Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

sabato 11 novembre 2023

Assidui e concordi nella preghiera. Commento al Salterio - Salmo 21,1-23

Lettura

Salmi 21,1-23

1 Al maestro del coro. Sull'aria: «Cerva dell'aurora».
Salmo. Di Davide.

2 «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza»:
sono le parole del mio lamento.
3 Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
4 Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5 In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6 a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.
7 Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8 Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9 «Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico».
10 Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
11 Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12 Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.
13 Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14 Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
15 Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16 È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
17 Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18 posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
19 si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
20 Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21 Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22 Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
23 Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.

Commento

Il Salmo 21 è particolarmente caro alla tradizione cristiana perché con le sue parole iniziali, nella versione aramaica, Gesù pronunciò la sua supplica sulla croce «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46; Mc 15,34). L'interpretazione messianica appare non solo nelle formali citazioni degli evangelisti ma dall'unanime commento dei padri della chiesa e dalla coscienza cristiana di tutti i tempi. Anche i commentari rabbinici medievali, noti come Yalkut, assegnano al Salmo una valenza messianica.

Ma per comprendere bene la citazione di Cristo bisogna tener presente che il componimento, pur essendo dominato da una potente lamentazione (vv. 2-22) comprende anche un ringraziamento gioioso, in cui si loda Dio, che si è schierato dalla parte delle vittime (vv. 23-27). La parte finale (vv. 28-32) è un inno in onore del Signore, re universale.

Il grido angosciato con cui si apre il Salmo è segnato dal silenzio di Dio e sul senso della sua lontananza. Memore della rassicurante presenza del Signore in mezzo al suo popolo (vv. 4-6) e dei segni della sua materna protezione verso di lui (vv. 10-11), il salmista non sa spiegarsi perché in un momento di grande prova fisica e morale, Dio non gli sia vicino a sostenerlo, tanto da farlo sentire "abbandonato" (v. 2).

Il senso di abiezione, abbandono ed esclusione dal consesso umano che il salmista vuol comunicare è ben espresso dalle parole con cui egli si contrappone ai padri di Israele che sperarono in Dio e furono liberati: «ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo» (v. 7). Le parole richiamano le sofferenze del servo di JHWH (Is 53,3) e del profeta Geremia (Ger 15,15; 18,20; 20,8; 49,15). I nemici del salmista lo scherniscono, sfidando persino Dio a venirgli in soccorso, per dimostrare la sua benevolenza verso di lui (v. 9).

A questo quadro desolante fa da contrasto la tenerezza di Dio (v. 10): chi ha ricevuto da lui tante materne cure fin dalla nascita non può ora essere lasciato solo in tanta sventura. Per questo, nonostante sia sfinito e ridotto allo stremo, il  povero del Signore riesce ancora a chiamare Dio «mia forza».

I nemici del salmista vengono poi raffigurati con sembianze di animali: tori (vv. 14.22), cani (vv. 17.21), bufali (v. 22), per simboleggiare la ferocia con cui si accaniscono contro di lui. 

Il Salmo prosegue con un senso di impotenza e angoscia assoluta che pervade l'animo del salmista di fronte all'inarrestabile avanzata dei "nemici" (la  malattia, il dolore, le avversità, l'odio dei malvagi). Ma diversamente che in altri salmi, qui non c'è ribellione né richiesta di vendetta. A Dio, che lo sta così duramente provando ("su polvere di morte mi hai deposto"; v. 16) egli si rivolge soltanto con la preghiera di non stargli lontano (vv. 12.20).

I vv. 17-19 ("hanno forato le mie mani e i miei piedi"; "si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte") sono richiamati nella descrizione della passione di Gesù fatta dai Vangeli (Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,24.37).

Come uno scorcio di luce che si apre nel cielo, fa poi la comparsa il tema della lode (v. 23). Fiducioso della salvezza che otterrà da Dio il salmista si propone di ringraziarlo nell'assemblea liturgica pubblica, per diffondere il messaggio della benevolenza ottenuta.

- Rev. Dr. Luca Vona