Lettura
Luca 12,35-38
35 Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; 36 siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. 37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!
Commento
Parlando della fine dei tempi e del ritorno di Gesù, Luca sottolinea per i suoi lettori l'importanza di seguire fedelmente le sue istruzioni nel periodo che precede la parusìa (il ritorno glorioso di Cristo).
Essendo le vesti degli ebrei molto ampie, quando si mettevano in viaggio, lavoravano o andavano in guerra usavano portare cinture per muoversi più liberamente. La cintura ai fianchi (v. 35) diventa così simbolo dell'operosità del discepolo di Gesù.
La veste stretta ai fianchi era anche l'abbigliamento prescritto per la cena pasquale, in previsione dell'esodo nel deserto, verso il quale il popolo di Dio stava per partire (Es 12,11). Non a caso Gesù pronuncia queste parole nell'imminenza della sua passione, dopo aver indurito il suo volto per cammianare verso Gerusalemme (Lc 9,51). Siamo chiamati anche noi ad attraversare il deserto delle prove che attendono ogni credente in questa vita, ad essere associati all'evento pasquale rappresentato dalla passione di Cristo, perchè «certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo» (2 Tim 2,11-12).
Le vesti cinte ai fianchi ci consentono di procedere speditamente, senza sostare nelle nostre fragili sicurezze, e ci impediscono di inciampare nel peccato. Mediante la fede possiamo così superare gli intralci delle nostre barriere mentali.
Le lampade accese rappresentano l'essere in vigile attesa, mediante la fede e la custodia del cuore. Attendere svegli, nelle notti della prova, costa fatica, occorre pazienza, per evitare l'intorpidimento.
Gesù bussa alla nostra porta ogni giorno («Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me»; Ap 3,20) e ogni giorno va da noi accolto con gratitudine, stupore e un'esistenza laboriosa. Il tempo dell'attesa diventa così tempo fecondo e gravido di speranza.
Le parole di Gesù evidenziano la nostra responsabilità personale nell'accoglierlo o nel rifiutarlo. Non è lui ad aprire la porta ma il servo stesso sceglie se aprirgli o rifiutarlo, quand'egli arriva e bussa. Siamo chiamati ad aprire «subito» (v. 36) al Signore quando viene a visitarci, nel corso della nostra vita o al momento della nostra morte.
Gesù annuncia una beatitudine per coloro che lo troveranno svegli al suo ritorno (v. 37). Il padrone che si cinge le vesti è immagine di Dio che si fa servo dell'uomo (cfr. Lc 22,27; Gv 13,1-20; Fil 2,6-8; Ap 19,9). Gesù afferma che «il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti» (Mt 20,28). Ma quando tornerà troverà la fede sulla terra? (Lc 18,8).
- Rev. Dr. Luca Vona