Lettura
Luca 4,31-37
31 Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente. 32 Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. 33 Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: 34 «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». 35 Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. 36 Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?». 37 E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.
Commento
A seguito dell'ostilità riscontrata a Nazaret al principio del suo ministero, Gesù scende verso il lago di Genèsaret, sulle cui sponde è situata la città di Cafarnao. Qui, come il suo solito, di sabato, insegna nella sinagoga. Se a Nazaret gli ascoltatori "erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca" (Lc 4,22) a Cafarnao rimangono colpiti dal suo insegnamento perché parla "con autorità" (v. 31).
Cosa significa questo parlare con autorità? Gesù non si limita, come era consuetudine all'epoca, a richiamare i commenti alle Scritture dei dottori del passato. Egli interpreta personalmente la parola, la rende attuale e ne applica il contenuto profetico su di sé, proprio come a Nazaret si era identificato con il messia annunciato dal profeta Isaia.
Nella sinagoga di Cafarnao la testimonianza sulla verità delle sue parole viene data da un demonio, che lo riconosce come "Santo di Dio" (v. 34). Mentre alcuni dottori della legge, come era accaduto a Nazaret, negano la sua figliolanza divina, i demoni più volte nella narrazione evangelica fanno una professione di fede del tutto ortodossa. Gesù è costretto a metterli a tacere, per evitare che i suoi avversari pensino che egli "caccia i demòni in nome del principe dei demòni" (Mt 12,24).
Quel che sconcerta è proprio la possibilità di riconoscere chi è veramente Gesù, ma di appartenere a un regno a lui del tutto contrapposto. Proprio su questo mette in guardia l'apostolo Giacomo: “Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano!” (Gc 2,19). Lo stesso Pietro, che aveva riconosciuto in Gesù "il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16) riceve dal Signore l'appellativo di "Satana", quando cerca di dissuaderlo dall'affrontare la sua passione. Tutto ciò attesta che la fede proclamata a parole non basta. Gesù ci chiama alla sua sequela, lungo l'itinerario tracciato dalla sua esistenza terrena, nel compimento della volontà del Padre.
L'indemoniato di Cafarnao viene liberato dopo essere stato gettato a terra, davanti a tutti (v. 35); è questa come una immagine dell'umiltà davanti a Dio e davanti agli uomini, che sola può condurci alla liberazione dal male. Nel parallelo passo di Marco si dice che il demonio straziò quell'uomo gridando forte prima di uscire da lui (Mc 1,26), ma qui si specifica che il demonio lo lascia "senza fargli alcun male".
Quando ci affidiamo umilmente nelle mani di Cristo la nostra vita riacquista libertà. Non si tratta di praticare una religiosità cupa e intrisa di sofferenze, né di fare al nostro spirito una violenza sconsiderata, ma di pregustare fin d'ora la pace e la gioia del regno di Dio. Questi avanza, infatti, contro le forze delle tenebre, strappando loro il controllo sull'umanità, finché sarà ristabilita definitivamente la signoria di Dio, con il ritorno del suo Cristo.
Preghiera
Signore Gesù, noi ti riconosciamo come il Figlio di Dio e il re del cielo e della terra; la tua grazia venga in soccorso della nostra debolezza, affinché possiamo professare non solo con la lingua ma anche con le opere la nostra fede. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona