Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

mercoledì 27 agosto 2025

Una lettura cristiana dello Shōbōgenzō di Dōgen zenji: convergenze e complementarietà spirituali

Lo Shōbōgenzō di Eihei Dōgen zenji (1200-1253), monumentale opera del buddismo Zen Sōtō, si rivela sorprendentemente ricco di risonanze per una sensibilità cristiana. Piuttosto che sottolineare le inevitabili differenze dottrinali, questo saggio intende esplorare le profonde complementarietà spirituali che emergono dall'incontro tra la sapienza zen di Dōgen e la tradizione cristiana, rivelando come entrambi i percorsi conducano, attraverso vie diverse ma convergenti, verso una trasformazione radicale dell'essere umano.

La contemplazione come via universale

L'immediatezza della presenza divina

Il cuore dello Shōbōgenzō risiede nella pratica dello zazen, il "solo sedersi" (shikantaza), che Dōgen presenta non come tecnica meditativa ma come manifestazione diretta della natura illuminata. Nel fascicolo Zazengi, Dōgen scrive:

"Quando ti siedi in zazen, non c'è alcuna separazione tra te e la Via del Buddha. La pratica stessa è illuminazione."

Questa immediatezza risuona profondamente con l'esperienza mistica cristiana. San Paolo proclama: "In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At 17,28), indicando una presenza divina che non è da raggiungere ma da riconoscere. L'apostolo Giovanni echeggia questa intimità immediata: "Chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui" (1 Gv 4,16).

La contemplazione cristiana, particolarmente nella tradizione dell'hesychia orientale e della lectio divina occidentale, condivide con lo zazen di Dōgen questa qualità di presenza pura, dove il fine coincide con il mezzo. Meister Eckhart, spesso considerato il mistico cristiano più vicino allo Zen, afferma che "Dio è più intimo a me di quanto io sia a me stesso", un'intuizione che Dōgen esprimerebbe dicendo che la natura di Buddha è più vicina di qualsiasi ricerca di essa.

La trasformazione dell'ordinario

Dōgen rivela il sacro nell'ordinario attraverso la sua visione della "pratica quotidiana" (nichijō no shugyō). Nel fascicolo Tenzo Kyōkun (Istruzioni al cuoco), scrive:

"Quando tagli le verdure, tagli il Buddha. Quando prepari il riso, prepari il Buddha. Il Buddha è nascosto in ogni attività quotidiana."

Questa sacramentalità del quotidiano trova eco nella spiritualità cristiana dell'Incarnazione. L'apostolo Paolo esorta: "Sia dunque che mangiate o che beviate o che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio" (1 Cor 10,31). La mistica dell'ordinario raggiunge il suo apice in Jean-Pierre de Caussade e nella sua "santità del momento presente", dove ogni istante diventa luogo di incontro con Dio.

L'essere-tempo e l'eternità nell'istante

La pienezza dell'attimo presente

La rivoluzionaria concezione dōgeniana dell'uji (essere-tempo) dissolve la separazione convenzionale tra soggetto e tempo. Nel fascicolo omonimo, Dōgen afferma:

"Il tempo non è qualcosa che viene e va. Tu sei il tempo, il tempo sei tu. Ogni momento di tempo include tutto l'essere, tutto il tempo."

Questa intuizione trova una corrispondenza sorprendente nelle parole di Gesù: "Prima che Abramo fosse, Io Sono" (Gv 8,58). L'eternità non è un tempo infinitamente lungo, ma la qualità dell'essere che trascende la successione temporale. L'Apocalisse proclama Cristo come "Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8), indicando una presenza che abbraccia ogni temporalità senza esserne limitata.

Dōgen e il Nuovo Testamento convergono nell'invito a vivere pienamente l'istante presente come porta d'accesso all'eternità. "Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini" (Mt 6,34), dice Gesù, mentre Dōgen insegna che "questo momento è tutti i momenti".

La non-dualità e l'unità mistica

Superamento delle separazioni

La visione non-duale di Dōgen supera la dicotomia tra pratica e illuminazione (shushō-ittō). Nel Bendōwa scrive:

"Nella vera pratica non c'è differenza tra pratica e illuminazione. La pratica nella illuminazione è pratica pura. Anche l'illuminazione nella pratica è illuminazione pura."

Questa unità dinamica riecheggia nell'esperienza paolina dove la vita cristiana non tende verso la perfezione ma è già vita in Cristo: "Non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). L'unione mistica cristiana, pur mantenendo la distinzione personale tra creatura e Creatore, raggiunge una comunione così intima da permettere a Giovanni di affermare: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio" (1 Gv 3,2).

La kenosis (svuotamento) paolina - "spogliò se stesso assumendo la condizione di servo" (Fil 2,7) - trova paralleli nella pratica zen del "lasciar cadere corpo e mente" (shinjin datsuraku) che Dōgen sperimenta durante la sua illuminazione in Cina.

La natura di Buddha e l'imago Dei: due volti della dignità ontologica

L'universalità della sacralità

Dōgen proclama la natura di Buddha universale con radicalità rivoluzionaria. Nel Busshō (Natura di Buddha) afferma:

"Tutti gli esseri senza eccezione hanno la natura di Buddha. Questa natura di Buddha è perfettamente manifesta ora, in questo momento."

Questa universalità sacra risuona con la dottrina dell'imago Dei. Genesi proclama: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò" (Gen 1,27). Entrambe le tradizioni affermano una dignità ontologica che non dipende dalle azioni o dalle realizzazioni dell'individuo.

Tuttavia, mentre per Dōgen si tratta di riconoscere ciò che sempre è stato manifesto, il cristianesimo parla di una immagine da restaurare attraverso l'opera redentrice. Questa differenza, lungi dal creare contraddizione, suggerisce una complementarietà: l'approccio zen del riconoscimento immediato può purificare la tendenza cristiana a procrastinare l'incontro con Dio, mentre la prospettiva cristiana della crescita progressiva può arricchire la comprensione zen dell'illuminazione come processo dinamico e relazionale.

La via della compassione e dell'amore

L'apertura al dolore dell'altro

Il bodhisattva di Dōgen incarna una compassione (jihi) che abbraccia tutto l'esistente. Nel Bodaisatta Shishōbō scrive:

"Il bodhisattva considera la sofferenza di tutti gli esseri come la propria sofferenza. La loro gioia è la sua gioia. Non c'è separazione."

Questa compassione universale trova eco nell'agape cristiano. Paolo esorta: "Portate i pesi gli uni degli altri" (Gal 6,2), mentre Pietro invita: "Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori gli uni degli altri" (1 Pt 3,8). Gesù stesso incarna questa solidarietà nel dolore: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi" (Mt 11,28).

La differenza tra jihi e agape - compassione universale versus amore personale - rivela ancora una volta più una complementarietà che un'opposizione. La compassione zen può approfondire l'universalità dell'amore cristiano, mentre l'amore personale cristiano può dare calore relazionale alla compassione zen.

Il mistero della sofferenza trasformativa

Attraversare il dolore senza fuga

Dōgen non promette l'eliminazione della sofferenza ma la sua trasformazione attraverso l'accettazione consapevole. Nel fascicolo Gyōji (Pratica Continua) scrive:

"La vera pratica non è evitare le difficoltà ma attraversarle completamente. Nella piena accettazione del dolore, il dolore stesso diventa libertà."

Questa saggezza si allinea profondamente con la teologia cristiana della croce. Paolo afferma: "Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne" (Col 1,24). La croce non è eliminazione del dolore ma sua trasformazione in via di redenzione.

Entrambe le tradizioni insegnano che il tentativo di fuggire dalla sofferenza crea sofferenza maggiore, mentre l'attraversamento consapevole apre spazi di libertà impensabili. "Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16,25), echeggia il "lasciar cadere corpo e mente" di Dōgen.

La dimensione comunitaria della realizzazione

Sangha e ecclesia come corpo mistico

Dōgen comprende la realizzazione non come achievement individuale ma come manifestazione comunitaria. Nel Bendōwa scrive:

"Quando una persona si siede in zazen, tutta la terra si siede in zazen. La pratica di uno è la pratica di tutti."

Questa visione comunitaria dell'illuminazione trova parallelo nella ecclesiologia paolina del Corpo di Cristo: "Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un solo corpo, così anche il Cristo" (1 Cor 12,12). La santificazione cristiana non è mai puramente individuale ma sempre ecclesiale.

La mistica della presenza continua

Pratica ininterrotta e preghiera continua

L'insegnamento di Dōgen sulla "pratica continua" (gyōji dōkan) supera la divisione tra momenti sacri e profani. Nel fascicolo omonimo afferma:

"La vera pratica non ha inizio né fine. È come il fluire dell'acqua, continuo e naturale. Ogni respiro è pratica, ogni passo è Via."

Questa continuità spirituale risuona con l'esortazione paolina: "Pregate ininterrottamente" (1 Ts 5,17) e con la tradizione della "preghiera del cuore" dell'Oriente cristiano, dove l'invocazione del Nome di Gesù accompagna ogni battito cardiaco.

Verso una spiritualità integrale

La complementarietà delle vie

Piuttosto che vedere nello Shōbōgenzō un sistema alternativo al cristianesimo, una lettura spiritualmente matura può scoprirvi un interlocutore che arricchisce e purifica la propria comprensione del sacro. Dōgen può insegnare ai cristiani:

  • L'immediatezza dell'accesso al divino, che non richiede mediazioni complesse ma semplice presenza autentica
  • La sacralità dell'ordinario, dove ogni gesto quotidiano può diventare liturgia
  • L'accettazione trasformativa delle condizioni esistenziali, senza fuga verso un altrove spirituale
  • La non-dualità dinamica che supera le opposizioni sterili tra azione e contemplazione

Simultaneamente, la prospettiva cristiana può offrire allo zen:

  • La dimensione personale del rapporto con l'assoluto, che conferisce calore e intimità all'esperienza spirituale
  • La prospettiva evolutiva che vede nella storia e nel tempo non illusioni da superare ma l'ambito della manifestazione divina
  • L'amore come forza cosmica che non si limita alla compassione ma si fa passione trasformativa
  • La speranza escatologica che apre l'orizzonte oltre la pura accettazione dell'esistente

Conclusione: due montagne, una cima

Lo Shōbōgenzō di Dōgen e il Nuovo Testamento rappresentano due ascese verso la stessa vetta indicibile dell'assoluto. Come due sentieri di montagna che si snodano su versanti diversi, ciascuno offre panorami unici e sfide specifiche, ma entrambi conducono verso quella trasformazione radicale dell'essere umano che costituisce il cuore di ogni autentica ricerca spirituale.

L'incontro tra queste due tradizioni non richiede sincretismo o compromessi dottrinali, ma quella qualità di apertura contemplativa che Dōgen chiama "mente del principiante" (shoshin) e che Gesù indica nel "diventare come bambini" (Mt 18,3). In questa semplicità recettiva, le differenze non scompaiono ma rivelano la loro fecondità complementare.

Dōgen e Cristo, in modalità diverse ma convergenti, ci invitano alla stessa meta: quella trasformazione integrale dove, nelle parole dell'Apocalisse, "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5), e dove, nella visione di Dōgen, "il sé autentico si manifesta spontaneamente, senza ostacoli né impedimenti".

Forse la più profonda risonanza tra lo Shōbōgenzō e il vangelo risiede proprio in questa comune fiducia nella possibilità di una vita trasformata, dove l'essere umano può realizzare quella pienezza per cui è stato creato, sia che la chiamiamo regno di Dio o natura di Buddha originaria.


Bibliografia essenziale

Opere di Dōgen (traduzioni italiane)

  • Dōgen, Shōbōgenzō. La Pura Realtà, traduzione di Jiso Forzani, Ubaldini Editore, Roma 1993
  • Dōgen, Il Tesoro dell'Occhio del Vero Dharma, a cura di Mauricio Y. Marassi, 3 voll., Mondadori, Milano 2005-2009
  • Dōgen, L'Arte di Sedersi, traduzione di Carlo Tetsugen Serra, Astrolabio, Roma 1996

Studi su Dōgen in italiano

  • Marassi, Mauricio Y., Dōgen e il Sōtō Zen, Mondadori, Milano 2003
  • Forzani, Jiso, Dōgen Maestro Zen, Ubaldini, Roma 1989
  • Serra, Carlo T., La Via del Risveglio. Dōgen e la tradizione Sōtō, Promolibri, Torino 1998

Dialogo zen-cristianesimo (opere in italiano)

  • Merton, Thomas, Zen e Uccelli da Preda, Garzanti, Milano 1999
  • Johnston, William, Mistica Cristiana e Zen, Cittadella Editrice, Assisi 1996
  • Enomiya-Lassalle, Hugo M., Zen e Esperienza Mistica Cristiana, Cittadella Editrice, Assisi 1989
  • Vannucci, Giovanni, Pellegrinaggio nell'Assoluto, Mondadori, Milano 1985
  • Jäger, Willigis, La Via della Contemplazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002

Opere fondamentali in altre lingue

  • Kim, Hee-Jin, Eihei Dōgen: Mystical Realist, University of Arizona Press, Tucson 1975
  • Tanahashi, Kazuaki (ed.), Treasury of the True Dharma Eye: Zen Master Dōgen's Shobo Genzo, Shambhala, Boston 2013
  • Okumura, Shohaku, Living by Vow: A Practical Introduction to Eight Essential Zen Chants and Texts, Wisdom Publications, Boston 2012
  • Wright, Dale S., Philosophical Meditations on Zen Buddhism, Cambridge University Press, Cambridge 1998
  • Abe, Masao, A Study of Dōgen: His Philosophy and Religion, SUNY Press, Albany 1992

Mistica comparata e dialogo interreligioso

  • Merton, Thomas, The Asian Journal, New Directions, New York 1973
  • Kadowaki, Kakichi, Zen and the Bible, Orbis Books, Maryknoll 2002
  • Mitchell, Donald W., Spirituality and Emptiness: The Dynamics of Spiritual Life in Buddhism and Christianity, Paulist Press, New York 1991