Lettura
22 Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23 Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24 L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25 L'empio insolente disprezza il Signore:
«Dio non se ne cura: Dio non esiste»;
questo è il suo pensiero.
26 Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27 Egli pensa: «Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure».
28 Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29 Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30 I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31 Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32 Egli pensa: «Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla».
33 Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34 Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: «Non ne chiederà conto»?
35 Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36 Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37 Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38 Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39 per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Commento
Il prosieguo del Salmo 9 denuncia per la terza volta le macchinazioni perverse dell'empio, raffigurato come una belva in agguato per ghermire il misero. Egli è convinto che Dio non ne chiederà conto (vv. 25.32.34). Il salmista, che in un primo momento assiste angosciato all'inarrestabile trionfo del male, che fa vacillare la sua fede, giunge alla certezza che il Signore non è indifferente ed entrerà in scena con la sua potenza.
Le difficoltà e le prove che attraversano la vita rappresentano una sfida costante per la saldezza della fede di chi si sente dimenticato dal Signore, mentre vede i nemici di Dio che avanzano e hanno successo. Il problema della felicità degli empi e della cattiva sorte che spesso tocca ai deboli e agli innocenti è centrale nel libro di Giobbe.
La lontananza di Dio (v. 22) - espressa in maniera incisiva da due "Perché...?" - è un tema ricorrente nei Salmi, accompagnato dalla richiesta ad intervenire ed essere stabilmente presente (cfr. Sal 22,2.20; 35,22; 38,22; 71,12).
La traduzione letterale del v. 25 - "Dio non esiste" - dovrebbe essere "non c'è Dio". L'ateismo teoretico è infatti del tutto estraneo al pensiero degli antichi orientali. L'autore non si riferisce, dunque, alla negazione dell'esistenza di Dio, ma della sua presenza e del suo intervento a favore degli oppressi.
L'affanno e il dolore dell'oppresso "non vanno perduti", ma acquisiscono senso poiché Dio li raccoglie nelle sue mani (v. 35) per rendere giustizia nel tempo opportuno. La speranza del credente, provata ma non spenta, si riaccende d'improvviso in una supplica - il grido di battaglia di Israele (cfr. Num 10,35) - che chiama Dio a sorgere per ristabilire la giustizia tanto attesa (v. 33).
Il salmo si conclude in chiave innica con l'esaltazione della regalità del Signore (v. 37). L'uso del verbo al passato "sono scomparse le genti" è un perfectum confidentiae, che indica la certezza profetica del verificarsi di un evento futuro. La vittoria divina sul male ha nel Salmo un colore nazionalistico, ma alla luce del messaggio evangelico - dove il peccato è una questione umana, non etnica - assume una portata universale.
- Rev. Dr. Luca Vona