Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

giovedì 31 marzo 2022

John Donne. La poesia come scienza di Dio

Nel marzo del 1631, dopo aver predicato il più bello dei suoi sermoni, si spegne all'età di 59 anni John Donne, presbitero e poeta fra i più grandi della letteratura inglese. Di famiglia cattolica, John era nato nel cuore di Londra, ed era rimasto molto presto orfano di padre. Da ragazzo era stato al tempo stesso uno studente serio e brillante e un ragazzo che amava la bella vita, secondo quanto trapela dai suoi componimenti giovanili.
Passato poco dopo i vent'anni alla Chiesa d'Inghilterra al termine di un lento ripensamento, Donne sposò Ann More, una ragazza ancora minorenne, senza il permesso del suo tutore. Imprigionato, egli perse tutte le prospettive di carriera che gli si erano dischiuse grazie al suo ingegno. Tuttavia, trovò nella famiglia (Ann gli darà dodici figli) un senso pieno per la propria vita. Poeta finissimo, capace di narrare in modo impareggiabile la bellezza dell'amore umano e di quello divino, Donne non scrisse tanto per la pubblicazione quanto per condividere la sua arte con gli amici a lui più cari.
Dopo aver più volte rifiutato l'ordinazione presbiterale che gli veniva offerta, Donne finì per accettarla un anno dopo essere stato eletto in parlamento, su richiesta del re Giacomo in persona. Nell'ultima fase della sua vita, egli impiegò la straordinaria capacità di scrivere che aveva ricevuto in dono per un'intensa attività di predicatore, che lo porterà a diventare decano della cattedrale londinese di San Paolo. I suoi sermoni, splendidi sul piano letterario, ricchissimi di citazioni bibliche e patristiche, costituiranno a lungo un modello di predicazione nella Chiesa d'Inghilterra.

John Donne (1571-1631)
Tracce di lettura

Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te. (John Donne, Nessun uomo è un'isola)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Mat' Marija Skobcova, protagonista della diaspora ortodossa

Il 31 marzo 1945 muore a Ravensbrück, in un campo di sterminio nazista, Elizaveta Jur'evna Pilenko, meglio nota con il nome monastico di Mat' Marija.
Elizaveta nacque a Riga, in Lettonia, nel 1891. Trasferitasi a Pietroburgo, ai tempi del liceo e dei primi anni dell'università fu protagonista del vivace dibattito intellettuale e politico che caratterizzava la Russia di inizio Novecento. Compagna di scuola di Marina Cvetaeva, anche Elizaveta amava la poesia. In cerca di qualcosa che potesse soddisfare la sua ricerca di giustizia, si aggregò ai primi rivoluzionari.
Dopo aver sposato in seconde nozze un ufficiale dell'Armata Bianca, Elizaveta emigrò con lui a Parigi nel 1923. Qui ebbe contatti con i maggiori esponenti dell'ortodossia russa in esilio (Bulgakov, Florovskij, e soprattutto Berdjaev, Fedotov e il metropolita Evlogij). Attraversata una profonda crisi spirituale, Elizaveta chiese e ottenne il divorzio, con il consenso della chiesa ortodossa, ed emise i voti monastici nel 1932 nelle mani di Evlogij.
La monaca Mat' Marija - il nome con cui diverrà celebre nella diaspora ortodossa - fondò in quegli anni a Parigi un monastero sui generis, dedito all'accoglienza dei più poveri, provenienti soprattutto dalle file dei numerosi emigrati russi nella capitale francese.
Arrestata nel 1943 per l'aiuto che più volte aveva dato all'espatrio di bambini ebrei, Mat' Marija morì nella camera a gas del campo di Ravensbrück, prendendo il posto di una compagna di prigionia. Mat' Marija narrava così anche con il suo ultimo gesto una vita totalmente donata, senza riserve, a tutti coloro che aveva incontrato.


Mat' Marija Skobcova (1891-1945)


Tracce di lettura

Ci sono due modi di vivere:
camminare sulla terra ferma
facendo solo ciò che è giusto e rispettabile,
e così misurare, soppesare, prevedere.
Ma si può anche camminare sulle acque.
E allora non si può più misurare e prevedere
ma bisogna solo credere incessantemente.
Un istante di incredulità e s'incomincia ad affondare.
(Mat' Marija Skobcova, Diario del 31 agosto 1934)

Tutto è vagliato. È fatto il bilancio.
Batti, campana, l'ultimo tocco.
Ultimo suono per l'ultimo abbandono.
Tutto è vagliato, e nulla più mi trattiene.
Lascio il salario del mondo, la fatica, il commercio,
prendo ali ed impeto,
e dico per sempre: «Nel nome,
nel nome della croce e dei suoi ceppi,
nel nome del supplizio della croce, Signore,
faccio Tuoi tutti i miei giorni».
Ho accolto la vita, Signore,
con amore e con foga ho vissuto;
e con amore ora accolgo la morte.
Ecco, il calice è colmo.
Ai tuoi piedi il calice è sparso.
E ai tuoi piedi ho effuso la vita.
(Mat' Marija, Poesie)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

1 Minute Gospel. Christ, the treasure hidden in the Scriptures

Reading

Jn 5:31-47

31 “If I testify about myself, my testimony is not true. 32 There is another who testifies in my favor, and I know that his testimony about me is true.
33 “You have sent to John and he has testified to the truth. 34 Not that I accept human testimony; but I mention it that you may be saved. 35 John was a lamp that burned and gave light, and you chose for a time to enjoy his light.
36 “I have testimony weightier than that of John. For the works that the Father has given me to finish—the very works that I am doing—testify that the Father has sent me. 37 And the Father who sent me has himself testified concerning me. You have never heard his voice nor seen his form, 38 nor does his word dwell in you, for you do not believe the one he sent. 39 You study[a] the Scriptures diligently because you think that in them you have eternal life. These are the very Scriptures that testify about me, 40 yet you refuse to come to me to have life.
41 “I do not accept glory from human beings, 42 but I know you. I know that you do not have the love of God in your hearts. 43 I have come in my Father’s name, and you do not accept me; but if someone else comes in his own name, you will accept him. 44 How can you believe since you accept glory from one another but do not seek the glory that comes from the only God[b]?
45 “But do not think I will accuse you before the Father. Your accuser is Moses, on whom your hopes are set. 46 If you believed Moses, you would believe me, for he wrote about me. 47 But since you do not believe what he wrote, how are you going to believe what I say?”

Meditation

According to the Mosaic law the judges could not rely on a single witness, but the testimony of two or three persons was necessary for a judgement (Dt 17,6; 19,15; Num 35,30). The messianic identity of Jesus is confirmed in this passage from John's Gospel by four witnesses: the ministry of John the Baptist (vv. 32-35); the works performed by Jesus; the Father, who spoke in the baptism at the Jordan and who addresses the conscience directly (vv. 37-38); the Scriptures (vv. 39-40) and in particular Moses (the books of the Pentateuch).

By affirming that the Scriptures bear witness to him, Jesus reveals himself as the mystery contained in them and offers us a key to interpret their most authentic meaning. Thus Philip recognized, when he affirmed "We have found the one Moses wrote about in the Law, and about whom the prophets also wrote" (Jn 1:45); and the evangelist John himself, at the end of the prologue of his Gospel: "the law was given through Moses; grace and truth came through Jesus Christ" (Jn 1:16-18).

Jesus is the hidden treasure in the field of the Scriptures, for which it is worth selling all our possessions; in fact, whoever knows him has eternal life (1 Jn 5:11). However, he is a Messiah different from what the doctors of Israel represented; he is not a political liberator because he does not receive glory from men (v. 41); his will is solely to please the Father.

The error of the Pharisees is to believe that the mere knowledge of the Scriptures can gain them eternal life, but they fail to recognize the Messiah announced by them. We too can be misled from feeling ourselves to be the custodians of an age-old wisdom. The absence of righteousness of intention - that is, the search for human glory - and the tendentious interpretation of the Scriptures, guided by preconceptions that seek only confirmation of our own convictions, keep us away from the Truth.

But if the word of God penetrates deeply into our souls, if we assimilate it by meditating on it frequently, consulting it on every occasion, conforming to it in words and actions, then it will give witness to Christ and make ourselves witnesses of Christ. Coming to him - who is the truth made man - means placing oneself in the shadow of grace; for he did not come to accuse, because it is the law that accuses man of sin.

Jesus came as our advocate for our justification, the bearer of that grace which does not annul the ancient Scriptures but brings them to perfection. His person makes them alive, capable of questioning us here and now, if we are capable of listening with humility.

Prayer

Arouse in us, o Lord, an ardent desire to know you; so that by meditating and keeping your word we can make your light shine among men. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Cristo, il tesoro nascosto nelle Scritture

Lettura

Giovanni 5,31-47

31 Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; 32 ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. 33 Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. 34 Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. 35 Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
36 Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37 E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, 38 e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. 39 Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. 40 Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41 Io non ricevo gloria dagli uomini. 42 Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio. 43 Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. 44 E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? 45 Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. 46 Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Commento

Secondo la legge mosaica i giudici non potevano affidarsi a un unico testimone, ma era necessaria la testimonianza di due o tre persone (Dt 17,6; 19,15; Nm 35,30). L'identità messianica di Gesù è confermata in questo passo del Vangelo di Giovanni da quattro testimoni: il ministero di Giovanni il Battista (vv. 32-35); le opere compiute da Gesù; il Padre, che ha parlato nel battesimo al Giordano e che si rivolge direttamente alle coscienze (vv. 37-38); le Scritture (vv. 39-40) e in paticolare Mosè (i libri del Pentateuco). 

Affermando che le Scritture gli rendono testimonianza Gesù si svela come il mistero racchiuso in esse e ci offre una chiave per interpretare il loro senso più autentico. Così riconobbe Filippo, quando affermò "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti (Gv 1,45); e lo stesso evangelista Giovanni, al termine del prologo del suo Vangelo: "La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo" (Gv 1,16-18). 

Gesù è il tesoro nascosto nel campo delle Scritture, per il quale vale la pena vendere tutti i nostri beni; chi conosce lui infatti ha la vita eterna (1 Gv 5,11). Egli è però un Messia diverso da quello che si sono rappresentati i dottori di Israele, non è un liberatore politico perché non riceve gloria dagli uomini (v. 41); la sua volontà è unicamente quella di compiacere il Padre. 

L'errore dei farisei è di credere che la mera conoscenza delle Scritture possa guadagnare loro la vita eterna, ma non riescono a riconoscere il Messia da esse annunciato. Anche noi possiamo essere sviati dal sentirci depositari di una sapienza millenaria. L'assenza di rettitudine di intenzione - ovvero la ricerca della gloria umana - e l'interpretazione tendenziosa delle Scritture, guidati dai preconcetti che cercano solo conferme alle proprie convinzioni, ci tengono lontani dalla Verità. 

Ma se la parola di Dio penetra in profondità nelle nostre anime, se la assimiliamo meditandola frequentemente, consultandola in ogni occasione, conformandoci ad essa nelle parole e nelle azioni, allora darà testimonianza a Cristo, rendendo noi stessi testimoni di Cristo. Venire a lui - che è la Verità fattasi uomo - significa porsi all'ombra della grazia; egli infatti non è venuto per accusare, perché è la legge che accusa l'uomo di peccato. 

Gesù è venuto come nostro avvocato per la nostra giustificazione, portatore di quella grazia che non annulla le Scritture antiche ma le porta a perfezione. La sua persona le rende vive, capaci di interpellarci qui ed ora, se siamo capaci di metterci in ascolto con umiltà.

Preghiera

Suscita in noi, Signore, un desiderio ardente di conoscerti; affinché meditando e custodendo la tua parola possiamo far risplendere la tua luce fra gli uomini. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

mercoledì 30 marzo 2022

Giovanni Climaco e la Scala per il Paradiso

Le chiese ortodosse fanno oggi memoria di Giovanni il Sinaita, detto «Climaco».
Poco si sa della vita di questo monaco vissuto tra il VI e il VII secolo. Gli agiografi raccontano che attorno all'età di sedici anni si recò al monastero di Raithu, ai piedi del Sinai, dove Dio aveva rivelato il proprio Nome a Mosè, attratto dalla fama dei monaci del luogo.
Dopo vent'anni trascorsi nella comunità, Giovanni ne visse altrettanti in solitudine. Eletto igumeno del monastero del Sinai quando aveva sessant'anni, egli compose per i suoi discepoli una delle più celebri opere della spiritualità cristiana: la Scala del paradiso, che gli varrà lo pseudonimo di Climaco (da klîmax, «scala»). In essa, Giovanni descrive i gradini che il monaco deve ascendere per giungere all'incontro con Dio, aggiungendo via via, secondo le sue stesse parole, «giorno dopo giorno, fuoco al fuoco e desiderio al desiderio». Il monaco, per il grande maestro sinaita, è un uomo che deve tendere all'hesychía, alla quiete dell'anima, mediante la lotta contro i pensieri malvagi, che si combattono praticando le virtù ad essi contrarie.
Climaco morì verso il 649, e presso gli ortodossi è celebrato solennemente anche la quarta domenica di quaresima.
GIOVANNI CLIMACO, icona del XV sec.
Giovanni Climaco (+649 ca)

Tracce di lettura

La mitezza è lo stato costante dello spirito sempre uguale a se stesso dinanzi agli onori come dinanzi agli insulti. Sicché essa significa pure pregare per il prossimo che ti turba, in tutta tranquillità e serenità. Mitezza perciò vuol dire anche solidità nella pazienza e capacita di amare, in quanto essa è madre di carità, prova di discernimento spirituale. Il Signore, come sta scritto, «insegnerà ai miti le sue vie». La mitezza procura la remissione dei peccati nella preghiera fiduciosa. Essa è come terra disponibile per la fecondazione dello Spirito santo, come sta scritto: «Su chi volgerò lo sguardo, se non su un'anima mite e tranquilla?»
(Giovanni Climaco, La scala del paradiso 24,134)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

1 Minute Gospel. A time is coming and has now come

Reading

John 5:17-30

17 In his defense Jesus said to them, “My Father is always at his work to this very day, and I too am working.” 18 For this reason they tried all the more to kill him; not only was he breaking the Sabbath, but he was even calling God his own Father, making himself equal with God.
19 Jesus gave them this answer: “Very truly I tell you, the Son can do nothing by himself; he can do only what he sees his Father doing, because whatever the Father does the Son also does. 20 For the Father loves the Son and shows him all he does. Yes, and he will show him even greater works than these, so that you will be amazed. 21 For just as the Father raises the dead and gives them life, even so the Son gives life to whom he is pleased to give it. 22 Moreover, the Father judges no one, but has entrusted all judgment to the Son, 23 that all may honor the Son just as they honor the Father. Whoever does not honor the Son does not honor the Father, who sent him.
24 “Very truly I tell you, whoever hears my word and believes him who sent me has eternal life and will not be judged but has crossed over from death to life. 25 Very truly I tell you, a time is coming and has now come when the dead will hear the voice of the Son of God and those who hear will live. 26 For as the Father has life in himself, so he has granted the Son also to have life in himself. 27 And he has given him authority to judge because he is the Son of Man.
28 “Do not be amazed at this, for a time is coming when all who are in their graves will hear his voice 29 and come out—those who have done what is good will rise to live, and those who have done what is evil will rise to be condemned. 30 By myself I can do nothing; I judge only as I hear, and my judgment is just, for I seek not to please myself but him who sent me.

Meditation

The observance of the Sabbath is founded on God's rest on the seventh day, but God also remains active on the Sabbath, making things exist, giving life with birth, and calling it to himself with death. For this God "always works" and Jesus claims the same authority to work as the Father. Indeed, the Son "gives his life" (v. 21) and the Father leaves all judgment to him (v. 22).

The intimate relationship of Jesus with the Father also expresses a close relationship of dependence on him and on his will, for this reason, Jesus affirms that he cannot do anything by himself (v. 30). The Son's obedience is therefore not a limitation of him but the result of his eternal, intimate and indissoluble unity with the Father.

The equal dignity of the Son with the Father is attested by the fact that whoever honors him honors the Father (v. 23). The redeemer has the same honor as the creator. The time has come, and it is this (v. 25), in which whoever welcomes the Son and listens to his voice will be taken from death and given to life (v 24).

Life precedes judgment for those who receive Christ; the resurrection begins now, with the experimentation of the fullness of life that God desires for every man. Welcoming Jesus means participating right now in his communion with the Father, in the Holy Spirit, who has been given to us and who speaks in the Scriptures, an inexhaustible source of life. But it also means working, through him, with the Father, becoming ourselves generators of life, taking care of his creation, and participating in his plan of salvation.

This work of love, through which God creates, sustains, and brings everything back to himself, knows no setbacks in the eternal "today" in which his Word is spoken. Are we ready to welcome it to pass from death to life?

Prayer

You created us and you sustain us, o Lord; grant us to participate in the work of your redemption, to enjoy communion with you right now, source of eternal life. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona


Fermati 1 minuto. Il momento è questo

Lettura

Giovanni 5,17-30

17 Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero». 18 Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
19 Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. 20 Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. 21 Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; 22 il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, 23 perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. 24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25 In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. 26 Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; 27 e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. 28 Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: 29 quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. 30 Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

Commento

L'osservanza del Sabato è fondata sul riposo di Dio nel settimo giorno, ma Dio rimane attivo anche di sabato, facendo esistere le cose, dando la vita con la nascita e richiamandola a sé con la morte. Per questo Dio "opera sempre" e Gesù rivendica la stessa autorità a operare del Padre. Il Figlio infatti "dà la vita" (v. 21) e a lui il Padre rimette ogni giudizio (v. 22). 

L'intima relazione di Gesù con il Padre esprime anche uno stretto rapporto di dipendenza da lui e dalla sua volontà, per questo Gesù afferma di non poter fare nulla da se stesso (v. 30). L'obbedienza del Figlio non è dunque una sua limitazione ma il risultato della sua eterna, intima e indissolubile unità con il Padre. 

L'uguale dignità del Figlio con il Padre è attestata dal fatto che chi onora lui onora il Padre (v. 23). Al redentore spetta lo stesso onore del creatore. È venuto il momento, ed è questo (v. 25), in cui chi accoglie il Figlio e ascolta la sua voce sarà tolto alla morte e dato alla vita (v 24). 

La vita precede il giudizio per coloro che ricevono Cristo; la risurrezione comincia già da adesso, con la sperimentazione della pienezza di vita che Dio desidera per ogni uomo. Accogliere Gesù significa partecipare fin da ora alla sua comunione con il Padre, nello Spirito Santo, che ci è stato donato e che parla nelle Scritture, fonte inesauribile di vita. Ma significa anche operare, mediante lui, con il Padre, diventando noi stessi generatori di vita, prendendoci cura della sua creazione e partecipando alla suo piano di salvezza. 

Quest'opera di amore, mediante la quale Dio crea, sostiene e riconduce a sé ogni cosa, non conosce battute d'arresto, nell'"oggi" eterno in cui viene pronunciata la sua Parola. Siamo pronti ad accoglierla per passare dalla morte alla vita?

Preghiera

Tu ci hai creati e ci sostieni, Signore; concedici di partecipare all'opera della tua redenzione, per gustare fin da ora la comunione con te, fonte di vita eterna. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

martedì 29 marzo 2022

1 Minute Gospel. Do not be satisfied begging

Reading

Jn 5:1-16

5 Some time later, Jesus went up to Jerusalem for one of the Jewish festivals. 2 Now there is in Jerusalem near the Sheep Gate a pool, which in Aramaic is called Bethesda and which is surrounded by five covered colonnades. 3 Here a great number of disabled people used to lie—the blind, the lame, the paralyzed. [4] [From time to time an angel of the Lord would come down and stir up the waters. The first one into the pool after each such disturbance would be cured of whatever disease they had] 5 One who was there had been an invalid for thirty-eight years. 6 When Jesus saw him lying there and learned that he had been in this condition for a long time, he asked him, “Do you want to get well?”
7 “Sir,” the invalid replied, “I have no one to help me into the pool when the water is stirred. While I am trying to get in, someone else goes down ahead of me.”
8 Then Jesus said to him, “Get up! Pick up your mat and walk.” 9 At once the man was cured; he picked up his mat and walked.
The day on which this took place was a Sabbath, 10 and so the Jewish leaders said to the man who had been healed, “It is the Sabbath; the law forbids you to carry your mat.”
11 But he replied, “The man who made me well said to me, ‘Pick up your mat and walk.’ ”
12 So they asked him, “Who is this fellow who told you to pick it up and walk?”
13 The man who was healed had no idea who it was, for Jesus had slipped away into the crowd that was there.
14 Later Jesus found him at the temple and said to him, “See, you are well again. Stop sinning or something worse may happen to you.” 15 The man went away and told the Jewish leaders that it was Jesus who had made him well.
The Authority of the Son
16 So, because Jesus was doing these things on the Sabbath, the Jewish leaders began to persecute him.

Meditation

The miracle reported in this page of the Gospel of John takes place in a place with extremely evocative names: the pool of Betzaeta, or the "house of mercy", near the "sheep's door". As if to want to return to that door which is Christ, through which we must pass to obtain the abundance of his grace.

The belief in the healing powers associated with the pool's thermal water was due to its bubbling from time to time, attributed - according to the verse that some ancient manuscripts do not record - to the intervention of an angel. Jesus heals a man who is unable to obtain salvation for himself by throwing himself into the pool at the right time. This man becomes the symbol of those limits that we cannot overcome alone in our process of spiritual growth.

It is Jesus who takes the initiative; it is he who comes to meet him, without the need for other intermediaries. His action, however, is preceded by a question that might seem obvious: "Do you want to get well?" (v. 6). Jesus wants to understand if this man wishes to get out of his resignation. We must consider the same question addressed to us, especially in the face of our spiritual infirmities, the worst of which is represented by taking refuge in a comfortable area where one does not go forward or backward, paralyzed by mediocrity.

For various reasons, we can find ourselves lying on the ground begging for some happiness. But Jesus, who makes himself present in infirmities, is able to restore integrity and fullness of meaning to our life. "Pick up... walk": the imperative formula recalls the same effective word of God, which worked in the creation of the world.

The long duration of the man's illness near the pool of Bethesda - almost forty years - makes the miracle incontrovertible, but instead of seeking Jesus to receive his blessing, the Jews decide to persecute him "because was doing these things on the Sabbath" (v. 16). Actually, the Scriptures ask to keep the Sabbath by abstaining from work, but they do not specify more. It was an oral tradition that established thirty-nine prohibited activities on the day of rest.

The Mosaic law was therefore not violated either by Jesus or by the man he healed. But the presupposed orthodoxy, the doctrine, is placed before orthopraxis by the Pharisees, that is to act rightly by doing good.

The bed that man, obeying Jesus, carries with him attests his complete recovery, but there is a moment when he finally lays it down to go to the temple to praise God. We too carry the memory of our mistakes with us, but the time comes in which we free ourselves from this burden to make room for the praise of God's mercy; there is a time to ask for healing, but also a time when our prayer must become pure adoration, when there is no more room for fear and regret, but only for praise.

Prayer

Come and visit us, o Lord, when we are prostrate in our infirmities; lift us up with your right hand, so that we can bear witness to your mercy. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Non rassegnarti a mendicare

Lettura

Giovanni 5,1-16

1 Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2 V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, 3 sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. 4 [Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.] 5 Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. 6 Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7 Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». 8 Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». 9 E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. 10 Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio». 11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». 12 Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». 13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. 14 Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». 15 Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16 Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Commento

Il miracolo riportato in questa pagina del Vangelo di Giovanni si compie in un luogo dai nomi estremamente evocativi: la piscina di Betzaetà, ovvero la "casa della misericordia", presso la "porta delle pecore". Quasi a voler rinviare a quella porta che è Cristo, attraverso la quale dobbiamo passare per ottenere l'abbondanza della sua grazia.

La credenza sui poteri curativi associati all'acqua termale della piscina era dovuta al suo ribollire di tanto in tanto, attribuito - secondo il versetto che alcuni manoscritti antichi non riportano - all'intervento di un angelo. Gesù guarisce un uomo che non è in grado di procurarsi da solo la salvezza gettandosi nella piscina al momento giusto. Quest'uomo diventa il simbolo di quei limiti che non riusciamo a superare da soli nel nostro processo di crescita spirituale. 

È Gesù che prende l'iniziativa; è lui che viene incontro, senza bisogno di altri intermediari. La sua azione però è preceduta da una domanda che potrebbe apparire scontata: "Vuoi guarire?" (v. 6). Gesù vuole capire se quest'uomo desidera uscire dalla sua rassegnazione. La stessa domanda la dobbiamo considerare rivolta a noi, soprattutto di fronte alle nostre infermità spirituali, la peggiore delle quali è rappresentata dal rifugiarsi in una zona confortevole in cui non si va né avanti né indietro, paralizzati dalla mediocrità. 

Per diverse ragioni possiamo trovarci stesi a terra a mendicare un po' di felicità. Ma Gesù, che si fa presente nelle infermità, è in grado di restituire alla nostra vita integrità e pienezza di senso. "Alzati... prendi... cammina": la formula imperativa rievoca la stessa parola efficace di Dio, che operava nella creazione del mondo. 

La lunga durata della malattia dell'uomo presso la piscina di Betzetà - quasi quarant'anni - rende incontrovertibile il miracolo, ma anziché cercare Gesù per ricevere la sua benedizione i Giudei decidono di perseguitarlo "perché faceva tali cose di sabato" (v. 16). In realtà le Scritture chiedono di santificare il Sabato astenendosi dal lavoro, ma non specificano di più. Fu la tradizione orale a stabilire trentanove attività proibite nel giorno del riposo. 

La legge mosaica non è dunque stata violata né da Gesù né dall'uomo che egli ha guarito. Ma la presupposta ortodossia, la dottrina, è anteposta dai farisei all'ortoprassi, ovvero all'agire rettamente e compiere il bene. 

Il lettuccio che il paralitico sanato - ubbidendo a Gesù - porta con sé, attesta la sua completa guarigione, ma egli lo deporrà per recarsi nel tempio a lodare Dio. Anche noi ci portiamo dietro il ricordo dei nostri sbagli, ma giunge il momento in cui liberarsi da questo fardello per fare spazio alla lode della misericordia di Dio; vi è un momento per chiedere la guarigione, ma anche un momento in cui la nostra preghiera deve diventare adorazione pura, in cui non c'è più spazio per il timore e per il rammarico, ma solo per la lode.

Preghiera

Vieni a visitarci, Signore, quando siamo prostrati nelle nostre infermità; risollevaci con la tua destra, affinché possiamo testimoniare la tua misericordia. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

lunedì 28 marzo 2022

1 Minute Gospel. Come down

Reading

John 4:43-54
43 After the two days he left for Galilee. 44 (Now Jesus himself had pointed out that a prophet has no honor in his own country.) 45 When he arrived in Galilee, the Galileans welcomed him. They had seen all that he had done in Jerusalem at the Passover Festival, for they also had been there.
46 Once more he visited Cana in Galilee, where he had turned the water into wine. And there was a certain royal official whose son lay sick at Capernaum. 47 When this man heard that Jesus had arrived in Galilee from Judea, he went to him and begged him to come and heal his son, who was close to death.
48 “Unless you people see signs and wonders,” Jesus told him, “you will never believe.”
49 The royal official said, “Sir, come down before my child dies.”
50 “Go,” Jesus replied, “your son will live.”
The man took Jesus at his word and departed. 51 While he was still on the way, his servants met him with the news that his boy was living. 52 When he inquired as to the time when his son got better, they said to him, “Yesterday, at one in the afternoon, the fever left him.”
53 Then the father realized that this was the exact time at which Jesus had said to him, “Your son will live.” So he and his whole household believed.
54 This was the second sign Jesus performed after coming from Judea to Galilee.

Meditation

The Galileans followed Jesus to Jerusalem on the occasion of Easter to witness his miracles and still retain the memory of the transformation of water into wine at the wedding in Cana. They have kept his wonders in his memory but their favorable reception is determined more by Jesus' reputation as a healer than by the recognition in him of the Messiah.

His fame also reached an official of King Herod who came from afar to ask for the healing of his seriously ill son. Jesus has words of reproof towards those who continually look for signs to believe and in these signs, they do not know how to see the kingdom of God that makes itself present. However, he does not refuse to grant the royal official's request, who humbly insists on renewing it.

The royal official made a journey of almost ten hours to go from Capernaum to Cana to meet Jesus. How long is our hope capable of "walking" to meet the salvation that has become present among us? How much do we commit ourselves in our journey of faith to distance ourselves from what keeps us away from God, going towards forgiveness and life?

The official asks Jesus twice to "come down" (vv. 49) to reach his son before he dies, but Jesus, who has power over life and death, performs distant healing. It will be the official to "go down", in a return home full of faith in the efficacy of the words of Jesus: "your son will live" (v. 50).

Jesus does not perform any surprising action, nor does he need to recite a long prayer or do anything, his word is a word that always has an effect; the moment he affirms the life of the official's son, he is torn from death.

Back home, the official inquires about the exact time when the son is healed. The greater the attention with which we consider the works of God, the more our faith grows. This is why the whole house believed in him (v. 53). Just as the word of God, carefully meditated, helps us to recognize his providence, so his providence, consciously observed, helps us to understand his word.

The experience of the efficacy of a single word of Christ is sufficient for him to be able to conquer our souls and make us witnesses of his grace.

Prayer

Lord Jesus Christ, who came down to us with your incarnation, give us back fully to the life of grace so that we can bear witness to your name with joy. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Discendere

Lettura

Giovanni 4,43-54

43 Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. 44 Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. 45 Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46 Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. 47 Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. 48 Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49 Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50 Gesù gli risponde: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. 51 Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». 52 S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». 53 Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. 54 Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.

Commento

I galilei hanno seguito Gesù fino a Gerusalemme in occasione della Pasqua per assistere ai suoi miracoli e serbano ancora il ricordo della trasformazione dell'acqua in vino alle nozze in Cana. Hanno custodito nella memoria i suoi prodigi ma la loro accoglienza favorevole è determinata più dalla reputazione di Gesù come guaritore che dal riconoscimento in lui del Messia. 

La sua fama è giunta anche a un funzionario del re Erode che viene da lontano per chiedere la guarigione del proprio figlio gravemente malato. Gesù ha parole di riprensione verso coloro che cercano continuamente segni per credere e in questi segni non sanno scorgere il regno di Dio che si fa presente. Non rifiuta tuttavia di acconsentire alla richiesta del funzionario reale, il quale insiste con umiltà, rinnovando la richiesta. 

Il funzionario regio ha compiuto un viaggio di quasi dieci ore per andare da Cafarnao a Cana a incontrare Gesù. Quanto a lungo è capace di "camminare" la nostra speranza per incontrare la salvezza che si è fatta presente in mezzo a noi? Quanto ci impegnamo nel nostro cammino di fede per allontanarci da ciò che ci tiene lontano da Dio, andando incontro al perdono e alla vita? 

Il funzionario chiede a Gesù due volte di "scendere" (vv. 47, 49)  per raggiungere il figlio prima che questi muoia, ma Gesù, che ha potere sulla vita e sulla morte, compie una guarigione a distanza. Sarà il funzionario a "scendere", in un ritorno verso casa pieno di fede nell'efficacia delle parole di Gesù: "tuo figlio vive" (v. 50). 

Gesù non compie alcuna azione sorprendente, né ha bisogno di recitare una lunga preghiera o di fare alcunché, la sua parola è parola che va sempre ad effetto; nel momento in cui afferma la vita del figlio del funzionario questi è strappato alla morte. 

Tornato a casa, il funzionario si informa sull'ora esatta in cui il figlio è guarito. Maggiore è l'attenzione con la quale consideriamo le opere di Dio e più la nostra fede si accresce. Per questo tutta la sua casa credette (v. 53). Come la parola di Dio, meditata con attenzione, ci aiuta a riconoscere la sua provvidenza, così la sua provvidenza, osservata consapevolmente, ci aiuta a comprendere la sua parola. 

L'esperienza dell'efficacia di una sola parola di Cristo è sufficiente perché egli possa conquistare la nostra anima e farci testimoni della sua grazia.

Preghiera

Signore Gesù Cristo, che sei sceso verso di noi con la tua incarnazione, restituiscici pienamente alla vita della grazia, affinché possiamo testimoniare con gioia il tuo Nome. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

domenica 27 marzo 2022

Che cos'è questo per tanta gente?

 COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Colletta

Dio Onnipotente, ti supplichiamo, sebbene meritevoli della tua punizione per i nostri peccati, di essere risollevati dal conforto della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo. Amen

Letture

Gal 4,21-31; Gv 6,1-15

Commento

C’è una contesa in corso tra il figlio della schiava e il figlio della libera, ci spiega Paolo nella sua lettera ai Galati, richiamandosi al racconto della Genesi sui figli di Abramo. Il figlio della schiava è la Gerusalemme di quaggiù, ma il figlio della libera è la Gerusalemme celeste, che è “libera” e “la madre di tutti noi” (Gal 4,26). 

Questa lotta si svolge al tempo stesso nel nostro cuore e nel mondo. Fuori di noi, tra coloro che sono stati rigenerati nella fede e le forze che si oppongono al messaggio liberante del vangelo. Dentro di noi, fra la nostra umanità segnata dalla sua fragilità, dai suoi limiti, e la grazia che ci è donata in Cristo, la quale opera incessantemente per dare alla luce l’uomo nuovo e realizzare quella “rinascita dall’alto” di cui parla Gesù nel dialogo notturno con Nicodemo (Gv 3,1-21). 

La povertà delle nostre risorse e la fallacia dell’essere umano sono fin troppo evidenti, nelle piccole e grandi sconfitte che subiamo ogni giorno come cristiani che cercano di conformare la propria vita al vangelo; e per questo motivo è in agguato la tentazione di lasciarci andare allo sconforto e alla rinuncia nella ricerca della nostra santificazione e del bene comune. Ma noi come credenti siamo chiamati a credere e sperare oltre ogni speranza che colui il quale ci ha dato la promessa sarà fedele, nonostante le nostre infedeltà. Dio infatti, sa prendere la nostra povertà e trasformarla in abbondanza. 

È questo il senso del miracolo dei pani e dei pesci. Gesù rifugiatosi sul monte e seguito dalle folle, chiede agli apostoli di sfamarle. Ciò che gli apostoli hanno a disposizione è davvero poco, come afferma Filippo, con parole che sembrano velate di ironia: “Duecento denari di pane non basterebbero per loro, perché ognuno possa averne un pezzetto” (Gv 6,7). Andrea, più pragmatico, si da da fare, e trova un ragazzo con “cinque pani d’orzo e due piccoli pesci”; ma deve riconoscere sconfortato: “che cos’è questo per tanta gente?” (Gv 6,9). 

La bontà di Dio è capace di moltiplicare i nostri miseri talenti, saziando tutti coloro che hanno "fame e sete di giustizia" (Mt 5,6), e facendoci tornare a casa addirittura con l'eccedenza: “raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.” (Gv 6, 13). 

Rallegriamoci, dunque, anche se a volte siamo come una sterile che non partorisce nulla; “perché i figli dell’abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva marito” (Gal 4,27). Siamo infatti “i figli della promessa” (Gal 4,28) e Dio porterà a compimento la sua opera in noi.

- Rev. Dr. Luca Vona

venerdì 25 marzo 2022

1 Minute Gospel. The privilege of grace

Reading

Luke 1:26-38

In the sixth month, the angel Gabriel was sent from God to a town of Galilee called Nazareth, to a virgin betrothed to a man named Joseph, of the house of David, and the virgin’s name was Mary. And coming to her, he said, “Hail, favored one! The Lord is with you.”
But she was greatly troubled at what was said and pondered what sort of greeting this might be. Then the angel said to her, “Do not be afraid, Mary, for you have found favor with God. Behold, you will conceive in your womb and bear a son, and you shall name him Jesus. He will be great and will be called Son of the Most High, and the Lord God will give him the throne of David his father, and he will rule over the house of Jacob forever, and of his kingdom there will be no end.”
But Mary said to the angel, “How can this be, since I have no relations with a man?” And the angel said to her in reply, “The Holy Spirit will come upon you, and the power of the Most High will overshadow you. Therefore the child to be born will be called holy, the Son of God. And behold, Elizabeth, your relative, has also conceived a son in her old age, and this is the sixth month for her who was called barren; for nothing will be impossible for God.” Mary said, “Behold, I am the handmaid of the Lord. May it be done to me according to your word.” Then the angel departed from her.

Meditation

Mary is the first creature to be evangelized, receiving the word of salvation on the advent of the Messiah expected by Israel. If the announcement of the birth of John the Baptist had taken place in Jerusalem - the center of Judaism - to a priest, in the midst of divine worship, here the angel appears to a humble woman, in a small village in Galilee, a region that gave birth to the prophets Jonah and Nahum but was held in little account in the country.

The woman is called Mary, a Latin transposition of the Hebrew name Miriam - the same as the sister of Moses and Aaron - whose meaning is "exalted" (by God). The virgin is betrothed to a man, Joseph, whose genealogy attests to a descent from David. We are not sure, however, of Mary's Davidic descent; however, the attribution to Jesus of the title "Son of David" even though he was born of Mary without her having been united with Joseph, suggest that Mary herself is Davidic descent.

Jesus is presented, therefore, as the legitimate king of Israel, although the kingdom which he inaugurates "is not of this world" (Jn 18:36) and will have no end. Jesus is the "Son of the Most High" (v. 32), a title that will be recognized on several occasions: by the Father, during his baptism in the Jordan (Lk 3:22), by Peter ("You are the Christ, the Son of the living God "; Mt 16:16), from the possessed Gadarenus ("What is there between you and me, Jesus, Son of the Most High God?"; Mk 5: 7); from the centurion near the cross ("Truly, this was the Son of God"; Mt 27:54).

The angel's greeting does not have the usual Hebrew formula Shalom (Peace) but is indicated with the Greek chàire, or "rejoice", which seems to allude to several messianic passages of the Old Testament. The following word, kecharitoméne literally means "favored by grace", indicating the particular privilege to which Mary is raised. Hence his upset, in the awareness of his creatural limit, the recipient of a surprising plan from God. The words "the Lord is with you" (v. 28) also recall an expression that often recurs in the Ancient testament, to indicate God's assistance in a mission.

Mary's answer-question "how is this possible?" does not indicate a doubt about God's ability to make her conceive without knowing man, but rather the surprise for a choice of election of what is humble and hidden. The shadow that will spread over her represents the mystery of God's extraordinary operations and at the same time recalls the cloud that accompanied Israel in her exodus from Egypt to the promised land. The Annunciation thus takes on a paschal connotation, of "new exodus", since the birth of the Messiah will mark the passage from the slavery of sin to the freedom of grace.

The shadow that extends over Mary is the image of the Holy Spirit, who acts in believers in listening to and ruminating on the word of God: "Mary, on her part, kept all these things, pondering them in her heart" (Lk 2:19). The event of the Annunciation and Mary's response constitute for every believer an invitation to accept God's will, in the certainty of the efficacy of grace: "Here I am, I am the handmaid of the Lord, let what you said happen to me". The "yes" that Mary pronounces conditions her whole life and the fate of the entire human race. The willingness to fulfill radical and definitive decisions like that of Mary will shape in our lives the great plans that God has for us.

Prayer

We rejoice, Lord, at hearing your word of salvation. May it generate in our souls, through the action of your Spirit, the eternal Word; so that we can sing of your mercy. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. Il privilegio della grazia

Lettura

Luca 1,26-38

26 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

Commento

Maria è la prima creatura ad essere evangelizzata, ricevendo la parola di salvezza sull'avvento del Messia atteso da Israele. Se l'annuncio della nascita di Giovanni il Battista era avvenuto a Gerusalemme - centro del giudaismo - a un sacerdote, nel mezzo del culto divino, qui l'angelo appare a un'umile donna, in un piccolo villaggio della Galilea, regione che a parte aver dato i natali ai profeti Giona e Nahum, era tenuta in poco conto nel Paese. 

La donna si chiama Maria, trasposizione latina del nome ebraico Miriam - lo stesso della sorella di Mosè e Aronne - il cui significato è "esaltata" (da Dio). La vergine è promessa sposa di un uomo, Giuseppe, la cui genealogia ne attesta la discendenza da Davide. Non siamo certi, invece, della discendenza davidica di Maria; tuttavia, l'attribuzione a Gesù del titolo "Figlio di Davide" pur essendo nato da Maria senza che vi sia stata un'unione di questa con Giuseppe, fanno propendere per la discendenza davidica di Maria stessa. 

Gesù è presentato, dunque, come il legittimo re di Israele, sebbene il regno che egli inaugura "non è di questo mondo" (Gv 18,36) e non avrà fine (v. 33). Gesù è il "Figlio dell'Altissimo" (v. 32), titolo che gli sarà riconosciuto a più riprese: dal Padre, durante il battesimo al Giordano (Lc 3,22), da Pietro («Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; Mt 16,16), dall'indemoniato gadareno («Che c'è fra me e te, Gesù, Figlio del Dio altissimo?»; Mc 5,7); dal centurione presso la croce («Veramente, costui era Figlio di Dio»; Mt 27,54). 

Il saluto dell'angelo non presenta l'abituale formula ebraica Shalom (pace) ma è indicato con il greco chàire, ovvero "rallegrati", che sembra alludere a diversi passi messianici dell'Antico Testamento. La parola che segue, kecharitoméne significa letteralmente "favorita dalla grazia", a indicare il particolare privilegio cui è innalzata Maria. Da qui il suo turbamento, nella consapevolezza del proprio limite creaturale, destinatario di un disegno sorprendente da parte di Dio. Le parole "il Signore è con te" (v. 28) richiamano anch'esse un'espressione che ricorre spesso nell'Antico Testamento, per indicare l'assistenza di Dio in una missione.

La risposta-domanda di Maria "come è possibile?" (v. 34) non indica un dubitare sulla capacità di Dio di farla concepire senza conoscere uomo, quanto invece la sorpresa per una scelta di elezione di ciò che è umile e nascosto. L'ombra che si stenderà su di lei rappresenta il mistero delle operazioni straordinarie di Dio e al contempo richiama la nube che accompagnava Israele nel suo esodo dall'Egitto alla terra promessa. L'annunciazione assume così una connotazione pasquale, di "nuovo esodo", in quanto la nascita del Messia segnerà il passaggio dalla schiavitù del peccato alla libertà della grazia. 

L'ombra che si stende su Maria è immagine dello Spirito Santo, che agisce nei credenti nell'ascolto e nella ruminazione della parola di Dio: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). L'evento dell'annunciazione e la risposta di Maria costituiscono per ogni credente un invito ad accogliere la volontà di Dio, nella certezza dell'efficacia della grazia: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (v. 38). Il "sì" che Maria pronuncia condiziona tutta la sua vita e le sorti dell'intero genere umano. La capacità di compiere decisioni radicali e definitive come quella di Maria potrà dare forma nelle nostre vite ai grandi progetti che Dio ha per noi.

Preghiera

Noi ci rallegriamo, Signore, all'ascolto della tua parola di salvezza. Che essa possa generare nelle nostre anime, per l'azione del tuo Spirito, il Verbo eterno; affinché possiamo cantare la tua misericordia. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

giovedì 24 marzo 2022

1 Minute Gospel. The reliable guard of the house

Reading

Luke 11:14-23

14 Jesus was driving out a demon that was mute. When the demon left, the man who had been mute spoke, and the crowd was amazed. 15 But some of them said, “By Beelzebul, the prince of demons, he is driving out demons.” 16 Others tested him by asking for a sign from heaven.
17 Jesus knew their thoughts and said to them: “Any kingdom divided against itself will be ruined, and a house divided against itself will fall. 18 If Satan is divided against himself, how can his kingdom stand? I say this because you claim that I drive out demons by Beelzebul. 19 Now if I drive out demons by Beelzebul, by whom do your followers drive them out? So then, they will be your judges. 20 But if I drive out demons by the finger of God, then the kingdom of God has come upon you.
21 “When a strong man, fully armed, guards his own house, his possessions are safe. 22 But when someone stronger attacks and overpowers him, he takes away the armor in which the man trusted and divides up his plunder.
23 “Whoever is not with me is against me, and whoever does not gather with me scatters.

Meditation

One finger is enough for God to defeat Satan. That same finger that wrote the commandments on the stone tablets of the law now intervenes to free man from the bondage to which man is subjected by the evil one.

Jesus does not minimize the action of the devil, defined as "strong and fully armed" (v.21). He is not an enemy that we can defeat by trusting in ourselves, but by having recourse to the grace of Christ: he is capable of overcoming him and of "distributing his spoils".

In this episode of the Gospel of Luke, the mute man becomes an image of the inability to relate to his neighbor and to God. When the heart is converted to the Gospel, man places at the service of God all that was an idol that made him a slave. The guarding of his "palace", the custody of his life and his talents, are no longer entrusted to the powers of this world. Everything is safe in God's hands, and the "spoils" taken from the evil one are now generously distributed (v. 22).

When we are freed from the snares of evil our tongue melts in the praise of the Lord. For this reason, the accusation made against Jesus of casting out demons by the chief of the demons is completely illogical: "no one can say, “Jesus is Lord,” except by the Holy Spirit" (1 Cor 12:3).

Let us beware, therefore, from the error of conscience, often dictated by envy, which sees evil where there is good. Jesus declares that whoever is not with him is against him, but shortly afterward he will make a completely specular affirmation, saying that whoever is not against him is with him (Lk 11:23). The words of Jesus are an invitation to unity in his name, also because "Any kingdom divided against itself will be ruined" (v. 17). Let us, therefore, allow grace to open our eyes to see the Spirit of God in action in every glimpse of goodness and beauty.

Prayer

Stretch out your hand, o Lord, and deliver us from all evil; so that freed from grace we can magnify your glory. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. La guardia affidabile del palazzo

Lettura

Luca 11,14-23

14 Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. 15 Ma alcuni dissero: «È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». 16 Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. 17 Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. 18 Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. 19 Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. 20 Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
21 Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. 22 Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
23 Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.

Commento

A Dio è sufficente un dito per sconfiggere Satana. Quello stesso dito che scrisse i comandamenti sulle tavole in pietra della legge interviene ora a liberare l'uomo dalla schiavitù alla quale è sottoposto dal Maligno.

Gesù non minimizza l'azione del diavolo, definito "forte e ben armato" (v.21). Non è un nemico che possiamo sconfiggere confidando in noi stessi, ma ricorrendo alla grazia di Cristo: questi è capace di vincerlo e di "distribuire il suo bottino". 

In questo episodio del Vangelo di Luca l'uomo muto diventa immagine dell'incapacità di relazionarsi con il prossimo e con Dio. Quando il cuore si converte al vangelo, l'uomo pone al servizio del regno di Dio tutti quei beni e quelle facoltà che fino a prima erano degli idoli che lo rendevano schiavo. La guardia del suo "palazzo", la custodia della sua vita e dei suoi talenti, non sono più affidate alle potenze di questo mondo. Tutto è al sicuro nelle mani di Dio, e il "bottino" sottratto al Maligno è ora distribuito con generosità (v. 22).

Quando siamo liberati dai lacci del male la nostra lingua si scioglie nella lode del Signore. Per questo l'accusa mossa a Gesù di scacciare i demòni per opera del capo dei demòni è del tutto illogica: “Nessuno può dire: Gesù è il Signore, se non nello Spirito Santo” (1 Cor 12,3). 

Guardiamoci, dunque, dall'errore di coscienza, spesso dettato dall'invidia, che fa vedere il male laddove c'è il bene. Gesù dichiara che chi non è con lui è contro di lui, ma poco dopo farà un'affermazione del tutto speculare, dicendo che chi non è contro di lui è con lui (Lc 11,23). Le parole di Gesù sono un invito all'unità nel suo nome, perché "ogni regno diviso in se stesso va in rovina" (v. 17). Lasciamo dunque che la grazia ci apra gli occhi per vedere lo Spirito di Dio in azione in ogni scorcio di bontà e di bellezza.

Preghiera

Stendi la tua mano Signore, e liberaci da ogni male; affinché affrancati dalla grazia possiamo magnificare la tua gloria. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Paul-Irénée Couturier. Testimone di ecumenismo

Il 24 marzo 1953 si spegne a Lione Paul-Irénée Couturier, presbitero cattolico la cui vita è un'incontestabile e sincera testimonianza di quell'ecumenismo a cui, anche grazie a lui, la Chiesa cattolica approderà con il concilio Vaticano II.
Couturier era nato a Lione nel 1881. Dopo aver ricevuto una formazione scientifica, entrò in seminario e fu ordinato presbitero. Quando aveva 39 anni, egli fece un'esperienza determinante: mosso dal desiderio di alleviare le sofferenze degli emigrati russi nella regione lionese, ne conobbe la vita e la fede e si convinse della profonda unità che già esisteva con i cristiani d'oriente.

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Paul-Irénée Couturier (1881-1953)

Approfondendo la propria conoscenza del cristianesimo ortodosso, Couturier approdò a Chevetogne, dove fu profondamente toccato dagli scritti del cardinal Mercier e da dom Lambert Beauduin. Diede così inizio a quella che diverrà la «settimana di preghiera per l'unità dei cristiani», convinto che il cuore dell'ecumenismo sia la preghiera stessa di Gesù: «che tutti siano una sola cosa».
Couturier fu anche all'origine del Gruppo di Dombes, nato per promuovere una maggiore conoscenza fra cattolici e protestanti francesi. Egli avviò un'impressionante rete di rapporti epistolari, con i quali seppe intessere la trama essenziale di amicizia e di stima fra cristiani sul cui fondamento prenderanno avvio i grandi dialoghi ecumenici.
Alla sua morte i messaggi di cordoglio giunti al vescovo di Lione da tutte le chiese cristiane testimoniarono l'unanime riconoscimento all'impegno evangelico di un uomo che aveva saputo dare un'anima all'ecumenismo.

Tracce di lettura

Ogni generazione è chiamata a porsi di nuovo la domanda: che cosa fate voi per guarire il corpo spezzato di Cristo? Da molto tempo, da secoli, la carità, vincolo dell'unità, si è affievolita. L'unità è stata spezzata, i cristiani sono stati disgregati dalla ferita del peccato. E le divisioni persistono perché nei cuori la carità è ancora fredda.
La carità riprenderà la sua fiamma, la sua fiamma di calore luminoso, nel dolore, nell'umiltà, nel pentimento, nella preghiera, nella supplica, nell'ardore e nella perseveranza della preghiera. La preghiera è un combattimento con Dio in cui si trionfa per mezzo della forza stessa di Dio. (P.-I. Couturier, Opuscoli )

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

mercoledì 23 marzo 2022

1 Minute Gospel. The code of love

Reading

Matthew 5:17-19

17 “Do not think that I have come to abolish the Law or the Prophets; I have not come to abolish them but to fulfill them. 18 For truly I tell you, until heaven and earth disappear, not the smallest letter, not the least stroke of a pen, will by any means disappear from the Law until everything is accomplished. 19 Therefore anyone who sets aside one of the least of these commands and teaches others accordingly will be called least in the kingdom of heaven, but whoever practices and teaches these commands will be called great in the kingdom of heaven.

Meditation

The iota is the ninth letter of the Greek alphabet, corresponding to the tenth of the Hebrew alphabet (jod), which is the smallest. The Greek term keraia, translated as "sign", means "horn", "apex" and probably indicates the small sign added for decorative purposes to numerous consonants of the Hebrew alphabet. The meaning of Jesus' words is that no detail of the law can be neglected, but it must come to fulfillment.

Jesus is an observant Jew, but at the same time he makes all things new: he reaffirms the ten commandments, but enriches them with the "Sermon on the Mount"; he observes the Sabbath, but does not exempt himself on that day from performing miracles and healings; he defends the ritual purity of the Temple, driving out vendors and money changers, but proclaims the new cult "in spirit and truth"; he celebrates the Jewish Passover, but with his Cross, he inaugurates the new Passover, of which the old one was only a prefiguration.

The "fulfillment" of which Jesus proclaims himself as the creator is the fulfillment of ancient prophecies; he not only brings the moral law to perfection but realizes in himself the incarnation of the ceremonial law, the symbol of his full, perfect, and sufficient sacrifice, made on the cross.

The reference to the law and to the prophets is present, a little further on in Matthew's Gospel, in Jesus' enunciation of the "golden rule": "do to others what you would have them do to you, for this sums up the Law and the Prophets" (Mt 7:12).

Jesus affirms the inerrancy and absolute authority of the Old Testament Scriptures as the word of God. This implies that the New Testament does not supplant the Old, but completes it and explains its meaning. The truth hidden in the ancient scriptures remains valid and now shines in the light of the gospel.

"Natura non facit saltus" stated the ancients: nature does not proceed by steps, but by means of an inclined plane, by progressive additions. So it is for some pages of the Old Testament, which can be "scandalous" for the man of today, steeped in violence, deceptions, and full of precepts that we struggle to understand. But there is a progressiveness of revelation, which leads to the epiphany of Christ.

Those who keep and teach the word of God will be considered great in the kingdom of heaven (v. 19): "every teacher of the law who has become a disciple in the kingdom of heaven is like the owner of a house who brings out of his storeroom new treasures as well as old" (Mt 13:52).

In Jesus we have the fullness of revelation. He does not propose himself as a simple interpreter of the law but places himself above it, as the source of it. Jesus is the Word who became flesh (Jn 1:14), to let us know the code of love, whose yoke is easy and the burden is light.

Prayer

Lord Jesus Christ, help us to recognize you as the norm of life and to conform to you, to progress in love and bear witness to your righteousness. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona



Fermati 1 minuto. Il codice dell'amore

Lettura

Matteo 5,17-19

17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. 18 In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Commento

Lo iota è la nona lettera dell'alfbeto greco, corrispondente alla decima dell'alfabeto ebraico (jod), che è la più piccola. Il termine greco keraia, tradotto con "segno", significa "corno", "apice" e indica probabilmente il piccolo segno aggiunto a scopo decorativo a numerose consonanti dell'alfabeto ebraico. Il senso delle parole di Gesù è che nessun particolare della legge potrà essere trascurato, ma dovrà giungere a compimento.

Gesù è un ebreo osservante, ma allo stesso tempo fa nuove tutte le cose: riafferma i dieci comandamenti, ma li arricchisce con il "discorso della montagna"; osserva il Sabato, ma non si esime in quel giorno dal compiere miracoli e guarigioni; difende la purità rituale del Tempio, scacciando venditori e cambiavalute, ma proclama il nuovo culto "in spirito e verità"; celebra la Pasqua ebraica, ma con la sua Croce inaugura la nuova Pasqua, della quale l'antica era solo una prefigurazione.

Il "compimento" di cui si proclama artefice Gesù è il realizzarsi delle profezie antiche; egli non solo porta a perfezione la legge morale ma realizza in se stesso l'incarnazione della legge cerimoniale, simbolo del suo sacrificio pieno, perfetto e sufficiente, realizzato sulla croce.

Il riferimento alla legge e ai profeti è presente, poco più avanti nel Vangelo di Matteo, nell'enunciazione, da parte di Gesù, della "regola d'oro": "'Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti'" (Mt 7,12).

Gesù afferma l'autorità delle Scritture dell'Antico Testamento come parola di Dio. Ciò implica che il Nuovo Testamento non soppianta l'Antico, ma lo completa e ne spiega il significato. La verità nascosta nelle Scritture ebraiche rimane valida e risplende ora alla luce del vangelo.

Natura non facit saltus affermavano gli antichi: la natura non procede per gradini, ma attraverso un piano inclinato, per progressive integrazioni. Così è per alcune pagine dell'Antico Testamento, che possono risultare "scandalose" per l'uomo di oggi, intrise di violenza, inganni, e piene di precetti che fatichiamo a comprendere. Ma c'è una progressività della rivelazione, che conduce fino all'epifania di Cristo.

Coloro che custodiranno e insegneranno la parola di Dio saranno ritenuti grandi nel regno dei cieli (v. 19): "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52).

In Gesù abbiamo la pienezza della rivelazione. Egli non si propone come semplice interprete della Legge ma si colloca al di sopra di essa, come sua fonte. Gesù è la Parola che si è fatta carne (Gv 1,14), per farci conoscere il codice dell'amore, il cui giogo è dolce e il carico leggero.

Preghiera

Signore Gesù Cristo, aiutaci a riconoscerti come norma di vita e a conformarci a te, per progredire nell'amore e testimoniare la tua giustizia. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona