Agli inizi del II secolo muore martire Clemente, secondo la tradizione terzo vescovo di Roma e autore di un'Epistola ai Corinzi, che è uno dei più toccanti testi letterari della cristianità primitiva. Secondo il Liber Pontificalis, Clemente nacque nel I secolo nel quartiere romano di Montecelio. Di lui si sa con certezza che fu vescovo a Roma sotto gli imperatori Galba e Vespasiano, e che, a nome degli anziani della sua chiesa ritenne opportuno intervenire per riportare la concordia nella chiesa di Corinto, lacerata da divisioni riguardanti l'autorità nella comunità cristiana.
Nella sua lettera, con un tono umile e al tempo stesso pieno di sapienza e di parresia evangeliche, Clemente ricorda ai cristiani di Corinto che la via dell'unità e della pace tracciata da Cristo passa per l'umiliazione e la sottomissione reciproca per amore, secondo gli insegnamenti di san Paolo, che costituivano un legame profondo tra i cristiani di Roma e quelli di Corinto. La sua fama di uomo mite ed evangelico crebbe a tal punto che nei secoli successivi fiorirono numerose tradizioni a suo riguardo. Secondo alcune di esse, Clemente morì martire in Crimea, dove fu annegato per ordine dell'autorità romana.
Tracce di lettura
Chi può spiegare il vincolo della carità di Dio? Chi è capace di esprimere la grandezza della sua bellezza? L'altezza ove conduce la carità è ineffabile. La carità ci unisce a Dio: «La carità copre la moltitudine dei peccati». Nulla di banale, nulla di superbo nella carità. La carità non ha scisma, la carità non si ribella, la carità tutto compie nella concordia. Senza carità nulla è accetto a Dio. Nella carità il Signore ci ha presi a sé. Per la carità avuta per noi, Gesù Cristo nostro Signore, nella volontà di Dio, ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima.
(Clemente di Roma, Epistola ai Corinzi 49)