Lettura
Salmi 15
1 Miktam. Di Davide.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
2 Ho detto a Dio: «Sei tu il mio Signore,
senza di te non ho alcun bene».
3 Per i santi, che sono sulla terra,
uomini nobili, è tutto il mio amore.
4 Si affrettino altri a costruire idoli:
io non spanderò le loro libazioni di sangue
né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi.
5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
6 Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi,
è magnifica la mia eredità.
7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
8 Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.
9 Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
10 perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.
11 Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Commento
Il significato della parola Miktam, che introduce il componimento poetico, rimane oscuro. Il Salmo 15 potrebbe essere stato composto da un sacerdote. Infatti egli usa il linguaggio dell'"eredità divina" (vv. 5-6): alla tribù sacerdotale di Levi non fu assegnato da Dio un territorio proprio nella spartizione della terra promessa (cfr. Dt 10,9; Gs 13,14), perché il Signore stesso rappresentava la sua eredità; essa viveva attorno al tempio e dei suoi proventi.
Più che una porzione di ricchezze materiali destinata a una specifica classe, il Signore, fonte di ogni bene, è l'eredità per ogni uomo e ogni donna che confidano in lui. Il "calice" è un'immagine di abbondanza e salvezza, che ricorre anche nel Salmo 115 (Sal 115,13).
Animato dalla gioia data dal "possesso di Dio" («Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene»; v. 2) l'orante condanna l'idolatria (v. 4). Il consiglio che egli riceve da Dio (v. 7) è la conoscenza che guida sulla via della vita (v. 11); nel testo ebraico l'ammonimento viene dai "reni", che rappresentano nella letteratura biblica la parte più profonda dell'essere umano, sede della vita morale e volitiva (cfr. Ger 12,2; Gb 19,27).
Ponendosi alla presenza del Signore il salmista può esclamare "gioisce il mio cuore", "esulta la mia anima", "riposa il mio corpo" (v. 9). L'integrità della persona è resa partecipe dell'esperienza della grazia.
L'orante osa lanciare una sfida alla morte ("non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione"; v. 10). Pietro nel suo discorso di Pentecoste (At 2,22-36) e Paolo in quello di Antiochia di Pisidia (At 13,16-43) applicheranno le parole di questo Salmo al Cristo risorto. Ma la preghiera del salmista può essere fatta propria da ogni persona che abbandonandosi a Dio può pregustare la dolcezza senza fine che la attende al di là del tempo.
- Rev. Dr. Luca Vona