ogni cristiano in cerca del radicalismo evangelico.
Tracce di lettura
Come la nave, che solca il mare, dietro a sé non lascia traccia alcuna del percorso fatto, così la nostra anima, condotta dallo Spirito divino, attraversando l'immenso mare e l'abisso delle contemplazioni divine, non dovrebbe vedere, se si volta indietro, per quale strada sia passata, né come a quel dato punto sia giunta.
Se tu avessi considerato tutto questo, carissimo fratello in Cristo, probabilmente non avresti domandato né a me né ad altri che ti fosse suggerito un modo di pregare; ma ti saresti completamente abbandonato, invece, allo Spirito divino, senza pretendere di conoscere né la via, né come ti guida.
Allora tieni a mente che nelle tue orazioni, quando cioè sei in preghiera, il metodo migliore è quello di non avere nessun metodo e che la forma migliore è quella di non avere alcuna forma. Poiché l'orazione nasce da quello Spirito che nei suoi doni è generoso, abbondante e vario, così vari e diversi e quasi infiniti sono i modi e le forme che essa ha.
(Paolo Giustiniani, Trattato sulla preghiera)
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose