Le chiese ortodosse ricordano oggi Nicola Cabasilas, teologo laico autore di alcuni fra i più importanti trattati spirituali del cristianesimo bizantino.
Nicola era nato a Tessalonica attorno al 1322, in una importante famiglia della borghesia tessalonicese. Educato alla preghiera del cuore presso un discepolo di Gregorio Palamas, egli ricevette un'eccellente formazione giuridica e letteraria nella scuola di filosofia di Costantinopoli, tanto da essere stimato uno dei massimi umanisti bizantini.
Trovatosi a vivere in un periodo di gravi tensioni politiche ed ecclesiali, Nicola ebbe spesso una parte importante nei tentativi di ricomposizione delle beghe di corte e poi delle controversie sorte attorno agli insegnamenti degli esicasti athoniti.
Autore di importanti trattati sulla giustizia sociale e contro l'usura, con l'elezione di Callisto I a patriarca di Costantinopoli, che sembrò favorire tempi migliori nel mondo bizantino, Cabasilas decise di ritirarsi dall'impegno pubblico, e mise al servizio dei suoi contemporanei la propria profonda maturità umana e spirituale. Nella quiete e nel silenzio, egli scrisse L'interpretazione della santa liturgia e La vita in Cristo, veri e propri manuali di spiritualità accessibili al cristiano comune, chiamato a santificarsi nella vita di ogni giorno grazie ai sacramenti e alla preghiera, mediante i quali, secondo Cabasilas, ogni credente può accogliere Cristo nel proprio cuore.
Nicola si spense tra il 1391 e il 1397 senza lasciare alcuna testimonianza riguardo agli ultimi anni della sua vita.
La sua canonizzazione da parte del patriarcato di Costantinopoli risale solo al 1983.
Tracce di lettura
La grazia infonde la carità vera nell'anima degli iniziati ai misteri: quale sia poi la sua operazione in loro e quale esperienza doni, lo sanno coloro che l'hanno conosciuta.
In linea di massima si può dire che la grazia infonde nell'anima la percezione dei beni divini: dando a gustare grandi cose, ne fa sperare di ancora più grandi e, fondandosi sui beni già ora presenti, ispira ferma fede in quelli ancora invisibili.
La nostra parte invece è di custodire la carità. Non basta semplicemente incominciare ad amare e accogliere in sé questa passione: bisogna conservarla e alimentarne il fuoco perché duri. Ora restare nell'amore, nel quale è ogni beatitudine, significa appunto restare in Dio e possederlo dimorante in noi: «Chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui»; ma questo si realizza, e l'amore è ben radicato nella nostra volontà, quando vi giungiamo mediante l'osservanza dei comandi e delle leggi dell'Amato ...
Perciò il Salvatore dice: «Se osserverete i miei comandi, rimarrete nel mio amore». La vita beata è frutto di questo amore. L'amore infatti concentra la volontà dispersa da ogni dove, la distacca da tutte le altre cose e dallo stesso io volente, per farla aderire al Cristo solo.
(Nicola Cabasilas, La vita in Cristo 7,6)
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose