Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

domenica 29 settembre 2019

Festa di San Michele arcangelo e di tutti gli angeli

Le chiese d'occidente fanno oggi memoria di Michele arcangelo e di tutti gli angeli, messaggeri del Signore.
Gli angeli, secondo tutta la tradizione biblica, riassunta nella Lettera agli Ebrei, «sono spiriti inviati da Dio al servizio di coloro che devono ereditare la salvezza» (Eb 1,14). A loro, nella prima come nella nuova alleanza, Dio affida il compito di trasmettere la sua volontà al popolo d'Israele o a uomini da lui prescelti per una missione particolare. Certo, Paolo ricorda che «uno solo è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini: l'uomo Cristo Gesù» (1Tm 2,5), tuttavia le chiese cristiane hanno fin da principio riconosciuto un ruolo ai messaggeri di Dio nell'economia del Verbo: nel Nuovo Testamento è agli angeli che viene affidato l'incarico di annunciare l'incarnazione del Figlio di Dio, di custodirne il cammino terreno, di proclamarne la resurrezione, di spiegame l'ascensione, di accompagnarne il ritorno glorioso. Secondo la testimonianza degli antichi testi eucaristici d'oriente e d'occidente, i messaggeri di Dio celebrano alla presenza del Signore un'ininterrotta liturgia celeste, alla quale la liturgia della chiesa sulla terra non fa che unirsi per proclamare Dio tre volte Santo.

Tracce di lettura

La mediazione non è sostanzialmente più necessaria, là dove il Figlio ha il Padre presso di sé e dimora anzi nel seno del Padre e agisce a partire dal proprio vedere, ascoltare e toccare il Padre, in forza della propria potestà ricevuta direttamente dal Padre. E tuttavia gli angeli non possono mancare, in primo luogo perché fanno parte della gloria celeste del Figlio dell'uomo, ma in secondo luogo e soprattutto perché devono rendere visibile il carattere sociale del regno dei cieli, nel quale il cosmo dev'essere trasformato. Non deve sorgere l'impressione che il regno che il Figlio è venuto a fondare e che certamente incarna nella sua totalità (come autobasileía), sia un luogo solitario nell'assoluto. Piuttosto questo luogo in Dio, al quale devono essere condotti i redenti della terra, è fin dall'inizio «la città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste», con le sue innumerevoli schiere di angeli, la comunità festosa dei primi nati. (H. U. von Balthasar,  Gloria I. La percezione della forma)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Preghiera

Dio onnipotente ed eterno che hai e costituito il servizio degli angeli e degli uomini in un ordine meraviglioso, concedici, ti supplichiamo, che come gli Angeli santi ti offrono un perpetuo servizio nei cieli, allo stesso, modo, secondo l'incarico che gli hai affidato, possano soccorrerci e difenderci sulla terra. Per Gesù Cristo, nostro Signore. (The Book of Common prayer)




Chiesa di San Michele arcangelo, Amburgo

L'ansia per il mondo e quella per il Regno

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA QUINDICESIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Custodisci, ti supplichiamo, Signore, la tua Chiesa con la tua misericordia; e, poiché per la fragilità umana senza di te non possiamo che cadere, mantienici sempre al riparo da ciò che è dannoso e guidaci verso ciò che è profittevole per la nostra salvezza; per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Letture

Gal 6,11-18; Mt 6,24-34

Commento

Gesù ci raccomanda di non avere ansia per le ricchezze o per il nostro domani, ma è giusto avere ansia per la nostra salvezza e per la salvezza del prossimo; il cristiano e la Chiesa non devono mai venir meno a tale sollecitudine.

La vita del cristiano non è spensierata e concentrata sul cogliere edonisticamente l'attimo presente. Preghiamo invocando il Regno di Dio e il compimento della sua volontà, sospiriamo come le anime davanti al trono dell'agnello e come il salmista, dicendo "Fino a quando Signore?" (Sal 13,1; Sal 79,5; Ap 6,10).

Il messaggio evangelico non ci chiede di essere anestetizzati, di fuggire il senso di limitatezza e imprevedibilità che caratterizza la nostra esistenza umana in questo mondo. C'è un'ansia da curare e c'è un'ansia che non necessita di cure, perché è semplicemente un richiamo della retta coscienza a lavorare nella vigna che il Signore ci ha affidato, in prossimità del suo ritorno.

Esiste poi un'ansia religiosa contraria alla volontà di Dio. L'apostolo Paolo ci parla nella sua Lettera ai Galati, di coloro che vogliono fare bella figura nella carne e costringono gli altri a farsi circoncidere per non essere perseguitati per la croce di Cristo (Gal 6,12). Costoro sono anche ipocriti, perché "neppure quelli stessi che sono circoncisi osservano la legge, ma vogliono che siate circoncisi per potersi vantare nella propria carne" (Gal 6,13). 

Anche le chiese cristiane rischiano di adottare segni esteriori, atteggiamenti etici e pastorali, nell'ottica del conformismo e alla ricerca del consenso, per evitare le persecuzioni del mondo. Viene persa, così, quella sollecitudine positiva, per l'evangelizazione, per l'annuncio coraggioso del vangelo.

Gesù ci vuole liberare da queste ansie sbagliate, che esprimono un ripiegamento egocentrico e, in definitiva, una vita meschina e sofferente. Ci chiede di spostare il baricentro da noi stessi, liberandoci dalla schiavitù che caratterizza il timore della perdita, l'avversione per ciò che disturba i nostri interessi, il senso di incertezza che paralizza la nostra volontà.

La vita nella grazia è una esperienza di liberazione da tutte quelle sollecitudini vane, perché legate a ciò che è transitorio, impermanente, imponderabile. Da tutto ciò che è rassicurazione illusoria di essere salvati, come la circoncisione, le questioni di cibo o di bevanda (Rm 14,17), o qualsiasi altro segno "esteriore" di appartenenza religiosa. 

È la riscoperta di una esistenza centrata in Dio, alimentata dalla fiducia nel Padre, che con amore si prende cura delle sue creature. Egli stesso infatti ci rivestirà di un abito nuovo e splendente, come e più dei gigli del campo; ci donerà un abito di santità, perché “né la circoncisione né l'incirconcisione hanno alcun valore, ma l'essere una nuova creatura” (Gal 6,15).

- Rev. Dr. Luca Vona

mercoledì 25 settembre 2019

Convegno Nazionale "L'eredità di Wesley"

Sabato 5 ottobre 2019 dalle ore 10:00 alle 18:00


L'eredità di Wesley


Catania: Università, P.zza Dante, ex monastero benedettini


10,00: Past. Salvo Buonaccorsi, coordinatore dell’Alleanza Evangelica Italiana per la Sicilia
Benvenuto ai partecipanti.

Ore 10,15: Prof. Teresa Sardella, Storia del cristianesimo, Università degli Studi di Catania
Wesley e la tradizione del cristianesimo antico.

10,45: Prof. Giancarlo Rinaldi, Storia del cristianesimo, Università degli Studi di Napoli l’Orientale
Wesley in Italia. Le ragioni di un Convegno.

11,30: Past. Giovanni Cereda, Chiesa del Nazareno
Dottrina ed esperienza della santificazione nella tradizione wesleyana.

12,15 – 12,30 Pausa

12,30: Dr. Andrea Annese, Sapienza Università di Roma
Il metodismo italiano e John Wesley.

13,30: Dr. Luca Vona, Università degli Studi di Roma La Sapienza
La liturgia metodista delle origini tra ritualismo e spontaneità. La riforma del Prayer Book anglicano nel Sunday Service di John Wesley.

13,30: Pranzo

15,00: Dottrina ed esperienza wesleyana nell’evangelismo italiano. Tavola rotonda alla quale sono invitati rappresentanti delle denominazioni evangeliche: Chiesa Metodista, Chiesa del Nazareno, Esercito della Salvezza, Assemblee di Dio in Italia, Chiese Elim, Chiesa di Dio (Cleveland), Chiesa di Dio (Ostia), Chiesa Evangelica 'Cento per uno' (Roma)

17,30: Presentazione della Collana “L’eredità di Wesley” della casa Editrice Uomini Nuovi.

La predicazione di John Wesley (1703-1791), radicata nelle pagine del Nuovo Testamento, sono nati grandi movimenti di risveglio evangelico come quello metodista, delle chiese di santità e pentecostale. Il Convegno intende promuovere la consapevolezza del pensiero teologico, dell’identità e dell’opera sociale di questa Tradizione di fede e di risveglio.

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martedì 17 settembre 2019

Il valore del silenzio

Dal Sito Internet della Comunità di Taizé

Tre volte al giorno, sulla collina di Taizé si ferma tutto: il lavoro, gli studi biblici, le discussioni. Le campane chiamano tutti in chiesa per pregare. Centinaia, a volte migliaia di persone, per lo più giovani, da tutto il mondo pregano e cantano insieme ai fratelli della Comunità. Un brano dalle Scritture è letto in diverse lingue. Al centro di ogni preghiera comune c’è un lungo periodo di silenzio, un momento unico per incontrare Dio.

Silenzio e preghiera

Se prendiamo come nostra guida il più antico libro di preghiera, il libro dei Salmi, notiamo due principali forme di preghiera. Uno è un lamento, un grido di aiuto. L’altro è di ringraziamento e lode a Dio. Ad un livello più nascosto c’è un terzo tipo di preghiera, senza domande o più esplicite espressioni di lode. Nel Salmo 131, ad esempio, non c’è altro che tranquillità e fiducia: “Io sono tranquillo e sereno …. spera nel Signore, ora e sempre.”

A volte la preghiera diventa silenziosa. Una tranquilla comunione con Dio si può trovare senza parole. “Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” Come un bambino soddisfatto che ha smesso di piangere ed è nelle braccia della madre, così può “stare la mia anima” in presenza di Dio. La preghiera allora non ha bisogno di parole, forse neppure di pensieri.

Come è possibile raggiungere un silenzio interiore? Qualche volta siamo apparentemente in silenzio, e tuttavia abbiamo grandi discussioni dentro di noi, lotte con compagni immaginari o con noi stessi. Calmare la nostra anima richiede una specie di semplicità. “Non mi tengo occupato con cose troppo grandi o troppo meravigliose per me” Silenzio significa riconoscere che le mie preoccupazioni non possono fare molto. Silenzio significa lasciare a Dio ciò che è oltre la mia portata e le mie capacità. Un momento di silenzio, anche molto breve, è come una sosta santa, un riposo sabbatico, una tregua dalle preoccupazioni.

Il tumulto dei nostri pensieri può essere paragonato alla tempesta che colpisce la barca dei discepoli sul mare di Galilea, mentre Gesù stava dormendo. Come loro possiamo sentirci senza aiuto, pieni di ansietà ed incapaci di calmarci. Ma Cristo è abile nel venire in nostro aiuto. Come rimprovera il vento e il mare e “ci fu una grande calma”, egli può anche donare calma al nostro cuore quando è agitato dalla paura e dalle preoccupazioni. (Marco 4)

Rimanendo nel silenzio, confidiamo e speriamo in Dio. Un salmo ci suggerisce che il silenzio è perfino una forma di lode. Siamo soliti leggere all’inizio del Salmo 65: “A te si deve lode, o Dio”. Questa traduzione segue il testo greco, ma effettivamente il testo ebraico dice: “Il silenzio è lode a te, o Dio”. Quando le parole ed i pensieri si fermano, Dio è lodato in un silenzio di stupore e ammirazione.

La parola di Dio: tuono e silenzio

Sul Sinai, Dio parlò a Mosè e agli Israeliti. La parola di Dio fu preceduta ed accompagnata da tuoni e lampi ed un sempre più forte suono di tromba (Esodo 19). Secoli dopo, il profeta Elia tornò sulla montagna di Dio. Lì sperimentò tempesta,terremoto e fuoco, come era successo ai suoi antenati, ed fu pronto ad ascoltare Dio che parlava nel tuono. Ma il Signore non era in nessuno di quei potenti fenomeni familiari. Quando tutto il rumore terminò, Elia udì “il mormorio di un vento leggero” e Dio gli parlò.(1 Re 19)

Dio parla con voce forte o in un mormorio silenzioso? Dobbiamo prendere come esempio le persone riunite sul Sinai o il profeta Elia? Potrebbe essere un’alternativa sbagliata. I terribili fenomeni connessi con il dono dei Dieci Comandamenti servono a mettere in evidenza quanto questi ultimi siano seri. Accoglierli o rigettarli è una questione di vita o di morte. Vedendo un bambino correre sotto una macchina è bene gridare il più forte possibile. In situazioni analoghe i profeti riferiscono le parole di Dio per far vibrare le nostre orecchie.

Le parole dette ad alta voce sono certamente ascoltate: sono di effetto. Ma sappiamo anche che difficilmente toccano i cuori. Sono rigettate piuttosto che accolte. L’esperienza di Elia mostra che Dio non vuole impressionare, ma vuole essere capito ed accettato. Dio sceglie “il mormorio di un vento leggero” per parlare. Questo è un paradosso: Dio è silenzioso e tuttavia parla.

Quando la parola di Dio diventa “il mormorio di un vento leggero” è più efficiente di altre cose per cambiare i nostri cuori. La tempesta sul Monte Sinai spaccava le rocce, ma le parole silenziose di Dio sono capaci di fare breccia nei cuori di pietra degli uomini. Per lo stesso Elia il silenzio improvviso era probabilmente più spaventoso della tempesta e dei tuoni. In qualche modo le manifestazioni potenti di Dio gli erano familiari. Il silenzio di Dio lo disorienta, una cosa così diversa da quella che aveva sperimentato in passato.

Il silenzio ci rende pronti ad un nuovo incontro con Dio. Nel silenzio la parola di Dio può raggiungere gli angoli più nascosti dei nostri cuori. Nel silenzio, la parola di Dio dimostra di essere “efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito” (Ebrei 4,12). Nel silenzio smettiamo di nasconderci di fronte a Dio, e la luce di Cristo ci può raggiungere e guarire e trasformare anche quello di cui ci vergogniamo.

Silenzio e amore

Cristo dice: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Giovanni 15,12). Abbiamo bisogno di silenzio per accogliere queste parole e metterle in pratica. Quando siamo agitati e irrequieti , abbiamo così tanti argomenti e ragioni per non perdonare e per non amare. Ma quando “abbiamo calmato e reso quieta la nostra anima”, queste ragioni ci paiono insignificanti. Forse qualche volta rifuggiamo il silenzio, preferendo qualunque rumore, parola o distrazione, perché la pace interiore è una cosa rischiosa: ci rende vuoti e poveri, disintegra le amarezze e ci conduce al dono di noi stessi. Silenziosi e poveri i nostri cuori sono ricolmati dello Spirito Santo, riempiti con un amore incondizionato. Il silenzio è un umile ma sicuro cammino verso l’amore.

mercoledì 11 settembre 2019

La Fraternità dei Veglianti


La Fraternità dei Veglianti (Fraternité Spirituelle des Veilleurs in francese) è una comunità ecumenica e "dispersa" di eremiti della tradizione protestante francese fondata nel 1923 dal teologo Wilfred Monod, pioniere del movimento ecumenico.

Ogni eremita, protestante o di appartenente ad altre chiese cristiane, vive la propria forma di solitudine all'interno della comunità ecclesiale locale alla quale è più vicino nello spirito e nella pratica della fede. Segue un programma di preghiera tre volte al giorno secondo la propria chiamata ad essere solo con Dio. Vivendo la pratica cristiana dell'amore per il prossimo, l'eremita è sempre disponibile per gli altri bisognosi, proprio come il poustinjak della tradizione cristiana russa.

Approfondimenti

Nascita e sviluppo

La Regola

Link

Fraternité Spirituelle des Veilleurs https://sites.google.com/view/fsveilleurs/accueil

A Protestant Hermit in Search of Inner Unity,
by Pierre Léderrey http://www.hermitary.com/articles/bourguet.html

Wilfre Monod su Wikipedia (francese) https://fr.wikipedia.org/wiki/Wilfred_Monod


Risultati immagini per wilfred monod pasteur
Wilfred Monod 1867-1943

domenica 1 settembre 2019

Una lezione di preghiera da parte di Gesù

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DECIMA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Apri le tue orecchie misericordiose, Signore, alle preghiere dei tuoi servi; affinché possano essere esauditi, chiedendo quelle cose che possono compiacerti; per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Letture

1 Cor 12,1-11; Lc 19,41-47

Commento

Ai canti di esultanza della folla, con l'ingresso di Gesù a Gerusalemme fa da contrasto la profezia del Signore sulla distruzione della città e il pianto di lamentazione su di essa. Questo il senso della parola greca eklausen diverso dall' edákrysen utilizzato per descrivere l'episodio in cui Gesù piange per la morte dell'amico Lazzaro (Gv 11,35).

La lamentazione di Gesù di fronte a Gerusalemme richiama il pianto dei profeti sulle città destinate al giudizio di Dio. L'assedio della città, che avverrà per opera di Flavio Tito Vespasiano nel 70 d.C. è ricollegato al suo rifiuto del Messia promesso nel Primo Testamento. Come i vignaioli omicidi (Lc 20,9-18), dopo aver rifiutato i numerosi appelli dei profeti, i suoi capi religiosi faranno mettere a morte lo stesso Figlio di Dio. Rasi al suolo la "città santa" e il suo tempio si inaugureranno i tempi ultimi, in cui Dio verrà adorato "in spirito e verità" (Gv 4,23) dai credenti, pietre vive del tempio spirituale che è il corpo stesso di Cristo, vivificato dal suo Spirito.

Eppure tante volte anche la Chiesa, nel corso della sua storia, non ha "compreso la via della pace" (Lc 19,42), facendo proprio ciò che Paolo considera inaccettabile nella sua Prima lettera ai Corinzi: maledire nel nome di Gesù. Questo infatti il senso del dire "Gesù è anàtema": non si tratta di maledire Gesù, ma di strumentalizzare il nome del Figlio di Dio per maledire i fratelli, in modo simile a come facevano i pagani, quando ricorrevano a una divinità per maledire gli uomini.

Persino tra i fratelli che proclamano "Gesù è il Signore" (1 Cor 12,3) vi sono state nel corso dei secoli, guerre, stragi, persecuzioni. Ciò accade quando i credenti, le "denominazioni" cristiane non sanno riconoscere i rispettivi carismi e, lungi dal sentirsi parte di un solo corpo, si lasciano tentare dall'esercizio del potere e dall'imposizione violenta di un "pensiero unico" cristiano che è ben diverso dall'unità radicata nel vangelo. 

Il mercimonio che Gesù trovò dentro il tempio di Gerusalemme ha sedotto nel tempo le stesse chiese cristiane, con la vendita di indulgenze, di reliquie e di cariche ecclesiastiche, il pervertimento dei ministeri in strumento di potere anziché di servizio, lo sfruttamento delle devozioni popolari a scopo di lucro. Anche le chiese figlie della Riforma protestante non sono state esenti nella storia dalla ricerca di alleanze e compromessi con il potere politico e non sempre sono rimaste fedeli alla parola evangelica.

Ma ogni giorno il Signore insegna nel tempio (Lc 19,47); le Sacre scritture sono il metro con cui misurare quanto sono vicine le nostre chiese alla sua volontà. Quando è fondata sulla Parola di Dio, la Chiesa può resistere a ogni assedio, perché fondata sulla roccia che è Cristo stesso (Mt 7,24-25). I doni dello Spirito saranno così distribuiti in abbondanza e Dio opererà tutto in tutti.

- Rev. Dr. Luca Vona