Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

lunedì 31 ottobre 2022

1 Minute Gospel. "Your" and "the other"

Reading

Luke 14:12-14

12 Then Jesus said to his host, “When you give a luncheon or dinner, do not invite your friends, your brothers or sisters, your relatives, or your rich neighbors; if you do, they may invite you back and so you will be repaid. 13 But when you give a banquet, invite the poor, the crippled, the lame, the blind, 14 and you will be blessed. Although they cannot repay you, you will be repaid at the resurrection of the righteous.”

Comment

Reversing the common custom, Jesus exhorts to invite the unhappy and the poor as guests, who will never be able to reciprocate: it is only in this way that we will receive the most important reward, the divine one, in the final resurrection.

The disciple of Jesus must wait to be exalted, but the expectation must be animated by a generous and charitable spirit. Jesus asks to go beyond family ties, friendship, and interest (the "rich neighbors"; v. 12), to reach "the poor, the crippled, the lame, the blind", those who lack the most elementary things: a minimum of wealth for living with dignity; someone who supports them in their uncertain pace; eyes capable of offering guidance. These are categories that encompass different types of material and spiritual poverty.

Jesus associates this behavior with a real and proper beatitude ("you will be blessed"; v. 14). Only the logic of disinterested love makes it possible to leave a circle of belonging that risks being exclusionary ("your"... friends... brothers... relatives; v. 12), even "suffocating". The encounter with the "other", in the joy of sharing, leads us out of self-referential solitude, allowing us to anticipate the fruits of the resurrection right from now.

Prayer

Maintain in us, o Lord, a generous soul; so that we can recognize you in every needy one, to be filled with your grace and your heavenly blessing. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. "I tuoi" e "gli altri"

Lettura

Luca 14,12-14

12 Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Commento

Capovolgendo l'usanza comune Gesù esorta a invitare come ospiti gli infelici e i poveri, che non potranno mai ricambiare: è solo per questa via che riceveremo la ricompensa più importante, quella divina, nella risurrezione finale.

Il discepolo di Gesù deve aspettare per essere esaltato, ma la sua attesa deve essere animata da uno spirito generoso e caritatevole. Gesù chiede di oltrepassare i vincoli familiari, di amicizia e di interesse ("i ricchi vicini"; v. 12), per raggiungere "poveri, storpi, zoppi, ciechi", coloro ai quali mancano le cose più elementari: un minimo di ricchezza per vivere dignitosamente, qualcuno che li sostenga nel loro incerto incedere, occhi capaci di offrire una guida. Sono categorie che racchiudono differenti tipi di povertà materiale e spirituale.

Gesù associa a questo comportamento una vera e propria beatitudine ("sarari beato"; v. 14). Solo la logica dell'amore disinteressato consente di uscire da una cerchia di appartenenza che rischia di essere escludente ("i tuoi"... amici... fratelli... parenti; v. 12), persino "soffocante". L'incontro con l'"altro", nella gioia della condivisione, conduce fuori dalla solitudine autoreferenziale, consentendo di pregustare fin da ora i frutti della risurrezione.

Preghiera

Sostieni in noi, Signore, un animo generoso; affinché possiamo riconsocerti in ogni bisognoso, per essere ricolmati della tua grazia e della tua benedizione celeste. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

domenica 30 ottobre 2022

Coraggio, alzati

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DICIANNOVESIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

O Dio, poiché senza di te non siamo capaci di compiacerti; concedi, misericordioso, ai nostri cuori, di essere guidati dal tuo Santo Spirito. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

Ef 4,17-32; Mt 9,1-8

La vita nella fede è una esperienza di rinascita e di guarigione radicale. L'aspetto di rinascita, predicato da Gesù nel dialogo notturno con Nicodemo è approfondito da Paolo nella sua lettera agli Efesini, nell'ottica di una esortazione che va oltre il senso semplicemente morale del discorso, facendosi descrizione di ciò che Dio opera nel credente.

Il passo del Vangelo di Matteo, che in maniera più sintetica dei paralleli di Marco e di Luca descrive la guarigione del paralitico, offre una lettura dell'esperienza cui conduce l'incontro con Cristo, il quale ha autorità di rimettere i peccati sulla terra, sanando radicalmente la nostra natura umana.

La sottolineatura della capacità di Gesù di rimettere i peccati in terra indica la chiara proclamazione della sua natura divina. Fino ad allora, infatti, i credenti israeliti avevano confidato in una remissione dei peccati in cielo, da parte di Dio, che solo poteva operarla efficacemente.

Mentre i profeti, i discepoli e gli apostoli operarono i miracoli nel nome e per l'autorità di Dio, Gesù non ha bisogno di chiedere a Dio il potere di farli; egli compie i miracoli nel suo proprio nome.

Il racconto ci fa intendere che molti dei presenti non mancano di individuare la potenza divina in questo miracolo, ma gli sfugge il fatto che Cristo stesso l'ha operato nel proprio nome: "Io ti dico" riferiscono i passi paralleli di Marco e Luca. È in questo "Io", in questa formula indicativa, che si esprime la novità radicale del messaggio evangelico. Gesù non è semplicemente un profeta, un riformatore religioso, un guaritore. Egli è il Dio con noi, l'Emmanuele annunciato dai profeti dell'Antico Testamento.

Gesù comanda al paralitico non solo di alzarsi in piedi ma anche di tornare a casa sua portando via il suo lettino. Il segno della malattia che lo ha costretto per lungo tempo all'immobilità, rimane come testimonianza della radicale svolta che l'incontro di Cristo ha determinato nella sua vita. Gesù rimette i nostri peccati ma non cancella in noi il ricordo di essi, affinché possiamo avere sempre davanti ai nostri occhi il prevalere della sua grazia sul peccato. 

Esaminando il racconto di questo miracolo non bisogna sorvolare sul ruolo importante degli amici, che intercedono per il paralitico (nel passo parallelo di Marco e Luca fino ad arrampicarsi sul tetto della casa in cui sta predicando Gesù, per aprire un varco e calare l'amico al centro della stanza). La carità fraterna ha un ruolo importante nel muovere a compassione Gesù.

Paolo esorta "nel nome del Signore" (Ef 4,17), ovvero con autorità, con l'autorità che deriva da Cristo stesso e dal suo vangelo, a non camminare nella vanità della propria mente; letteralmente "nella vacuità ed estranei alla vita di Dio". La vita "pagana" è vita che si aggrappa a ciò che è vuoto, impermanente e che offusca la ragione. L'estraneità alla vita di Dio non è semplicemente il non condurre una vita da "persone per bene", ma il privarsi di un'esistenza vissuta in pienezza.

La vita di Dio è la vita - come dice Teodoro di Beza - qua Deus vivit in suis (che Dio vive in se stesso); la vita spirituale accende nei credenti la vita stessa di Dio. La vita di Dio, insomma non è semplicemente la vita onesta e virtuosa, ma è la vita che viene dall'alto, la rinascita per opera dello Spirito Santo, che porta con sé il germe della pace, della gioia, dell'eternità.

Paolo ci esorta a essere rinnovati "per rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio". Questa identità nuova, questo rinnovamento non solo della personalità ma dell'intera natura umana, non è opera dell'uomo: è una creazione, un'opera di Dio (Ef 4,24).

Gesù viene in nostro soccorso, e ci consente di levarci dal nostro giaciglio, di lasciarci guarire, rinnovare, creare a immagine di Dio.

- Rev. Dr. Luca Vona

venerdì 28 ottobre 2022

Simone e Giuda. «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi?»

Il 28 di ottobre la Chiesa d'Occidente (Anglicani, Cattolici, Luterani, Veterocattolici) e i cristiani siro-orientali celebrano la festa liturgica degli Apostoli Simone e Giuda.

Simone e Giuda appaiono agli ultimi posti nelle liste degli apostoli e per questo assomigliano agli operai chiamati all'ultima ora, che hanno tuttavia portato a termine la loro missione di testimoni del vangelo fino al martirio. Ma, come spesso capita nella storia della salvezza testimoniata dalle Scritture, è proprio agli ultimi e ai più marginali fra gli uomini che Dio sceglie di rivelarsi. 

San Simone

Simone, da Luca soprannominato Zelota (Lc 6, 15; At 1, 13), forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, che utilizzava anche la violenza come pratica politica, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo (Mt 10, 4; Mc 3, 18).

San Giuda "Taddeo"

Giuda è detto Taddeo (Mt 10, 3; Mc 3, 18) o Giuda di Giacomo (Lc 16, 16; At 1, 13). Nell’ultima cena rivolse a Gesù la domanda: «Signore come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù gli rispose che l’autentica manifestazione di Dio è riservata a chi lo ama e osserva la sua parola: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Una lettera del Nuovo Testamento porta il suo nome.

La loro festa il 28 ottobre è ricordata dal calendario geronimiano (sec. VI). In questo stesso giorno si celebra a Roma fin dal sec. IX.

Tracce di lettura

«Simone, l'uomo che è la pietra, Matteo il pubblicano, Simone lo zelota, zelante nel cercare il diritto e la legge contro l'oppressione pagana, Giovanni, che Gesù aveva caro e che si appoggiò al suo petto, e gli altri, dei quali abbiamo solo il nome, e infine Giuda Iscariota, che lo tradì: nessuna ragione al mondo avrebbe potuto collegare questi uomini alla stessa opera al di fuori della chiamata di Gesù. Qui fu superata ogni precedente divisione e fu fondata la nuova, salda comunità in Gesù».

- D. Bonhoeffer, Sequela

Fermati 1 minuto. Li chiamò apostoli

Lettura

Lc 6,12-19

12 In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. 13 Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: 14 Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15 Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, 16 Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. 17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. 19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

Commento

Gesù scelse come apostoli chi volle, ma non scelse arbitrariamente, né superficialmente. Scelse dopo aver a lungo pregato, tutta la notte. L'evangelista Luca presenta spesso Gesù in preghiera prima dei momenti importanti della sua vita. 

La Chiesa nasce dopo quella notte di preghiera di Gesù e mediante la nostra preghiera può crescere e prosperare. I Dodici ricevono una missione nella missione; non uno status di privilegiati, ma una speciale chiamata a servire con maggiore sollecitudine. Questo sarà il senso di un'altra chiamata da parte di Gesù, poco prima della sua passione: "Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti»" (Mc 10,42-43).

Gesù sceglie i suoi chiamandoli per nome. L'evangelista non aggiunge alcuna loro descrizione; ma il chiamare per nome è certamente testimonianza del fatto che egli si rivolse alla persona nelle sue qualità distintive, i suoi pregi e le sue debolezze, così come nelle differenze, spesso enormi, che incorrevano tra i chiamati. 

Diversi, ma tutti tenuti insieme, ad eccezione di Giuda "il traditore", dall'amore di Cristo. Il chiamare per nome, fin dalla Genesi - quando Dio invita Adamo a dare un nome a ogni creatura - indica l'autorità su di essi e un'intima relazione spirituale. Gesù li chiamò "apostoli", ovvero "inviati", perché erano destinati non a creare delle scuole rabbiniche o filosofiche ma a predicare il vangelo a tutte le nazioni. 

Dopo essere salito al monte per attirare a sé gli apostoli Gesù discende subito "in un luogo pianeggiante" (v. 17) e in questo abbassamento si fa loro maestro, non temendo di toccare e di farsi toccare dalle moltitudini bisognose di salvezza e di guarigione.

Eppure questo loro compito non inizierà prima di avere accompagnato Gesù nella sua missione terrena ed essere stati confermati dal Risorto. Allora diventeranno capaci di portare l'annuncio della grazia fino agli estremi confini della terra.

Preghiera

Signore Gesù Cristo, tu ci chiami per nome per salvarci e farci annunciatori della salvezza. Concedici di ricercare sempre la volontà del Padre nella preghiera fervente e prolungata. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

giovedì 27 ottobre 2022

Fermati 1 minuto. La maternità di Dio

Lettura

Luca 13,31-35

31 In quello stesso momento vennero alcuni farisei a dirgli: «Parti, e vattene di qui, perché Erode vuol farti morire». 32 Ed egli disse loro: «Andate a dire a quella volpe: "Ecco, io scaccio i demòni, compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avrò terminato". 33 Ma bisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
34 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! 35 Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"»

Commento

L'avvertimento dei farisei a Gesù può essere interpretato come una effettiva volontà di metterlo in guardia dal pericolo di essere ucciso e, in questo caso, sarebbe l'unica nota positiva su di loro nel Vangelo di Luca; ma molti esegeti vedono nelle loro parole la volontà di allontanare Gesù dalla Galilea per mandarlo in Giudea, dove, realmente, avrebbe corso il pericolo di essere messo a morte dal sinedrio.

Quel che appare evidente è la risposta ferma di Gesù, che resta fedele nel portare a compimento la volontà di Dio, manifestando l'instaurazione del Regno attraverso esorcismi e guarigioni. Con la sua autorità profetica e messianica Gesù definisce Erode una volpe, animale che nell'Antico Testamento è associato alla devastazione della vigna del Signore, ma nella letteratura rabbinica, stante la sua limitata pericolosità, era utilizzata anche per simboleggiare una persona di scarso valore. 

Gesù si ostina a proseguire nel suo cammino, rifiutando di far disegnare il suo itinerario dalla paura. Egli è mosso da amore per Geruslamme, che dopo aver rifiutato tanti profeti si appresta a metterlo a  morte. Qui utilizza una immagine di grande originalità e bellezza nella letteratura biblica: quella di una chioccia che raccoglie i suoi pulcini sotto le ali. 

L'immagine dell'amore materno è ricorrente nella spiritualità cristiana. Sì, Dio è madre; e il suo amore, come quello di una madre, è sollecito, incondizionato. Spetta a noi farci trovare dalla sua grazia.

Preghiera

Infondi nei nostri cuori, Signore, il coraggio di desiderare quanto ci hai comandato e la grazia di portarlo a compimento. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Assidui e concordi nella preghiera. Commento al Salterio - Salmo 13

Lettura

Salmi 13

1 Al maestro del coro. Di Davide.
Lo stolto pensa: «Non c'è Dio».
Sono corrotti, fanno cose abominevoli:
nessuno più agisce bene.
2 Il Signore dal cielo si china sugli uomini
per vedere se esista un saggio:
se c'è uno che cerchi Dio.
3 Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti;
più nessuno fa il bene, neppure uno.
4 Non comprendono nulla tutti i malvagi,
che divorano il mio popolo come il pane?
5 Non invocano Dio: tremeranno di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
6 Volete confondere le speranze del misero,
ma il Signore è il suo rifugio.
7 Venga da Sion la salvezza d'Israele!
Quando il Signore ricondurrà il suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele.

Commento

Il salmista rappresenta il desolato quadro di una corruzione generale, causata dal rifiuto di Dio. Secondo un motivo frequente nei Salmi la figura dello "stolto" (ebr. nabal) è contrapposta a quella del "saggio" da lui perseguitato. Stoltezza e saggezza non hanno nei salmi un significato intellettuale, come nelle lingue  moderne, ma si riferiscono alla dimensione religiosa ed esistenziale. Stoltezza e giustizia assumono così un significato estremamente pratico.

Secondo le parole del salmo il bene nasce dalla ricerca di Dio e dalla relazione che si stabilisce con lui. Se cade questo rapporto manca ogni presupposto per agire rettamente. L'affermazione "non c'è Dio", riferita al pensiero degli empi, non indica una forma di ateismo teorico (l'inesistenza di Dio sul piano metafisico è del tutto inconcepibile nel mondo orientale antico), ma l'idea dell'indifferenza di Dio nella storia degli uomini (cfr. Ger 5,12). 

A questa erronea convinzione è contrapposta l'affermazione che il Signore "si china sugli uomini" (v. 2); secondo una traduzione più letterale egli "protende lo sguardo".

La constatazione da parte di Dio che "tutti hanno deviato" (v. 3) è ripresa dall'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 3,9-12) per enfatizzare l'universalità del peccato ("Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che Giudei e Greci, tutti, sono sotto il dominio del peccato"; Rm 3,9).

La "stirpe del giusto" (v. 5), nell'ottica universalista cristiana può essere considerata quella di ogni uomo che pratica la giustizia.

La chiosa del salmo esprime la convinzione che il Signore rimane al fianco del giusto e che il misero rimasto fedele trova in Dio il suo rifugio (vv. 6-7). L'affermazione che il Signore "ricondurrà il suo popolo" è probabilmente un riferimento al tempo dell'esilio e alla speranza del ritorno in patria del popolo di Israele (designato con il nome del suo capostipite). 

Nella letteratura apocalittica ebraica e cristiana (cfr. Ez 40-48; Is 54; 60; 66; Gv 21-22; Gal 4,24-26; Eb 2,12-24) Sion, intesa come "Gerusalemme celeste", diventa immagine del luogo in cui Dio rivela la sua presenza, la sua protezione e la sua gloria.

- Rev. Dr. Luca Vona



mercoledì 26 ottobre 2022

1 Minute Gospel. Knowledge and consistency

Reading

Luke 13:22-30

22 Then Jesus went through the towns and villages, teaching as he made his way to Jerusalem. 23 Someone asked him, “Lord, are only a few people going to be saved?”
He said to them, 24 “Make every effort to enter through the narrow door, because many, I tell you, will try to enter and will not be able to. 25 Once the owner of the house gets up and closes the door, you will stand outside knocking and pleading, ‘Sir, open the door for us.’
“But he will answer, ‘I don’t know you or where you come from.’
26 “Then you will say, ‘We ate and drank with you, and you taught in our streets.’
27 “But he will reply, ‘I don’t know you or where you come from. Away from me, all you evildoers!’
28 “There will be weeping there, and gnashing of teeth, when you see Abraham, Isaac and Jacob and all the prophets in the kingdom of God, but you yourselves thrown out. 29 People will come from east and west and north and south, and will take their places at the feast in the kingdom of God. 30 Indeed there are those who are last who will be first, and first who will be last.”

Comment

The disciples' question about salvation highlights the contrast, in Judaism of that time, between the Pharisees, who argued that most Jews would be saved, and the apocalyptic circles, in which the opinion prevailed that few would be saved. Perhaps it is also aroused by the fact that the great multitudes who followed Jesus were reduced to a few faithful towards the end of his earthly ministry.

On the other hand, Jesus' message discourages the lukewarm (“whoever of you does not renounce all his possessions cannot be my disciple”; Lk 14:33) and he himself affirms that narrow is the way and narrow is the door that leads to life, and there are few who find it (Mt 7:14).

The words of Jesus recall the eschatological horizon when men will be judged not for the simple fact of "knowing him", but for their consistency and fidelity in carrying out the will of the Father. The entry into the kingdom of God of men coming from the four cardinal points of the world indicates the invitation of the pagans to the celestial banquet; a thought contrary to the rabbinic mentality of that time, but perfectly in keeping with the prophetic literature of the Old Testament (Ps 107:3; Is 66.18-19; Mal 1:11).

The image of the goodness of God, who does not want anyone to perish, but that everyone has time to repent (2 Pt 3:9) is not clouded by the severe words of Jesus, which are an invitation to conversion. Man is called to make responsible use of his freedom, in relation to his eternal destiny.

Prayer

Guide us, o Lord, along the way back to you, and refresh us with your Spirit in our strenuous pace; so that we may find rest in the banquet you have prepared for the redeemed. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. La conoscenza e la coerenza

Lettura

Luca 13,22-30

22 Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. 23 Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: 24 «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. 25 Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. 26 Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. 27 Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità! 28 Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. 29 Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30 Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».

Commento

La domanda dei discepoli circa la salvezza evidenzia il contrasto, nel giudaismo dell'epoca, tra i farisei, che sostenevano che la maggior parte degli ebrei si sarebbero salvati, e i circoli apocalittici, in cui prevaleva l'opinione che pochi si sarebbero salvati. Forse è suscitata anche dal fatto che le grandi moltitudini che seguivano Gesù si sono ridotte, verso il termine del suo ministero terreno, a pochi fedeli.

D'altra parte, il messaggio di Gesù scoraggia i tiepidi («chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo»; Lc 14,33) ed egli stesso afferma che angusta è la via e stretta la porta che conduce alla vita, e sono pochi coloro che la trovano (Mt 7,14).

Le parole di Gesù richiamano l'orizzonte escatologico, quando gli uomini saranno giudicati non per il semplice fatto di "conoscerlo", ma per la loro coerenza e fedeltà nel compiere la volontà del Padre. L'ingresso nel regno di Dio di uomini provenienti dai quattro punti cardinali indica l'invito dei pagani al banchetto celeste; un pensiero contrario alla mentalità rabbinica del tempo, ma perfettamente conforme alla letteratura profetica dell'Antico Testamento (Sal 107,3; Is 66,18-19; Mal 1,11).

L'immagine della bontà di Dio, il quale non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano il tempo di pentirsi (2 Pt 3,9) non è offuscata dalle parole severe di Gesù, che costituiscono un invito alla conversione. L'uomo è chiamato a fare un uso responsabile della propria libertà, in relazione al suo destino eterno.

Preghiera

Guidaci, Signore, lungo la via del ritorno a te, e ristoraci con il tuo Spirito nel nostro faticoso incedere; affinché possiamo trovare ristoro nel banchetto che hai preparato per i redenti. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

martedì 25 ottobre 2022

1 Minute Gospel. See the invisible

Reading

Luke 13:18-21

18 Then Jesus asked, “What is the kingdom of God like? What shall I compare it to? 19 It is like a mustard seed, which a man took and planted in his garden. It grew and became a tree, and the birds perched in its branches.”
20 Again he asked, “What shall I compare the kingdom of God to? 21 It is like yeast that a woman took and mixed into about sixty pounds of flour until it worked all through the dough.”

Comment

The idea of ​​the kingdom of God that extends itself like a majestic tree, in the shadow of which all the nations gather, recalls some messianic passages from the Old Testament (Ez 17:23; 31:6). The words of Jesus are an invitation to patience and hope, to overcome the obsession with accounting in considering the growth of the Church and our spiritual progress. Jesus exhorts us to focus on quality, on that yeast capable of making all the dough ferment.

The parables of the mustard seed and the leaven highlight the striking contrast between the small beginnings of the Kingdom and its marvelous expansion. The two images represent the action of God, which takes place silently and in secret. The work of grace in our souls and in the world does not happen in a sudden and "thunderous" way, but can be seen by ears capable of listening and eyes capable of seeing what works in secret; it needs a heart capable of waiting, like the farmer who sows and like the woman who prepares bread.

From the small signs, we can guess an outcome that will be surprising, represented in these two parables by the majesty of the mustard bush where the birds take refuge and by the quantity of flour - about sixty kilograms! - that little yeast makes bread. The Kingdom of God will thus be able to welcome men of every people and nation and will be able to satisfy all those who hunger and thirst for justice.

Prayer

O Lord, increase our faith so that our eyes can open to the work that your grace does ceaselessly in our hearts. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. Vedere l'invisibile

Lettura

Luca 13,18-21

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Commento

L'idea del regno di Dio che si estende come un maestoso albero, all'ombra del quale si radunano tutte le nazioni richiama alcuni passaggi messianici dell'Antico Testamento (Ez 17,23; 31,6). Le parole di Gesù sono un invito alla pazienza e alla speranza, al superamento dell'ossessione contabilizzatrice nel considerare la crescita della Chiesa e i nostri progressi spirituali. Gesù ci esorta a puntare sulla qualità, su quel lievito capace di far fermentare tutta la pasta.

Le parabole del granello di senapa e del lievito mettono in luce il sorprendente contrasto tra i piccoli inizi del Regno e la sua meravigliosa espansione. Le due immagini rappresentano l'azione di Dio, che si compie silenziosamente e nel segreto. L'opera della grazia nelle nostre anime e nel mondo non avviene in modo improvviso e "fragoroso", ma può essere scorta da orecchie capaci di ascoltare e occhi capaci di vedere ciò che opera nel segreto; necessita di un cuore capace dell'attesa, come il contadino che semina e come la donna che prepara il pane. 

Dai piccoli segni possiamo intuire un esito che sarà sorprendente, rappresentato in queste due parabole dalla maestosità del cespuglio di senape in cui si rifugiano gli uccelli e dalla quantità di farina - circa sessanta chilogrammi! - che poco lievito fa panificare. Il Regno di Dio potrà così accogliere uomini di ogni popolo e nazione e saziare tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia.

Preghiera

Signore, accresci la nostra fede affinché i nostri occhi possano aprirsi all'opera che la tua grazia compie incessantemente nei nostri cuori. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

lunedì 24 ottobre 2022

Fermati 1 minuto. La parola che scioglie i nostri lacci

Lettura

Luca 13,10-17

10 Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato. 11 C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo. 12 Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità», 13 e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. 14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato». 15 Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16 E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?». 17 Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Commento

Siamo nella sinagoga, in giorno di sabato. Gesù sta insegnando ma si interrompe. Ha notato una donna sofferente. Da diciotto anni è curva e non può raddrizzarsi in alcun modo. Eppure non ha smesso di comportarsi da "figlia di Abramo", recandosi alla sinagoga per osservare il giorno del Signore. Non chiede nulla. È Gesù a prendere l'iniziativa, e anche lui non chiede nulla alla donna. Luca ci informa che l'infermità è provocata da Satana ("posseduta da uno spirito di infermità", gr. pneuma echousa asthenias). Sappiamo dal libro di Giobbe che ciò è possibile perché anche questi patì una malattia causata dall'angelo accusatore. 

Gesù agisce in maniera diversa rispetto ai suoi esorcismi. Non sgrida alcun demone, ma si limita a imporre le mani e pronunciare la sua parola di liberazione. La parola di Dio, come afferma la Lettera agli ebrei, "è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla" (Eb 4,12). Così la parola di Dio penetra nell'anima e nel corpo di questa donna e scioglie la sua schiena ricurva. 

Il miracolo compiuto da Gesù suscita la riprovazione da parte dei capi della sinagoga. Non hanno il coraggio di attaccarlo direttamente ma si rivolgono ai presenti. Il Signore, che conosce i cuori, li accusa di ipocrisia, perché le loro critiche non prendono le mosse dallo zelo per l'amore di Dio ma dall'invidia. Gesù evidenzia il modo in cui hanno pervertito la legge, piegandola al proprio egoismo. In giorno di sabato infatti, non trascurano di occuparsi del proprio bestiame, ma vorrebbero rifiutare a questa donna, sorella della loro stessa stirpe, figlia di Dio, creata a sua immagine e somiglianza, di riacquistare quella posizione eretta che distingue l'essere umano dagli animali. 

La chiamata di Gesù scioglie l'uomo dalla casistica delle norme religiose per collocarlo nel vero sabato di Dio, che è manifestazione della sua gloria e della sua azione salvifica.

Preghiera

Signore, tu rialzi dalla polvere il misero e  manifesti la tua gloria nella nostra debolezza. Ti benediciamo e ti glorifichiamo perché hai liberato le nostre anime dai lacci del peccato e ci hai donato la promessa della risurrezione. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

domenica 23 ottobre 2022

Fedele è Dio

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DICIOTTESIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Signore, ti supplichiamo, concedi al tuo popolo la grazia di superare le tentazioni del mondo, della carne e del demonio; e di seguire con mente e cuore puri te, che sei l’unico Dio. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Letture

1 Cor 1,4-8; Mt 22,34-46

Commento

Amare Dio con tutto il cuore, l'anima e la mente e il prossimo come noi stessi. Così Gesù riassume i 613 precetti presenti nella Torah. Questo comandamento bipartito, che rappresenta le due facce della stessa medaglia, è non solo un sommario, ma il vertice stesso della Legge mosaica.

Dio va amato al di sopra di ogni altra cosa, e in tal modo è fugato il peccato più grande: quello dell'idolatria, che ci svilisce facendoci ripiegare su cose morte, incapaci di appagare completamente il nostro cuore. E proprio perché il nostro cuore può essere colmato solo da Dio, questi va amato con la nostra persona nella sua interezza, con tutte le nostre potenze e affetti. Il cuore, indica soprattutto la forza e la volontà dell'uomo. Dio ci chiede di amarlo perché i nostri cuori ne sono capaci; non ci impone una cosa che non possiamo fare, che non è alla nostra portata. Al tempo stesso la sua grazia opera in noi per portare a compimento il precetto, ma senza esercitare violenza sulla nostra libertà.

La seconda parte del comandamento è simile alla prima (Mt 22,39): Ama il tuo prossimo come te stesso. Se l'amore supremo verso Dio sintetizza la prima tavola della legge, l'amore verso il prossimo è un sommario della seconda tavola. Dio ama il mio prossimo: come posso amare Dio se anche io non amo il mio fratello? Così infatti ammonisce l'apostolo Giovanni: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1 Gv 4,20-21).

Se l'amore per Dio deve essere al di sopra di ogni altra cosa, la norma che ci è posta dinnanzi per l'amore del prossimo è quella che è prescritta per l'amore di noi stessi. Amare noi stessi infinitamente ci è proibito perché non è compatibile con l'amore supremo dovuto a Dio. Ma anche amare il prossimo meno di noi stessi ci è proibito, perché rappresenterebbe un venir meno della fede nel corpo mistico di Cristo, del quale ciascuno di noi è membro.

Chi è il nostro prossimo? Nel passo parallelo del Vangelo di Luca, al capitolo 10, Gesù risponde alla domanda del fariseo con la parabola del buon samaritano. Il mio prossimo è colui che si trova nel bisogno e con il quale la mia strada si incrocia, al di là di ogni pregiudizio identitario o di false priorità.

Gesù non solo ci insegna a comprendere il senso ultimo della Legge, egli la porta a compimento sulla sua stessa carne, facendosi libro aperto sulla croce, per illuminare e guidare l'umanità verso la salvezza. E vi è un intimo legame tra il suo ruolo profetico e quello sacerdotale, nella misura in cui non solo egli ci mostra la strada da percorrere, ma ci guida e ci accompagna in essa, in quanto Figlio di Dio, il solo che possa riscattare l'umanità, rendendola capace di adempiere un comandamento così sublime.

Dio stesso, dunque, opera in noi, vivificando la sua Chiesa con il dono dello Spirito. Per questo Paolo coltiva un rapporto di intima comunione con Dio, in un continuo rendimento di grazie (1 Cor 1,4). Al di là dei difetti e delle mancanze, presenti in ogni comunità cristiana, Paolo sa discernere quanto di buono Dio opera in essa, riconoscendo l'abbondanza di doni e di carismi che Cristo stesso diffonde nel suo corpo mistico (1 Cor 1,5).

I frutti della grazia nella vita dei cristiani sono la migliore prova, per i credenti e per gli increduli, della verità del vangelo. Una vita consacrata a Dio è di per se stessa una testimonianza vivente dell'opera dello Spirito Santo.

Paolo descrive una tensione escatologica verso il ritorno di Cristo, che richiama il perfezionamento definitivo della Chiesa e la testimonianza ultima della fedeltà di Dio nei nostri confronti: "non vi manca alcun dono mentre aspettate la manifestazione del Signor nostro Gesù Cristo, il quale vi confermerà fino alla fine, affinché siate irreprensibili nel giorno del nostro Signore Gesù Cristo" (1 Cor 1,8). È Dio che ci rende immacolati, che ci dona una veste nuova, per presentarci davanti a lui nell'ultimo giorno.  Così assicura l'Apostolo, proseguendo la sua lettera ai Corinzi: "Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati" (1 Cor 1,9).

- Rev. Dr. Luca Vona

venerdì 21 ottobre 2022

Fermati 1 minuto. Che tempo fa?

Lettura

Lc 12,54-59

In quel tempo, Gesù diceva alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Commento

Abbiamo la capacità di giudicare, di valutare gli eventi. Gesù lo afferma rivolgendosi alle folle, non a una élite religiosa. Egli parla a uomini comuni: pescatori, agricoltori, commercianti. Si rivolge a noi. 

Siamo capaci di dare un'nterpretazione agli eventi terreni, senza il bisogno di un aiuto esterno. Allo stesso modo dovremmo interpretare le cose spirituali, perché la nostra anima è capace di farlo. Il mondo ci spinge a farci assorbire completamente dai suoi affari e i pochi momenti di riposo diventano spesso occasione per un ozio improduttivo, che ci impedisce di vedere l'azione di Dio nella storia umana e nella nostra personale storia. 

Le parole di Gesù spronano ogni discepolo ad applicarsi allo studio delle Scritture, alla preghiera, a un apostolato capace di cogliere profeticamente i segni dei tempi. Siamo chiamati a leggere in prima persona la nostra vita alla luce del vangelo; a camminare con Cristo - che in questo passo delle Scritture è in viaggio verso Gerusalemme, dove si compirà il suo destino terreno - finché siamo in tempo. 

Finché siamo in vita, infatti, siamo per strada, e questo è il tempo della conversione e della riconciliazione. Come afferma l'apostolo Paolo: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!" (2 Cor 6,2). Gesù, che si fa presente con la sua misericordia nella vita di ogni uomo, ci esorta a riconoscere il tempo della nostra visitazione (Lc 19,44), riconciliandoci con Dio e con gli uomini.

Preghiera

Signore, giudice e mediatore, noi ci affidiamo a te, che hai steso le braccia sulla croce per la nostra riconciliazione. Concedici di camminare sempre alla luce della tua parola. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

giovedì 20 ottobre 2022

1 Minute Gospel. Like fire on earth

Reading

Luke 12:49-53

49 “I have come to bring fire on the earth, and how I wish it were already kindled! 50 But I have a baptism to undergo, and what constraint I am under until it is completed! 51 Do you think I came to bring peace on earth? No, I tell you, but division. 52 From now on there will be five in one family divided against each other, three against two and two against three. 53 They will be divided, father against son and son against father, mother against daughter and daughter against mother, mother-in-law against daughter-in-law and daughter-in-law against mother-in-law.”

Comment

Jesus, as a man, is fully aware of the sufferings that await him in his passion, but his human will is intimately united with that of his divine nature and that of the Father, so the expectation of the "baptism" that he will have to receive becomes anguish until is not accomplished.

Baptismós, properly the "immersion" in the pains of the passion, will be a sign of scandal for many (Rm 9:33) and the disciples themselves, at first, will not grasp the profound meaning of that event. In it, Jesus reveals himself as a sign of contradiction through the falling and resurrection of many (Lk 2:34).

The attitude of acceptance or rejection of the paschal mystery determines whether we are or are not participants in the death and resurrection of Christ. It is no longer an offspring or community of blood that establishes belonging to his "people", but faith in his redeeming blood.

Fulfillment of God's judgment on humanity, the cross, on which our sins have been nailed, is the place of reconciliation of all things, those in heaven and those on earth (Col 1:20).

The words of Jesus, who would already like to see the world burn with his charity (v. 49) constitute an example for every disciple, an invitation to aspire to the greatest charisms (1 Cor 12:31), to desire that perfection that is accomplished in the fulfillment of God's will, of his plan for our life.

Prayer

O Lord Jesus Christ, we recognize in you the Son of God, who became a stone of scandal in his death on the cross. Grant us to be built upon you as the temple of the living God. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. Come fuoco sulla terra

Lettura

Luca 12,49-53

49 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D'ora innanzi in una casa di cinque persone 53 si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Commento

Gesù, come uomo, è pienamente consapevole delle sofferenze che lo attendono nella sua passione, ma la sua volontà umana è intimamente unita a quella della sua natura divina e a quella del Padre, così l'attesa del "battesimo" che dovrà ricevere diviene angoscia finché non sia compiuto. 

Il baptismós, propriamente l'“immersione” nei dolori della passione, sarà segno di scandalo per molti (Rm 9,33) e gli stessi discepoli, in un primo momento, non coglieranno il significato profondo di quell'evento. In esso Gesù si rivela segno di contraddizione «per la rovina e la resurrezione di molti» (Lc 2,34). 

L'atteggiamento di accoglienza o di rifiuto verso il mistero pasquale determina il nostro essere o non essere partecipi della morte e resurrezione del Cristo. A stabilire l'appartenenza al suo "popolo" non è più una discendenza o comunanza di sangue, ma la fede nel suo sangue redentore. 

Adempimento del giudizio di Dio verso l'umanità, la croce, sulla quale sono stati inchiodati i nostri peccati, è il luogo di riconciliazione di tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra (Col 1,20).

Le parole di Gesù, che vorrebbe già vedere il mondo bruciare della sua carità (v. 49) costituiscono un esempio per ogni discepolo, un invito ad aspirare ai carismi più grandi (1 Cor 12,31), a desiderare quella perfezione che si compie nell'adempimento della volontà di Dio, del suo progetto sulla nostra vita.

Preghiera

Signore Gesù Cristo, noi riconosciamo in te il Figlio di Dio, che si è fatto pietra di scandalo nella morte di croce. Concedici di essere edificati su di te come tempio del Dio vivente. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

mercoledì 19 ottobre 2022

1 Minute Gospel. An active hope

Reading

Luke 12:39-48

39 But understand this: If the owner of the house had known at what hour the thief was coming, he would not have let his house be broken into. 40 You also must be ready, because the Son of Man will come at an hour when you do not expect him.”
41 Peter asked, “Lord, are you telling this parable to us, or to everyone?”
42 The Lord answered, “Who then is the faithful and wise manager, whom the master puts in charge of his servants to give them their food allowance at the proper time? 43 It will be good for that servant whom the master finds doing so when he returns. 44 Truly I tell you, he will put him in charge of all his possessions. 45 But suppose the servant says to himself, ‘My master is taking a long time in coming,’ and he then begins to beat the other servants, both men and women, and to eat and drink and get drunk. 46 The master of that servant will come on a day when he does not expect him and at an hour he is not aware of. He will cut him to pieces and assign him a place with the unbelievers.
47 “The servant who knows the master’s will and does not get ready or does not do what the master wants will be beaten with many blows. 48 But the one who does not know and does things deserving punishment will be beaten with few blows. From everyone who has been given much, much will be demanded; and from the one who has been entrusted with much, much more will be asked.

Comment

Be ready, but in an industrious way. This is the meaning of Jesus' admonition. To whom are his words addressed? To us, his servants, who have received every good from him, but not to keep it, but to administer it and share it with our neighbor. Waiting then becomes to tend with solicitude to the other from oneself.

The master's delay (v. 45) indicates the changing expectations of the early Christians regarding the imminent coming of Jesus. Luke uses the pair of Greek terms pais and paidiske, male and female servants, not neglecting the feminine element present in the Christian community. The evangelist warns his readers from misinterpreting this delay, which represents the time of the Lord's patient mercy.

The Lord's reward for the faithful servant is greater work, and greater responsibility (v. 44). In fact, whoever is the greatest of the disciples will become a servant (Mk 10:43): it is in this capacity to give oneself that true beatitude is found, because "‘It is more blessed to give than to receive’" (Acts 20:35).

The servant who irresponsibly waits for his master's delay will be surprised as by a thief in the night and will be stripped of all good: "‘For whoever has will be given more, and they will have an abundance. Whoever does not have, even what they have will be taken from them’" (Mt 25:29). Each one will have to give an account to God in proportion to the gifts received (v. 48).

Jesus invites every disciple to exercise an active hope, in recognition of the potential that every life, visited by grace, contains in itself. Each one is called to question his own conscience, to seek the will of God, Lord of time, in daily life, and to offer a generous response to him and to humanity.

Prayer

We invoke your return, o Lord, we await you as the watchman awaits the dawn. May your spirit make us industrious in your vineyard, in the awareness that you are demanding with the administrators of your goods. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. L'amministratore fedele e saggio

Lettura

Luca 12,39-48

39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate». 41 Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Meditazione

Tenersi pronti, ma in maniera operosa. Questo il senso dell'ammonizione di Gesù. A chi sono rivolte le sue parole? A noi, suoi servi, che abbiamo ricevuto ogni bene da lui, ma non per trattenerlo, quanto per amministrarlo e condividerlo con gli altri servi. 

L'attesa diventa allora un tendere all'altro da sé, un tempo di sollecitudine verso il nostro prossimo. Il servo fedele sarà beato e verrà chiamato a regnare con Cristo.

Il "ritardo del padrone" (v. 45) indica il mutare delle aspettative dei primi cristiani riguardo la venuta imminente di Gesù. Luca si serve della copia di termini greci pais paidiske, servi e serve, non trascurando l'elemento femminile presente nella comunità cristiana. Luca diffida i suoi lettori dall'interpretare in maniera erronea questo ritardo, che rappresenta il tempo della paziente misericordia del Signore.

La ricompensa del Signore per il servo fedele è un lavoro maggiore, una maggiore responsabilità (v. 44). Infatti, chi è il più grande tra i discepoli si farà servitore (Mc 10,43): è in questa capacità di donarsi che si trova la vera beatitudine, perché "vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35).

Il servo che attende irresponsabilmente il ritardo del padrone sarà sorpreso come da un ladro nella notte e verrà spogliato di ogni bene: «Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Mt 25,29). Ciascuno dovrà rendere conto a Dio in proporzione ai doni ricevuti (v. 48).

Gesù invita ogni discepolo a esercitare una speranza operosa, nel riconoscimento delle potenzialità che ogni vita, visitata dalla grazia, racchiude in sé. Ciascuno è chiamato a interrogare la propria coscienza, per ricercare nella quotidianità la volontà di Dio, Signore del tempo, e per offrire una risposta generosa verso di lui e verso l'umanità.

Preghiera

Noi invochiamo il tuo ritorno Signore, ti attendiamo come la sentinella attende l'aurora. Il tuo spirito ci renda operosi nella tua vigna, nella consapevoleza che sei esigente con gli amministratori dei tuoi beni.

- Rev. Dr. Luca Vona

Paolo della Croce, annunciatore del mistero pasquale

Nel gennaio del 1694 nasce a Ovada, in provincia di Alessandria, Paolo Danei, meglio conosciuto come Paolo della Croce, presbitero e fondatore dei Passionisti. Uomo di estrema sensibilità, capace di grande fervore come di forti depressioni, egli trovò grazie a una fede alimentata dall'ascolto delle Scritture, una solidità che crebbe attraverso le tante prove della vita. 
Paolo conobbe infatti la morte prematura di nove dei suoi quindici fratelli, ma soprattutto dovette faticare a lungo per realizzare la propria vocazione, che pure aveva percepito con chiarezza fin dall'età di 23 anni. Egli aveva avvertito, infatti, già nel 1717 di essere chiamato a vivere nella solitudine, per condurre una vita penitente e di grande povertà. Di lì a poco maturò in lui anche la convinzione di dover riunire alcuni compagni per condividere con loro la ricerca di Dio in comunità, ed egli scrisse una regola a tal fine. Sostenuto dal vescovo locale, ma spesso non compreso nelle sue più autentiche intenzioni, Paolo vide riconosciuta la sua forma di vita soltanto nel 1741, quando fu approvata la congregazione dei Passionisti. Essi si caratterizzarono per la loro vita appartata in case denominate «ritiri» e per la loro assidua meditazione del mistero della passione del Signore; solo la contemplazione del mistero pasquale di Cristo poteva infatti consentire, secondo Paolo, di passare dal timore del giudizio divino alla fiducia nella sua misericordia. È a partire da questo primato della «parola della croce» nella vita interiore che Paolo della Croce, sulle tracce di Paolo di Tarso, annunciò il vangelo come «parola della riconciliazione», attraverso l'esercizio della paternità spirituale e la predicazione, che lui e i suoi compagni assunsero come fine apostolico, non avendo ottenuto l'approvazione a ordine monastico né quella a congregazione con voti solenni.
Paolo della Croce morì il 18 ottobre 1775.

Tracce di lettura

Quando lo Sposo divino vi mostra il seno della divina sua carità, cadete d'amore ai suoi piedi, tacete e amate, anzi vivete una vita tutta d'amore, vita divina e santa. Com'è dolce cadere in questo modo! Anche Maria Maddalena, innamorata impenitente, nel vedere il dolce Gesù cadeva d'amore ai suoi piedi divini. Oh, dolce caduta! Ai suoi piedi amava e taceva, e udiva la santissima parola di Gesù, e ardeva d'amore. L'amore parlava più con il silenzio che con la lingua: così vuole lo Sposo che facciate anche voi.
Oh, quanto vi raccomando quella divina solitudine, quel sacro deserto, di cui tanto vi ho parlato. Oh, quanto vi prego di star serrata in tal deserto, occulta a tutti! Non vi scordate di far vostre le pene dell'Amato. L'amore è vita intima che fa proprie le pene del diletto, che è l'amabile Salvatore.
Pongo il vostro cuore nel sangue prezioso di Gesù, anzi lo pongo nello stesso dolcissimo cuore di Gesù, affinché lo bruci, consumi, s'incenerisca in quelle sacre, fiamme. Gesù vi faccia tanto santa quanto vi desidero, e vi benedica.
(Paolo della Croce, Lettere alle religiose)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti

martedì 18 ottobre 2022

1 Minute Gospel. A missionary Church with a light baggage

Reading

Luke 10:1-9

1 After this the Lord appointed seventy-two others and sent them two by two ahead of him to every town and place where he was about to go. 2 He told them, “The harvest is plentiful, but the workers are few. Ask the Lord of the harvest, therefore, to send out workers into his harvest field. 3 Go! I am sending you out like lambs among wolves. 4 Do not take a purse or bag or sandals; and do not greet anyone on the road.
5 “When you enter a house, first say, ‘Peace to this house.’ 6 If someone who promotes peace is there, your peace will rest on them; if not, it will return to you. 7 Stay there, eating and drinking whatever they give you, for the worker deserves his wages. Do not move around from house to house.
8 “When you enter a town and are welcomed, eat what is offered to you. 9 Heal the sick who are there and tell them, ‘The kingdom of God has come near to you.’

Comment

Jesus' invitation to pray to God to send laborers into his harvest (v. 2) indicates that God alone is qualified to confer this mandate, just as in his royal and messianic role Jesus bestows it on the seventy-two envoys. In some manuscripts the number of disciples is seventy, perhaps indicating the seventy elders appointed by Moses.

The image of the lambs in the midst of wolves refers to the hostility and dangers that the disciples will find during their mission. Traveling as a couple they will be able to support each other. Given the urgency of the task and the commitment required of the missionaries, the invitation is to avoid getting lost behind the material goods and the formalities of greetings along the way (v. 4). In the culture of that time, a person's greeting involved an elaborate ceremonial, with many formalities, such as sharing a meal or a long stop. The disciple must avoid attachment to earthly things and entertainment, always giving priority to missionary activity.

The words of Jesus are pervaded with an eschatological sense, attesting to the scarcity of time available. Those who bring the announcement of salvation travel at a brisk pace. The disciples will have to enter the houses (v. 5) and not preach in the synagogues. The message they bring is not enclosed in the fences of the formalized and sedentary religiosity of Pharisaic Judaism. The Church of Christ, as also attested by the Acts of the Apostles (cf. Acts 20:42; 5:20) takes its first steps as a prophetic and domestic assembly. The gospel enters in the daily and family life of those who receive it, the "children of peace" (v. 6).

The command to the disciples to eat what will be placed before them, indicates that any distinction between pure and impure foods is abolished. Sharing a meal is an expression of intimate friendship in the ancient world. By eating what will be offered to him, the true disciple "become all things to all people" just as the apostle Paul will later testify: "Though I am free and belong to no one, I have made myself a slave to everyone, to win as many as possible. To the Jews I became like a Jew [...] To those not having the law I became like one not having the law [...] To the weak I became weak, to win the weak. I have become all things to all people so that by all possible means I might save some." (1 Cor 9:19-22).

Without the fear of clashing with the opposing forces of the world, the Gospel message is capable of adapting, "sitting at the table" with the man of every place and every time.

Prayer

Raise up, o Lord, willing workers in your Church, to bring the blessing of your message of salvation to every man. Amen.

- Rev Dr. Luca Vona

Fermati 1 minuto. Una Chiesa missionaria e con un bagaglio leggero

Lettura

Luca 10,1-9

1 Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2 Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. 3 Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4 non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. 5 In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 6 Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7 Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. 8 Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, 9 curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.

Commento

L'invito di Gesù a pregare affinché Dio mandi operai nella sua messe (v. 2) sta a indicare che Dio solo è qualificato a conferire questo mandato, proprio come nella sua veste regale e messianica Gesù lo conferisce ai settantadue inviati. In alcuni manoscritti il numero dei discepoli è di settanta, forse a indicare i settanta anziani nominati da Mosè. 

L'immagine degli agnelli in mezzo ai lupi si riferisce all'ostilità e ai pericoli che i discepoli troveranno durante la loro missione. Viaggiando in coppia potranno sostenersi l'un l'altro. Data l'urgenza del compito e l'impegno richiesto ai missionari, l'invito è di evitare di perdersi dietro i beni materiali e le formalità dei saluti "lungo la strada" (v. 4). Nella cultura del tempo il saluto di una persona prevedeva un elaborato cerimoniale, con molte formalità, come la condivisione di un pasto o una lunga sosta. Il discepolo deve evitare l'attaccamento alle cose e agli intrattenimenti terreni, dando sempre la priorità all'attività di missionaria. 

Le parole di Gesù sono pervase di un senso escatologico, attestando la scarsità del tempo a disposizione. Coloro che portano l'annuncio di salvezza viaggiano con passo spedito. I discepoli dovranno entrare nelle case (v. 5) e non  predicare nelle sinagoghe. Il messaggio che portano non è rinchiuso negli steccati della religiosità formalizzata e sedentaria del giudaismo farisaico. La Chiesa di Cristo, come attestano anche gli Atti degli apostoli (cfr. At 20,42; 5,20) muove i suoi primi passi come assemblea profetica e domestica. Il vangelo entra nella vita quotidiana e familiare di coloro che lo ricevono, i "figli della pace" (v. 6). 

Il comando ai discepoli di mangiare quello che sarà loro messo davanti indica che è abrogata ogni distinzione tra cibi puri e impuri. Condividere il pasto è nel mondo antico un'espressione di intima amicizia. Cibandosi di quel che gli sarà offerto il vero discepolo "si fa tutto a tutti" proprio come testimonierà successivamente l'apostolo Paolo: "mi sono fatto greco con i greci, giudeo con i giudei, mi sono adattato a tutte le situazioni, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1 Cor 9,19-22). 

Senza il timore di scontrarsi con le forze contrarie del mondo, il messaggio evangelico è capace di adattarsi, "mettendosi a tavola" con l'uomo di ogni luogo e di ogni tempo.

Preghiera

Ti preghiamo Signore, di suscitare nella tua Chiesa operai volenterosi, per portare la benedizione del tuo messaggio di salvezza ad ogni uomo. Amen.

- Rev Dr. Luca Vona

Assidui e concordi nella preghiera. Commento al Salterio - Salmo 12

Lettura

Salmi 12

1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2 Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
3 Fino a quando nell'anima mia proverò affanni,
tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico?
4 Guarda, rispondimi, Signore mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi,
perché non mi sorprenda il sonno della morte,
5 perché il mio nemico non dica: «L'ho vinto!»
e non esultino i miei avversari quando vacillo.
6 Nella tua misericordia ho confidato.
Gioisca il mio cuore nella tua salvezza
e canti al Signore, che mi ha beneficato.

Commento

Il salmista è nell'ora della prova e della desolazione dello spirito, quando il buio è così totale da dare l'impressione che Dio abbia nascosto il suo volto.

Ripetuta quattro volte, la locuzione "Fino a quando?" - ricorrente nei Salmi (cfr. 6,4; 79,5; 88,47; 94,3) - sottolinea il carattere di gravità della situazione, la tensione dell'attesa e l'urgenza dell'intervento che viene invocato. Si tratta di un interrogativo audace, diretto e categorico; è il grido di un fedele che si sente abbandonato da Dio.

Gli affanni dell'anima (v. 3) sono, in una traduzione più fedele al testo originale, il "volgersi dei pensieri", cioè l'indagine dolorosa della colpa, della causa recondita che ha dato origine all'allontanamento di Dio.

L'invocazione "Guarda" diretta al Signore è caratteristica della preghiera veterotestamentaria (cfr. Sal 80,15; 84,10; Is 63,10) con cui si vuole attirare lo sguardo salvifico di Dio sulle miserie dell'uomo. L'appello "rispondimi" potrebbe indicare l'attesa dell'oracolo profetico nel tempio.

In prospettiva cristiana il salmo si fa voce di Gesù nella passione e voce della Chiesa che attende il suo ritorno; è un sospiro di dolore che sale dalla terra al cielo.

Se il primo movimento della supplica è segnato dall'invocazione e dalla protesta, il secondo si pacifica già nella fiducia e nella gioia. L'orante si ostina, come Abramo, a fidarsi di Dio, nella preghiera della fede pura, priva di "appigli". Il nemico - nel caso di Cristo il nemico per eccellenza, la morte - non potrà esclamare «L'ho vinto!» (v. 5). Certo dell'intervento misericordioso del Signore, il salmista gioisce e innalza il suo canto di lode.

- Rev. Dr. Luca Vona

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Luca, evangelista della misericordia

La maggior parte delle chiese cristiane ricordano oggi Luca, autore del terzo vangelo e degli Atti degli Apostoli. Luca era probabilmente siro di Antiochia, di origine pagana e medico. L'apostolo Paolo nelle sue lettere parla di lui come di un compagno assai caro, che resta al suo fianco durante le due prigionie romane; tutto lascia pensare che sia stato suo compagno durante il secondo e il terzo viaggio missionario. 
L'origine pagana non fece dimenticare a Luca che la salvezza ha origine in Gerusalemme e che è la città santa il luogo dove si deve realizzare questa salvezza: là è iniziato il vangelo, là terminerà la vicenda storica di Gesù e di là prenderà le mosse la missione universale degli apostoli, dalla Giudea alla Samaria fino ai confini della terra. Da vero scriba della misericordia di Cristo, Luca sottolinea a più riprese l'amore di Gesù per i peccatori e la grandezza del suo perdono. In Gesù trovano visibilità le «viscere di misericordia» di Dio verso i poveri e gli umili, mentre ai ricchi e ai superbi è riservato un duro monito. A tutti comunque è rivolto l'invito alla conversione, che comporta una scelta radicale di povertà e di abbandono in Dio. Per Luca è lo Spirito santo il protagonista di questo ritorno al Padre, e l'invocazione dello Spirito è la preghiera per eccellenza che non dobbiamo stancarci mai di rivolgere a Dio, sull'esempio di Gesù. Tradizioni diverse e spesso non conciliabili circondano gli ultimi anni della vita di Luca: anche se riceverà il titolo di martire, è più probabile che sia morto in età avanzata di morte naturale, in Beozia, dopo aver evangelizzato l'Acaia.

Tracce di lettura

L'opus proprium della comunità cristiana è il suo compito di annunciare al mondo il vangelo; essa è comunità missionaria. Attraverso testimoni sempre numerosi e sempre nuovi, agli uomini deve essere recato l'annuncio che Dio si è curato del mondo e l'ha soccorso, che perciò il mondo non è abbandonato a se stesso, ma è amato, salvato, custodito, governato da Dio, è condotto verso la sua salvezza, e dunque tutto ciò che in esso accade - l'intera vita umana, con tutta la sua problematicità e le sue triboazioni, il peccato, la colpa e la miseria, anzi la vita intera del creato - va rapidamente incontro alla rivelazione di ciò che Dio ha già compiuto in suo favore. La comunità deve proclamare al mondo la libera grazia di Dio e lo deve fare annunciando che questa è la speranza che le è data. Essa deve dire che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è il salvatore del mondo che è venuto e ritornerà. Questo è l'annuncio del regno di Dio. Questo è il vangelo.
(K. Barth, Dogmatica ecclesiale III,4,579-580)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Luca, evangelista

lunedì 17 ottobre 2022

1 Minute Gospel. Only love remains

Reading

Luke 12:13-21

13 Someone in the crowd said to him, “Teacher, tell my brother to divide the inheritance with me.”
14 Jesus replied, “Man, who appointed me a judge or an arbiter between you?” 15 Then he said to them, “Watch out! Be on your guard against all kinds of greed; life does not consist in an abundance of possessions.”
16 And he told them this parable: “The ground of a certain rich man yielded an abundant harvest. 17 He thought to himself, ‘What shall I do? I have no place to store my crops.’
18 “Then he said, ‘This is what I’ll do. I will tear down my barns and build bigger ones, and there I will store my surplus grain. 19 And I’ll say to myself, “You have plenty of grain laid up for many years. Take life easy; eat, drink and be merry.”’
20 “But God said to him, ‘You fool! This very night your life will be demanded from you. Then who will get what you have prepared for yourself?’
21 “This is how it will be with whoever stores up things for themselves but is not rich toward God.”

Comment

Being considered a "teacher", Jesus is called to settle not only religious but also civil issues. He rejects this role, not because he does not have the power to judge - being, indeed, judge of the universe - but because he refuses to be the arbiter of merely earthly disputes.

Jesus goes to the root of the problem by condemning greed and presenting a parable. The protagonist is a man whose work has been blessed by God with a bountiful harvest. The desire for him is something we all have: to enjoy our well-being with a joyful and peaceful life. What he is reproached with is not the way he enriched himself, completely honest, but the total absence of God and the needs of his neighbor from his existential perspective.

Every interest of the man in the parable is turned to himself and to his possessions; he has accumulated riches on earth but is not enriched before God. The poverty of his interior life, unable to raise a look of gratitude to heaven and to rejoice in sharing his material wealth, will be revealed by the sudden arrival of death, which will separate him definitely from what he has accumulated in the barn.

Jesus condemns all forms of greed because even if one is in abundance "life does not consist in an abundance of possessions" (v. 15). The man described by Jesus makes his security and happiness depend on earthly riches, he becomes a slave to them, unable to enrich them with meaning in sharing. But charity needs an "other" as the recipient of one's love, while the enriched man is closed in a monologue with himself. We can say of him with the psalmist: «as a shadow is the man who passes by; only a breath that is stirred, accumulates riches and does not know who is gathering them "(Ps 39:6).

Our goods, of whatever nature, can become a barrier to God and to our neighbor, but freed from our greed they can be placed at the service of what is as strong as death (Ct 8:6): love.

Prayer

Your Spirit, o Lord, fill our hearts with gratitude for the goods you give us and make us generous in sharing them with our neighbor. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona