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Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto
Ministro della Christian Universalist Association
Ministro della Christian Universalist Association
venerdì 31 gennaio 2025
Marcella e il monachesimo domestico
Tracce di lettura
Fermati 1 minuto. Hai mai colto l'attimo in cui una pianta cresce?
giovedì 30 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. Gli abbagli del mondo e la luce di Cristo
mercoledì 29 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. Gesù, parola che si è fatta seme
martedì 28 gennaio 2025
Efrem il Siro. La poesia come teologia
Tommaso d'Aquino. Rendere ragione della speranza
Nel 1274, mentre si sta recando al concilio di Lione, muore nei pressi dell'abbazia di Fossanova Tommaso d'Aquino, frate domenicano.
Nato nei pressi di Aquino, vicino a Napoli, Tommaso entrò a circa diciotto anni nell'Ordine dei predicatori. Discepolo di Alberto Magno a Colonia e a Parigi, egli insegnò in queste città e poi a Roma, Bologna e Napoli. Tommaso fu autore di una considerevolissima opera teologica, che lasciò incompiuta, e fu con Bonaventura il più grande pensatore cristiano d'occidente del XIII secolo.

Fermati 1 minuto. Gli uccelli del cielo si annidano tra i suoi rami
lunedì 27 gennaio 2025
Angela Merici. Fondatrice della Compagnia di Sant'Orsola
Fermati 1 minuto. Il discernimento origina dalla purezza del cuore
domenica 26 gennaio 2025
Il ministero della felicità
sabato 25 gennaio 2025
Gregorio di Nazianzo. Un pastore amante della solitudine
La conversione di Paolo, afferrato dalla misericordia
Fermati 1 minuto. Il dovere e la grazia dell'annuncio
Lettura
Marco 16,15-18
15 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Commento
Gesù, che in precedenza aveva chiesto agli apostoli di predicare il vangelo della salvezza alle pecore perdute della casa di Israele (Mt 10,5-6; 15,24), estende ora questa missione nei confronti del mondo intero (v. 15). Undici apostoli non potranno da soli adempiere a un compito così grande, ma insieme ai settandadue discepoli e ad altri che si aggiungeranno loro di generazione in generazione, getteranno il seme del vangelo verso i quattro angoli della terra.
Il "grande mandato" è simile nei Vangeli di Matteo e Marco. Attraverso il battesimo si entra nella Chiesa, la comunità di Gesù-risorto, e la funzione della Chiesa è di evangelizzare "ogni creatura" (v. 15).
I miracoli, che all'inizio della predicazione di Gesù sono stati "segni" per suscitare la fede, divengono ora espressione del regno di Dio che si fa strada nella storia. Quella che viene delineata da Gesù e un'umanità riconciliata: la pacifica convivenza con i serpenti velenosi, la capacità di affrancare dagli influssi del male, la ritrovata comprensione senza che si perda la ricchezza delle differenze, sono i segni di un cielo nuovo e di una terra nuova (Ap 21,1), promessi dal Risorto nel nuovo patto siglato sulla croce.
Pur coltivando il dialogo tra fedi e culture differenti, nella solidarietà suscitata dalla comune natura umana e nel riconoscimento della diversità come benedizione, non può essere trascurata l'urgenza e la responsabilità dell'annuncio evangelico: "guai a me se non predicassi il vangelo!" eslama l'apostolo Paolo (1 Cor 9,16), afferrato dalla misericordia del Risorto.
Annunciare Cristo significa partecipare alla sua missione sacerdotale, per liberare l'uomo da ciò che lo rende schiavo, non lasciarsi danneggiare dalla malvagità di questo mondo ma saperne curare e guarire le ferite.
Preghiera
Rinnova in noi, Signore, il fervore per l'annuncio della tua Parola; affinché possiamo essere dispensatori della tua grazia che salva e guarisce. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
venerdì 24 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. Plasmati secondo la sua volontà
Francesco di Sales e la dolcezza dell'azione pastorale
giovedì 23 gennaio 2025
Menno Simons, i Mennoniti e gli Amish
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Menno Simons (1496-1561) |
Dopo la morte di Simons, i mennoniti iniziarono a frammentarsi. I waterlanders, guidati da Hans de Ries, furono attivi nella guerra d’indipendenza olandese, pur mantenendo principi pacifisti sanciti nella loro Confessione di fede del 1577. Il governo olandese li trattò con tolleranza, concedendo esenzioni e privilegi.
Altri gruppi mennoniti si divisero ulteriormente e molti emigrarono verso est, fino in Russia, dove Caterina la Grande garantì loro libertà religiosa ed esenzione militare. Nel 1693, Jakob Amman fondò gli Amish, oggi presenti soprattutto negli Stati Uniti.
Nel XIX secolo, a causa della leva obbligatoria in Prussia e Russia, i mennoniti emigrarono in massa verso gli Stati Uniti, Canada e Sud America, dove si stabilirono e mantennero i loro principi di fede.
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Giovani donne Mennonite |
Fermati 1 minuto. Lasciare spazio per comprendere
Lettura
Marco 3,7-12
7 Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea. 8 Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui. 9 Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. 10 Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo. 11 Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». 12 Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero.
Commento
Il ritirarsi di Gesù presso il lago di Gennesaret, che segna il confine con i territori pagani, indica la sua definitiva rottura con la sinagoga e l'apertura del suo messaggio a tutti i popoli. Le folle che lo seguono testimoniano la sua grande fama, nonostante l'ostilità dei farisei e degli erodiani.
La folla è tale che rischia di schiacciare Gesù, le persone si gettano addosso a lui, come indica il verbo greco thlibo, il cui significato è stringere creando un senso di oppressione. Gesù "si difende" salendo su una barca. A volte anche chi ha fede costringe Dio dentro categorie che ne fanno quasi un "idolo", con una devozione che guarda solo alla ricerca del miracolo.
Gesù ha pietà anche di queste folle di uomini "semplici" e afflitti. I mali da cui cercano la guarigione coloro che si gettano addosso a lui sono letteralmente "piaghe" (gr. mastigas), termine con il quale si indicavano diverse patologie, ma che può essere inteso anche con il significato di "correzione, castigo". Come le piaghe inviate agli egiziani e quelle descritte nel libro dell'Apocalisse, si tratta di mali inviati da Dio per sollecitare il ravvedimento.
I demòni riconoscono l'identità di Gesù, ma pur temendola, non si sottomettono ad essa. Dio ci chiama a stabilire una relazione con lui, a crescere nella carità e non solo nella conoscenza intellettuale del suo mistero. Per quanto ricca possa essere la nostra cultura teologica non varrà a niente se l'ortoprassi non sarà all'altezza dell'ortodossia.
Gesù riprende i demòni, intimandogli di non rivelare la sua identità; egli vuole essere accolto dagli uomini non per la testimonianza degli spiriti maligni ma per le proprie opere e per le proprie parole, che proclamano chiaramente chi egli è. Per questo ristabilisce una distanza dalle moltitudini; una distanza piena di sollecitudine, ma in grado di lasciare spazio a una considerazione più attenta e meditata, meno "istintiva", sulla sua persona.
Preghiera
Donaci, Signore, di cercarti con cuore puro; affinché possiamo accoglierti come colui che con le proprie piaghe è venuto a sanare le ferite prodotte in noi dal peccato. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
mercoledì 22 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. Non un pugno chiuso ma una mano tesa
Lettura
Marco 3,1-6
1 Entrò di nuovo nella sinagoga. C'era un uomo che aveva una mano inaridita, 2 e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. 3 Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: «Mettiti nel mezzo!». 4 Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». 5 Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: «Stendi la mano!». La stese e la sua mano fu risanata. 6 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
Commento
Gesù entra nella sinagoga di Cafarnao. Qui trova l'occasione per chiarire ulteriormente il senso del sabato, contro la polemica dei farisei appena avvenuta per le spighe strappate dai discepoli per sfamarsi. La sua predicazione avviene più con le opere che con le parole. Vi è un uomo con una mano paralizzata ed egli lo invita a mettersi nel centro della sala di culto. Quest'uomo è posto di fronte ai farisei quasi come simbolo della loro paralisi dottrinale e del legalismo cui hanno reso soggetto il popolo di Dio.
I dottori della legge non hanno né pietà per il malato, né devozione per colui che può guarirlo, così anziché intercedere stanno a guardare, con occhio malevolo, per accusare Gesù di aver violato il riposo sabbatico.
La domanda di Gesù se sia lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla (v. 4) non può che avere un'unica risposta per colui che è realmente guidato dalla pietà religiosa. Ma nessuno parla, e quel silenzio che spesso è complice dell'ingiustizia, suscita in Gesù indignazione e tristezza. In controluce c'è la durezza di cuore dei farisei (v. 5), il rigore della dottrina che anestetizza ogni emozione.
Gesù guarisce l'uomo dalla mano inaridita con un comando semplice e diretto "Stendi la mano!"; e l'uomo "la stese e la sua mano fu risanata" (v. 5). Cristo, investito di autorità dal Padre, è parola che non ritorna mai a Dio senza effetto (Is 55,11).
Le mani tenute legate dalla Legge, vengono sciolte per poter compiere il bene e coltivare il seme della grazia. I farisei - rappresentanti dell'ortodossia religiosa - e gli erodiani - difensori del potere statale - pur divisi in opposte fazioni, trovano un comune interesse nella volontà di far morire Gesù (v. 6), avvertito come un elemento di sovversione del loro desiderio di prevaricazione politica e religiosa.
Ma il potere sovversivo di Gesù passa attraverso un "depotenziamento", una spoliazione del Figlio di Dio, fino alla morte di croce (Fil 2,8), in modo da aprire, lungo le vie oscure della nostra umanità sofferente, la via per la risurrezione.
Preghiera
Insegnaci, Signore, a non anteporre nulla a te; la nostra fede possa essere non un pugno chiuso per ferire, ma una mano aperta per ricevere la tua grazia e tesa per donare al nostro prossimo. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
martedì 21 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. L'uomo, prima del precetto
Lettura
Marco 2,23-28
23 In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. 24 I farisei gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?». 25 Ma egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? 26 Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?». 27 E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! 28 Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».
Commento
Secondo i rabbini quello del riposo del sabato, in onore del giorno in cui Dio si riposò dopo l'opera della creazione (Gen 2,3), è il comandamento più importante: osservarlo correttamente significa compiere tutta la legge. Di conseguenza la violazione del sabato viene considerata alla stregua dei peccati peggiori (idolatria, incesto, omicidio).
Il semplice comandamento contentuto nel libro dell'Esodo (Es 34,21) e nel Deuteronomio (Dt 5,12-15) è stato esteso dai maestri ebrei fino a includere trentanove tipi di lavori proibiti, a loro volta suddivisi in trentanove classi, per un totale di 1521 lavori proibiti. L'opposizione di Gesù è contro questi eccessi della legislazione sabbatica, contro le "dottrine che sono precetti di uomini" (Mt 15,9).
Contrariamente a quanto rimproverato dai farisei, ai viaggiatori che non avevano abbastanza cibo era consentito cibarsi raccogliendo le spighe per strada (Dt 23,24-25). L'opposizione dei farisei è, dunque, non solo maliziosa, ma anche ingiustificata.
L'episodio di Davide che con i suoi compagni mangiò i pani dell'offerta è ripreso dal primo libro di Samuele (1 Sam 21,2-7) e non riguarda la violazione del riposo sabbatico, ma viene qui inserito per dimostrare che la violazione della legge è possibile in quanto gli uomini di Davide, in fuga da Saul, erano senza cibo. I pani dell'offerta erano i dodici pani presentati al Signore nel tempio, sostituiti ogni sabato (Lv 24,5-9) e che potevano essere mangiati solo dai sacerdoti.
La legge del sabato, stabilita da Dio per il riposo del corpo, non può andare contro le necessità del corpo, nostre o del prossimo. Ecco perché Gesù compie molte guarigioni anche in giorno di sabato. Egli riafferma l'intenzione divina del sabato, giorno di riposo "fatto per l'uomo" (v. 27), come beneficio verso Israele, in contrapposizione alla tradizione restrittiva dei farisei nell'interpretare la legge.
L'uomo non è stato fatto per il sabato ma per onorare e servire Dio. Il significato del commento finale, "il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato" (v. 29) è che la violazione del sabato è giustificata in forza dell'autorità stessa di Gesù, che ripristina l'autentica legge di Dio, respingendo le tradizioni umane che rendono schiavo l'uomo e ristabilendo il sabato come giorno di benedizione.
Le restrizioni del sabato vengono meno con la giustificazione operata da Cristo nella sua morte e risurrezione, così che il giorno del Signore, spostato dai cristiani alla domenica, diventerà il giorno in cui celebrare il suo sacrificio di salvezza e rendere a lui onore. Il vangelo della grazia ci libera dal timore della Legge per servire Dio con amore, in risposta alla sollecitudine che egli ha mostrato per noi, nel crearci, custodirci e redimerci nel suo Figlio.
Questo il senso dei "comandamenti": una guida per insegnarci ad amare Dio, non sotto il giogo degli schiavi, ma con responsabilità e sapendo guardare l'uomo e i suoi bisogni prima di ogni precetto.
Preghiera
Signore Dio, che ci hai liberati dalla schiavitù del peccato, insegnaci ad amarti mostrandoci solleciti verso le necessità del nostro prossimo; affinché possiamo giungere al riposo senza fine del tuo sabato eterno. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
Agnese, la mitezza che sconfigge le potenze del mondo
Nella seconda metà del III secolo, il 21 gennaio di un anno a noi ignoto, muore martire a Roma Agnese, appena tredicenne. La sua grande forza d'animo, che le derivava secondo gli agiografi da una fede incrollabile a dispetto della sua fragilità di adolescente e della sua esile figura, ne fecero una delle martiri più famose di tutta la cristianità. La sua Passio, giunta a noi nelle versioni greca, latina e siriaca del V secolo, era già conosciuta da tutti i grandi padri della chiesa. Ambrogio, Agostino, papa Damaso, Girolamo, Massimo di Torino, Gregorio Magno, Beda il Venerabile, Prudenzio, e poi i poeti carolingi, e infine Jacopo da Varagine, offriranno dei ritratti toccanti della giovane Agnese, fondati tutti su una tradizione orale di antichissima memoria.Anche l'iconografia della santa ebbe uno sviluppo enorme. Nelle immagini, soprattutto medievali, Agnese appare con a fianco un agnello, a ricordo del suo nome e del sogno avuto, secondo la leggenda otto giorni dopo la sua morte, dai suoi genitori che la videro insieme ad altre martiri sfilare accanto a un agnello senza macchia (cf. 1 Pt 1,19). Sul luogo della sua deposizione fu edificata, una basilica che, più volte rimaneggiata, fu in seguito ricostruita in stile bizantino e che ancor oggi è una delle principali chiese di Roma. Il nome di Agnese è ricordato nel Canone romano, la principale preghiera eucaristica della chiesa latina.
- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose
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Sant'Agnese (III sec.), mosaico, Roma |
lunedì 20 gennaio 2025
Fermati 1 minuto. Digiunare durante le nozze?
Lettura
Marco 2,18-22
18 Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. 21 Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».
Commento
I discepoli di Giovanni, probabilmente, come i farisei osservavano la pratica in uso ai tempi di Gesù di digiunare due volte a settimana (Lc 18,12); in realtà la legge levitica prevedeva un solo digiuno l'anno nel giorno dell'espiazione (Lv 16,29.31).
L'immagine del banchetto nuziale - nettamente in contrasto con la pratica del digiuno - esprime un nuovo rapporto d'amore tra Dio e il suo popolo nella persona e nella missione terrena di Gesù. Gli invitati a nozze (v. 19) sono qui letteralmente "i figli del talamo", semitismo per indicare gli amici che accompagnano e aiutano lo sposo nei preparativi e nella cerimonia.
Nell'Antico Testamento l'immagine di Dio come sposo è presente nel libro di Isaia (Is 1,21-23; 49,14-16), mentre nella letteratura patristica abbondano le interpretazioni allegoriche del Cantico dei cantici, considerato come dialogo tra Dio e la Chiesa, sua sposa.
Il verbo greco apairomai, in riferimento allo sposo che sarà tolto agli invitati a nozze (v. 20), significa letteralmente "strappare", e preannuncia la fine violenta di Gesù.
La presenza del Messia è un evento così gioioso che non lascia spazio per il digiuno; ma nel tempo della Chiesa ci sarà spazio anche per questo. Gesù offre nel "discorso della montagna" (Mt 5-7) una spiegazione su come dovranno digiunare i suoi discepoli: con discrezione, senza apparire sfigurati in volto, profumandosi il capo, affinché possano essere ricompensati solo dal Padre che vede nel segreto (Mt 6,16-18).
Gesù non disdegna gli inviti alla ricca tavola dei pubblicani e dei peccatori, è infatti per loro che è venuto come medico (Mc 2,15-17); tuttavia, l'episodio della spigolatura (Mc 2,23) e la modalità con cui invia i suoi discepoli a predicare "senza bisaccia" (Lc 10,4) dimostrano l'assunzione di un regime alimentare povero e fiducioso nella provvidenza divina.
Gesù raccomanda il digiuno anche per scacciare gli spiriti malvagi più "resistenti" alla preghiera e agli esorcismi: "Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo se non con il digiuno e la preghiera" (Mc 9,29).
Il digiuno è ormai un "tabù" nelle chiese occidentali, tanto in quella cattolica e ancor più in quelle protestanti. In queste ultime viene generalmente rigettato per il suo - reale - rischio di essere concepito come pratica per "accumulare meriti" e contraria al vangelo della grazia. Tuttavia, non mancano eccezioni: il Book of Common Prayer anglicano prescrive numerosi giorni di digiuno, mentre John Wesley, fondatore del metodismo, digiunava tutti i mercoledi e venerdi dell'anno.
Al di là delle prescrizioni, è venuta meno la pratica diffusa del digiuno, che potrebbe avere una importante valenza pedagogica. Si tratta di riscoprire la sua capacità di farci comprendere che non si può avere tutto e subito, educandoci alle rinunce che la vita, in differenti modi e tante volte, ci chiede.
Ma il vero digiuno è soprattutto condividere il pane con l'affamato, soccorrere l'orfano e la vedova, dare il proprio contributo affinché la giustizia sia ristabilita sulla terra.
Preghiera
Si compiano, Signore, le tue nozze con la Chiesa, tua sposa; affinché possiamo gioire nel banchetto celeste, quando non ci sarà più fame e tu stesso sarai la sorgente della vita. Amen.
- Rev. Dr. Luca Vona
Richard Rolle e "L'incendio d'amore"
La Chiesa Anglicana fa oggi memoria di Richard Rolle (circa 1300-1349), mistico cristiano, scrittore e poeta inglese, considerato una delle figure più influenti della spiritualità medievale. Nato probabilmente a Thornton-le-Dale, nello Yorkshire, Rolle abbandonò gli studi universitari a Oxford per dedicarsi a una vita eremitica e contemplativa, cercando una più profonda unione con Dio.
La sua opera si distingue per il linguaggio accessibile e per l'intensa descrizione delle esperienze mistiche, caratterizzate da visioni e da una percezione sensoriale della presenza divina, spesso espressa in termini di calore (calor), dolcezza (dulcor) e canto (canor). Tra i suoi scritti più noti vi sono The Fire of Love e The Mending of Life, opere che trattano di meditazione, preghiera e trasformazione spirituale.
Rolle scrisse sia in latino che in inglese, contribuendo alla diffusione della spiritualità cristiana tra i laici. La sua influenza fu significativa anche per la successiva tradizione mistica inglese, come quella di Giuliana di Norwich e dell'autore della Nube della non conoscenza. Morì nel 1349, probabilmente vittima della peste nera.
Tracce di lettura
E così, quando sentii per la prima volta questo calore, pensai che fosse un fuoco fisico acceso nel mio petto. E mi alzai e mi toccai per vedere se fosse così. Ma quando mi resi conto che non era un fuoco naturale, mi sedetti di nuovo, completamente sopraffatto dalla gioia e dal conforto. Da quel momento, la dolcezza incommensurabile crebbe così tanto nel mio cuore che, se fosse stata ancora più intensa, non avrei potuto sopportarla. E allora mi sembrava di essere già in paradiso. Oh, come è meraviglioso sentire Dio nel cuore! Questa dolcezza è inesprimibile, eppure è una tale consolazione che io non scambierei un'ora di essa con tutto il piacere terreno. Essa accende l'anima, la purifica, e la solleva verso Dio, rendendola capace di amarlo sempre di più. (Richard Rolle, L'incendio d'amore)