Lettura
Salmi 11
1 Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.
2 Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
3 Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.
4 Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
5 quanti dicono: «Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?».
6 «Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato».
7 I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.
8 Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
9 Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.
Commento
Caleidoscopio di temi, di tonalità, di immagini, il Salmo 11 è una lamentazione che ha alla base il dramma dei poveri oppressi e la condanna delle labbra bugiarde e arroganti degli oppressori.
La dolorosa costatazione del danno che subiscono i buoni, il cui numero si sta sempre più assottigliando, a causa della falsità dei più (vv. 2-3) spinge il salmista a invocare l'intervento del Signore (vv. 4-5). Anche il profeta Michea (7,2) lamenta una simile situazione nella società del suo tempo ("L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini"; cfr. inoltre 1 Re 19,10; Os 4,1; Ger 5,1).
Il riferimento alle "labbra bugiarde" (vv. 3) è definito, secondo una traduzione più aderente al testo ebraico, come "mollezza di labbra", definizione che nella Bibbia è segno di perversione e inganno a danno degli onesti (cfr. Is 30,10; Dan 11,32). Nel versetto 4 il termine "labbra bugiarde" può essere tradotto, più fedelmente all'originale ebraico, con "lingua dalle grandi parole", definizione utilizzata più volte nelle Scritture per indicare una bocca che proferisce parole arroganti e insolenti (cfr. Dan 7,8; 11,20; Ap 13,5, in questo caso riferito alla bestia cui viene dato potere di "proferire parole d'orgoglio e bestemmie" negli ultimi tempi).
L'oracolo del Signore, "Io sorgerò" (v. 6) è formula tipica del suo intervento salvifico o punitivo (cfr. Is 33,10), atteso spesso nei salmi come manifestazione teofanica nel tempio (vedi Sal 7,7)
Domina nel salmo il tema della parola: da una parte le parole dell'uommo infedele, che vive nella menzogna e nell'arroganza; dall'altra la parola di Dio, preziosa più dell'"argento raffinato nel crogiuolo" (v. 7). Secondo la convinzione degli antichi la parola ha forza magica: nella bocca dei perversi diventa un mezzo di dominio e di oppressione.
Il riferimento all'argento, anziché all'oro, potrebbe indicare che il salmo risale a un periodo in cui l'argento valeva più dell'oro.
Gli empi pensano, attraverso il potere della lingua, di possedere un'arma che li rende inattaccabili e contro la quale nessuno potrà prevalere (v. 5).
Di fronte alla sfida balsfema che i malvagi lanciano contro di lui, Dio non resta indifferente e interviene pronunciando un oracolo di salvezza, che è radice di speranza per le vittime (v. 6). Il giusto oppresso, armato solo di questa promessa, affronta gli empi, la cui abiezione è ormai giunta al colmo (v. 9).
Nella conclusione il salmista ritorna sulla sua riflessione iniziale circa il diffondersi dell'empietà tra i figli degli uomini, ma all'interno di questo quadro oscuro risplende la promessa del Signore al centro del salmo (v. 6): "Io sorgerò".
- Rev. Dr. Luca Vona