Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

martedì 17 giugno 2025

Fermati 1 minuto. Supplemento di amore

Lettura

Matteo 5,43-48

43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Commento

La prima parte del comandamento citato da Gesù, l'amore per il prossimo, è contenuta nella legge mosaica (Lv 19,18). Sebbene l'odio verso i malvagi nell'Antico Testamento sia considerato giusto (Sal 139,19-22), non c'è propriamente un comandamento che prescriva di odiare i propri nemici. Inoltre va rilevato che la parola "odiare" in ambito semitico non ha la connotazione estremamente negativa acquisita nel nostro linguaggio. 

Gesù estende ai nemici il comandamento dell'amore e invita i suoi discepoli a imitare l'esempio del Padre, che concede i suoi doni sia ai buoni che ai cattivi. Un cenno all'amore per i nemici è contenuto nell'Antico Testamento, nel libro dei Proverbi (Prov 25,21).

I pubblicani vengono assurti a simbolo del "nemico" di Israele per eccellenza. Erano infatti gli esattori delle tasse al servizio dei romani e perciò particolarmente odiati. Matteo era stato uno di loro, prima di diventare discepolo di Gesù.

L'esortazione di Gesù a non limitarsi ad amare i propri fratelli (v. 47) mette in guardia da ogni settarismo, che era proprio delle diverse correnti ebraiche e rischia di essere replicato nella Chiesa. Un atteggiamento stigmatizzato anche da Paolo nella sua prima lettera ai Corinti: "Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli (...) che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: 'Io sono di Paolo', 'Io invece sono di Apollo', 'E io di Cefa', E io di Cristo!'" (1 Cor 1,12). I cristiani dovrebbero dunque evitare che le differenze denominazionali diventino fonte di divisione nella Chiesa.

Ai discepoli di Gesù è richiesto un supplemento di amore, che li renda capaci di dare a tutti più degli altri; questo è il distintivo del loro essere cristiani.

Gesù ci insegna che la pratica del vangelo è più che semplice umanesimo. Lo sforzo che richiede per vincere la tendenza retributiva della nostra natura e imitare il Padre nella sua benevolenza può giungere a compimento solo con l'assistenza della grazia santificante, effusa dallo Spirito.

Preghiera

Rendici capaci, Signore, di un amore senza condizioni; come tu per primo ci hai amato, donandoci tutto te stesso nell'opera della redenzione. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

lunedì 16 giugno 2025

Giovanni Taulero e l'abisso dell'anima

Il 15 giugno 1361 muore a Strasburgo, dov'era nato agli inizi del secolo, Johannes Tauler, frate domenicano e testimone fra i più amati nel medioevo occidentale.

Di famiglia benestante, Johannes era entrato nel convento domenicano di Strasburgo non ancora quindicenne, e vi aveva ricevuto una tradizionale educazione scientifica, teologica e spirituale. Ma la vera spinta a ripensare in profondità la sua fede gli venne dal fatto di vivere un tempo di grandi conflitti e contraddizioni al vangelo, anche in seno al suo Ordine, che avevano provocato a più riprese gli interventi diretti del capitolo generale dei Predicatori.
Per rispondere alla decadenza nella vita spirituale dei religiosi e del popolo cristiano, Tauler diede vita ai cosiddetti «amici di Dio», ossia a gruppi di cristiani impegnati a vivere una vita di fede maggiormente fondata sull'ascolto del vangelo e sulla preghiera personale.
In anni di intenso apostolato in seno ai conventi domenicani dell'Alsazia e presso i beghinaggi della regione, Tauler insegnò un modo di vivere l'esperienza dell'incontro con Dio ispirato alla visione teologica dei padri della chiesa e nel contempo alla mistica di Meister Eckhart. Egli formò così intere generazioni di credenti a una spiritualità capace di sostenere un impegno concreto e coerente con il vangelo nella vita di tutti i giorni.
Alla sua morte, Tauler lasciò una collezione di Sermoni che rimangono fra le espressioni più sobrie ed evangeliche della letteratura mistica medievale.

Tracce di lettura

L'autentica preghiera è una vera ascensione in Dio, che eleva completamente lo spirito, cosicché Dio può in verità entrare nel fondo più puro, più intimo, più nobile, più interiore, dove solo c'è vera unità, riguardo al quale Agostino dice che l'anima ha in sé un abisso nascosto che non ha nulla a che fare con il tempo e con tutto questo mondo.
In questo nobile, delizioso abisso, in questo regno celeste, là s'immerge la dolcezza, è là eternamente il suo posto, e là l'uomo diventa tanto silenzioso, essenziale e assennato, e sempre più distaccato, più interiorizzato e più elevato in una maggior purità e passività, e sempre più abbandonato in ogni cosa, perché Dio stesso è venuto di presenza in questo nobile regno, e vi opera, vi dimora e vi regna.
Allora l'uomo acquista una vita tutta divina, e lo spirito si fonde qui completamente, s'infiamma in ogni cosa ed è attirato nel fuoco ardente della carità che è essenzialmente per natura Dio stesso. Da tale stato, gli uomini ridiscendono poi a tutte le necessità del santo popolo cristiano, si volgono con una preghiera e un desiderio santi verso tutto ciò per cui Dio vuole essere pregato, e a vantaggio dei loro amici, vanno ai peccatori e si adoperano in tutta carità a trovare rimedio per i bisogni di ciascun uomo.
(J. Tauler, Sermoni 24,7)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Johannes Tauler - Wikiquote
Johannes Tauler (ca 1300-1361)

Fermati 1 minuto. La perfezione della giustizia, frutto della grazia

Lettura

Matteo 5,38-42

38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39 ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; 40 e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41 E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42 Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.

Commento

Gesù cita la legge del taglione, applicata nel mondo antico, secondo la quale si infligge al responsabile di una lesione personale la stessa lesione da lui provocata alla vittima. Questa legge (Es 21,24; Dt 19,21; Lv 24,20) ha lo sopo di moderare la vendetta, nel senso di non assegnare una lesione superiore al male ricevuto. Per offese meno gravi, come le ingiurie, era permesso un risarcimento pecuniario.

Gesù proibisce ogni forma di riparazione compensativa, non per una passività fine a se stessa, bensì per un atteggiamento tendente a indurre il nemico a cambiare e a vivere secondo giustizia.

Non opporsi al malvagio significa qui non reagire a chi ci fa del male contraccambiandolo sul piano personale o perseguendolo sul piano giudiziario. Una simile predisposizione al perdono può nascere dalla consapevolezza di essere stati noi per primi perdonati e giustificati da Dio per le nostre mancanze.

Questo atteggiamento riguarda la sfera personale e non la lotta contro azioni criminali (Rm 13,4) o aggressioni militari.

Solo il primo dei cinque esempi portati da Gesù riguarda direttamente la riparazione di un torto subito; gli altri invece mettono in evidenza la liberalità del comportamento cristiano. 

Non reagire alle offese attesta il rimettere a Dio il giudizio. Ma la perfezione della nuova legge è espressa dalla preghiera per i propri nemici (Mt 5,44), di cui Gesù stesso dà testimonianza sulla croce: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Solo la grazia santificante può renderci capaci di giungere a un grado così alto di perfezione.

Dare il mantello (lunga veste esterna) era un sacrificio più grande che non dare la tunica (veste interna). Inteso anche nella sua dimensione spirituale questo atto significa coprire sotto il manto della misericordia le mancanze del prossimo.

Compiere due miglia con chi chiede di accompagnarlo per uno indica la disponibilità a prestare il proprio tempo e il proprio sostegno a chi ne ha bisogno. Deviare dalla propria strada per accompagnare il nostro prossimo sulla sua è spesso un sacrificio che ci costa grande fatica, perché il tempo è spesso quanto di più prezioso abbiamo a disposizione. Gesù risorto, sulla via di Emmaus, si farà compagno dei due discepoli lungo il loro cammino, confortandoli dalla tristezza e spiegandogli le Scritture.

Gesù invita poi alla generosità; chiedere di dare un prestito a chi ne ha bisogno equivale a imitare la stessa magnanimità di Dio, il quale ci ha dato la vita, i beni della creazione, i nostri talenti personali, e ci soccorre con la sua grazia. Un mondo in cui ciascuno applicasse la stessa giustizia di Dio, riguardo la quale Gesù afferma "chiedete e vi sarà dato" (Lc 11,9), sarebbe un mondo giusto e solidale. Un mondo che applicasse il suo comandamento di amarci gli uni gli altri come egli ha amato noi (Gv 15,12) camminerebbe sulle vie della pace (Lc 1,79).

Preghiera

Porta a perfezione la nostra giustizia, Signore, affinché facendoci tuoi imitatori possiamo contribuire all'avvento del tuo regno. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

sabato 14 giugno 2025

Eliseo, profeta della fedeltà all'unico Dio

Le chiese ortodosse ricordano in questo giorno il profeta Eliseo, la cui vita è narrata nel Primo e nel Secondo libro dei Re.

Eliseo era figlio di Safat, secondo la tradizione un ricco agricoltore della valle del Giordano, e ricevette la vocazione profetica attraverso la mediazione di Elia.
Egli fu l'erede e il continuatore dell'opera profetica di Elia, come ricordano sia l'episodio della chiamata di Eliseo al profetismo, sia quello dell'ascensione di Elia in cielo sopra un carro infuocato. I due terzi dello spirito che Eliseo chiede al proprio maestro rappresentano infatti la parte di eredità spettante al primogenito nelle famiglie di quel tempo.
Eliseo, il cui nome significa «Dio salva», esercitò il proprio ministero nella seconda metà del IX sec. a.C., annunciando la potenza vivificante del Dio di Israele con la parola e con le opere che compì nel suo nome, soprattutto a vantaggio dei piccoli e dei sofferenti. Egli rivendicò con coraggio nel regno del nord la fedeltà al Dio unico in un periodo delicato per la storia della monarchia in Israele.
Eliseo morì agli inizi dell'VIII sec. a.C. dopo aver consegnato l'ultima istruzione a Ioas, re d'Israele.

Tracce di lettura

Disceso dall'Oreb, Elia incontrò Eliseo figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quegli lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va' e torna, perché sai bene cosa ho fatto di te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con gli attrezzi per arare ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.

Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Eliseo, profeta (IX sec.)

Richard Baxter. La santità pratica, oltre il legalismo

La Chiesa anglicana fa oggi memoria di Richard Baxter (1615-1691), uno dei più influenti teologi puritani inglesi del XVII secolo. Nato nel Shropshire, ricevette un'educazione prevalentemente autodidatta che forgiò il suo carattere intellettuale indipendente.

Ordinato nel 1638, Baxter iniziò il suo ministero in un periodo di grandi trasformazioni religiose e politiche. La sua esperienza pastorale a Kidderminster (1641-1660) rappresentò il culmine della sua attività ministeriale, dove trasformò una comunità moralmente degradata in un modello di vita cristiana attraverso la predicazione appassionata e la cura pastorale sistematica.
Baxter sviluppò una teologia che cercava di mediare tra le diverse correnti protestanti del suo tempo. Pur rimanendo fedele ai principi riformati, propose un approccio moderato che enfatizzava l'importanza della santificazione pratica e della vita devozionale. La sua opera principale, "The Reformed Pastor" (1656), divenne un classico della letteratura pastorale, sottolineando la necessità per i ministri di essere esempi viventi di fede.

Il suo pensiero si caratterizzava per l'equilibrio tra ortodossia dottrinale e pietà pratica, opponendosi sia al legalismo rigido che al libertinismo. Baxter credeva fermamente nell'importanza dell'educazione religiosa e nella disciplina ecclesiastica come strumenti di crescita spirituale.

Autore prolifico con oltre 160 opere pubblicate, Baxter influenzò profondamente il puritanesimo inglese e la tradizione evangelica successiva. La sua enfasi sulla conversione personale, la santità pratica e il ministero pastorale continuò a ispirare generazioni di predicatori e teologi, consolidando il suo posto tra i grandi maestri della spiritualità protestante.

Tracce di lettura

Il riposo dei santi non consiste nell'ozio, ma in quella dolce e incessante azione dell'anima che è perfettamente adeguata alle sue facoltà rinnovate. Come il sole non si stanca mai di splendere, né le fontane di fluire, così i santi glorificati non si stancheranno mai di amare, lodare e servire il loro Creatore. La loro attività sarà la loro felicità, e la loro felicità la loro attività. (Richard Baxter, Il riposo eterno dei santi, 1650)

Il vento soffia dove vuole

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che hai donato a noi, tuoi servi, la grazia di riconoscere la gloria della tua divina maestà, mediante la confessione della vera fede; ti supplichiamo di custodirci in questa fede e di difenderci da ogni avversità; tu che vivi e regni, unico Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

Letture

Ap 4,1-11; Gv 3,1-15

Commento

Nella conversazione notturna con l’amico Nicodemo Gesù ci lascia un insegnamento sul suo modo di intendere l’impegno religioso, lontano dal semplice senso di appartenenza o dalla fedeltà legalistica alla lettera dei testi sacri. Il vento soffia (Gv 3,8), ma occorre dispiegare le vele della fede per lasciarci guidare dallo Spirito.

La direzione dalla quale e verso la quale si muove lo Spirito non è prevedibile, è capace di sorprenderci sempre. Per questo occorre essere dei navigatori attenti alle sue sollecitazioni, in modo da sapere da quale direzione prendere il vento. La nostra traversata si compie sotto la spinta di una fonte di energia che non può essere accumulata e conservata. È dunque necessaria una nostra apertura allo Spirito qui ed ora, in ogni momento, che si manifesta nella meditazione assidua della Parola di Dio. La nostra docilità alla sua azione non può venire meno, se non vogliamo esporci alle correnti e andare alla deriva.

Il lungo periodo liturgico che va dalla domenica dopo Pentecoste fino all'Avvento riassume il principio e al tempo stesso il fine ultimo della creazione, la ragione per cui siamo stati creati e ciò che costituirà la nostra vita quando avremo combattuto la buona battaglia e preservato la fede fino alla fine: la vita in comunione con Dio, partecipando al suo mistero.

Ma occorre rinascere dall'alto, dall'acqua e dallo Spirito Santo. Occorre lasciarsi rigenerare da Dio, per vedere il mondo con occhi sempre nuovi, per ascoltare e gustare tutte le cose con la meraviglia di un bambino da poco venuto alla luce.

Tutto è straordinario per chi accoglie il dono dello Spirito. La vita del cristiano non ha mai nulla di ordinario nel senso peggiorativo del termine. La noia, la monotonia, il vuoto, sono sensazioni lontane dalla vita di chi possiede Cristo. Chi ha fede non ha bisogno di stordire i sensi con emozioni sempre nuove. La fede rende la vita quotidiana luogo di incontro con Dio, in cui diventiamo destinatari e al tempo stesso dispensatori delle sue benedizioni.

- Rev. Dr. Luca Vona

venerdì 13 giugno 2025

Evagrio Pontico. "Se preghi sei veramente teologo"

Nel 399, il giorno dell'Epifania, si spegne Evagrio Pontico, monaco e maestro di vita spirituale nel deserto egiziano.
Era nato attorno al 345 a Ibora, nel Ponto, in una famiglia di alti notabili, e questo gli permise di ricevere una formazione completa e raffinata.
Ordinato lettore da Basilio, egli divenne membro del clero di Cesarea, ove rimase fedele al proprio vescovo fino alla morte di quest'ultimo. Quindi si trasferì a Costantinopoli dall'amico Gregorio di Nazianzo, che lo ordinò diacono e lo volle al proprio fianco nella difficile lotta contro gli ariani.
Quando Gregorio si ritirò, egli trascorse un certo tempo al servizio del nuovo patriarca Nettario, finché una serie di drammatiche circostanze finì, secondo le sue stesse parole, per «esiliare Evagrio nel deserto». Fuggito da Costantinopoli, si recò a Gerusalemme, e quindi raggiunse il deserto egiziano di Nitria attorno al 384. Dopo due anni di vita semianacoretica alla scuola di Macario di Alessandria e di Macario il Grande, egli ottenne un maggiore isolamento nel deserto delle Celle.
La sua lotta nel deserto, non del tutto scelta ma pienamente assunta, non fu vana. Nel deserto Evagrio sviluppò infatti una sintesi di teologia e di monachesimo pratico unica per il suo tempo. La sua sensibilità psicologica, la sua finezza analitica ne fecero uno dei più grandi maestri spirituali dell'antichità, e a lui si ispireranno Massimo il Confessore, Isacco il Siro e Simeone il Nuovo Teologo, per citare solo i padri più famosi.
La condanna di alcune sue affermazioni, avvenuta a quasi due secoli dalla morte e in circostanze non chiare, ha a lungo infangato la memoria di Evagrio, anche se non ha impedito che i suoi scritti, spesso sotto altro nome, giungessero fino a noi. Solo la critica moderna gli ha restituito l'onore che si merita.

Tracce di lettura

La fede è il principio della carità; il fine della carità, la conoscenza di Dio.
(Evagrio, Ai monaci 3)
«Fa', o Signore, che conosca le tue vie, e insegnami i tuoi sentieri». Chi vuole conoscere «le vie del Signore», diventi mite. Si dice infatti: «Ai miti egli insegnerà le sue vie». Sono miti coloro i quali hanno placato nell'anima la lotta indefessa dell'irascibilità e della concupiscenza, nonché la lotta delle passioni da esse suscitate.
(Evagrio, Scholia sui Salmi 24,4)
Nessuna virtù produce la sapienza come la mitezza, a motivo della quale anche Mosè fu lodato, perché era «il più mite di tutti gli uomini».
(Evagrio, Lettere 36,3)
Dimmi, dunque, perché la Scrittura, quando ha voluto esaltare Mosè, ha lasciato da parte tutti i segni mirabili e pensato unicamente alla mitezza? ... Essa infatti dice che egli, nel deserto, stette tutto solo davanti al volto di Dio, quando questi volle annientare Israele, e chiese di essere annientato con i figli del suo popolo. Egli presentò dinanzi a Dio l'amore per gli uomini e la trasgressione dicendo: «Perdona loro, o cancellami dal libro che tu hai scritto». Così parlo il mite! Dio allora preferì perdonare coloro che avevano peccato, piuttosto che far torto a Mosè.
(Evagrio, Lettere 56,6).
Se sei teologo pregherai veramente, e se preghi veramente sei teologo.
(Evagrio, Sulla preghiera 60)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Fermati 1 minuto. La custodia del cuore

Lettura

Matteo 5,27-32

27 Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28 ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
29 Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. 30 E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
31 Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32 ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

Commento

Gesù porta alle estreme conseguenze la legge del Decalogo, riconducendola al suo spirito più profondo. Il cristiano non si accontenta di combattere l'atto esteriore dell'adulterio, ma anche il desiderio, che rappresenta già una scelta interiore di infedeltà. Le sue radicali raccomandazioni contro le passioni disordinate (v. 29) non costituiscono un invito all'automutilazione, poiché la lussuria nasce dal cuore, ma indicano la gravi conseguenze del peccato. 

La Geenna era la valle di Hinnom, situata sul lato meridionale del Monte Sion, in cui era stato praticato nell'antichità il culto pagano di Moloch (che prevedeva anche olocausti di bambini); divenne in seguito una discarica, in cui venivano bruciati i rifiuti. Il desiderio disordinato è un fuoco che consuma senza sosta e tiene l'uomo lontano dalla presenza di Dio.

Il vangelo insegna che la sessualità è un linguaggio di amore e la sottoscrizione di un'alleanza, non va dunque banalizzata trasformando gli altri in mero oggetto di piacere.

Radicale è l'atteggiamento di Gesù anche sulla questione del ripudio. Questo è giustificato dalla legge mosaica nel caso sia intervenuto qualcosa di sconveniente (Dt 24,1), ma deve avvenire mediante il rilascio di un attestato scritto per salvaguardare la donna dall'accusa di adulterio. Altrove Gesù afferma che Mosè ha permesso il ripudio per la durezza del cuore degli uomini, ma che "'in principio non fu così'" (Mt 19,1-9). L'atto di ripudio va dunque considerato una condizione a tutela della moglie, non come un precetto ma come una concessione. Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini.

Il vangelo chiede ai coniugi una piena donazione reciproca. Viene posta l'eccezione nel caso di porneia, che può essere interpretato come "concubinato" (rapporti considerati illegittimi, perché tra parenti prossimi (cfr. Lv 18,6-18), ma anche come adulterio del coniuge. Il rigore di Gesù sulla questione del ripudio è riferito anche dal Vangelo di Marco (Mc 10,11-12) e dal Vangelo di Luca (Lc 16,18). Paolo ribadisce il divieto del ripudio, anche se appronfondisce la questione indicando la possibilità per la moglie di separarsi dal marito, a condizione di rimanere senza sposarsi una seconda volta (1 Cor 7,10-11).

Con le sue raccomandazioni Gesù ci invita a prenderci cura dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, perché le opere malvagie, così come quelle buone, vengono dal di dentro. La nostra mente e il nostro cuore plasmano l'uomo esteriore, ne orientano le azioni e determinano le loro conseguenze. Conserviamo integro il nostro spirito, nello stesso modo in cui ci prendiamo cura del nostro corpo. Esaminare la propria anima, non lasciarsi soggiogare dalle passioni, saper fare una selezione delle continue sollecitazioni che provengono dal mondo è la virtù dell'uomo sapiente e fedele a Dio.

Preghiera

Custodisci la porta del nostro cuore, Signore, affinché possiamo restare fedeli a te e a coloro che ci hai chiamato ad amare. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

mercoledì 11 giugno 2025

La fede radicale di Walter Brueggemann in 10 citazioni indimenticabili

Walter Brueggemann credeva che il futuro fosse ancora da scrivere. Lo studioso biblico e teologo, morto il 5 giugno all'età di 92 anni, ha dedicato la sua carriera straordinariamente prolifica a incoraggiare i cristiani a pensare oltre ciò che è e a immaginare ciò che potrebbe essere. Quella possibilità, credeva, era radicata nella speranza di un Dio che desidera giustizia per gli emarginati. Brueggemann aveva uno spirito umile, una mente accademica e un'anima poetica — ma non lasciatevi ingannare: era, soprattutto, un radicale.

Nacque nel Nebraska rurale, figlio di un pastore che si innamorò presto del mondo accademico. Dopo aver conseguito un dottorato di ricerca presso la Saint Louis University, divenne professore di Antico Testamento al Eden Theological Seminary fuori St. Louis, Missouri, prima di assumere lo stesso ruolo al Columbia Theological Seminary a Decatur, Georgia, dove prestò servizio dal 1986 fino al suo pensionamento quasi due decenni dopo. Durante la sua carriera, Brueggemann conquistò un vasto pubblico, che attraversava diverse denominazioni, per la sua esegesi biblica orientata alla giustizia. Credeva che Gesù stesse dalla parte dei poveri, degli emarginati e degli esclusi, e che il cristianesimo, preso sul serio, dovesse sempre esistere in opposizione profetica all'impero.

Lo fece attraverso libri molto amati come "Truth Speaks to Power" (2013), "Sabbath as Resistance" (2014), e, più famoso di tutti, "The Prophetic Imagination" (1978), che rimane un testo indispensabile per qualsiasi cristiano impegnato nella giustizia. "L'Immaginazione Profetica ha dato a innumerevoli cristiani bianchi della corrente principale il permesso di riconsiderare la giustizia sociale come parte integrante della loro fede e pratica", ha dichiarato a Sojourners nel 2018 il teologo attivista Ched Myers. "In esso un membro rispettato della corporazione accademica (e un presbiteriano) ha osato oltrepassare il divario tra seminario, santuario e strade — qualcosa di fin troppo raro negli studi biblici professionali bianchi dell'epoca."

Il modo migliore per onorare Brueggemann è iniziare a leggere. Prendete "The Prophetic Imagination", "Sabbath as Resistance", o uno qualsiasi dei più di 100 libri che ha scritto. Mentre piangiamo la sua perdita e celebriamo la sua eredità, ecco alcune citazioni da alcuni di quei libri per ispirare la vostra riflessione e motivarvi verso il tipo di fede che Brueggemann credeva tutti noi dovessimo aspirare ad avere: una fede che prospera nella possibilità del futuro ancora da scrivere.

Le 10 Citazioni

1. "La compassione costituisce una forma radicale di critica, perché annuncia che il dolore deve essere preso sul serio, che il dolore non deve essere accettato come normale e naturale ma è una condizione anormale e inaccettabile per l'umanità." – Da "The Prophetic Imagination"

2. "La speranza, da una parte, è un'assurdità troppo imbarazzante di cui parlare, perché va contro tutte quelle affermazioni che ci hanno detto essere fatti. La speranza è il rifiuto di accettare la lettura della realtà che è l'opinione della maggioranza; e si fa questo solo a grande rischio politico ed esistenziale. D'altra parte, la speranza è sovversiva, perché limita la grandiosa pretesa del presente, osando annunciare che il presente verso cui tutti abbiamo preso impegni è ora messo in discussione." – Da "The Prophetic Imagination"

3. "Quel riposo divino del settimo giorno della creazione ha reso chiaro (a) che YHWH non è un maniaco del lavoro, (b) che YHWH non è ansioso riguardo al pieno funzionamento della creazione, e (c) che il benessere della creazione non dipende dal lavoro senza fine." – Da "Sabbath as Resistance"

4. "Sia nel suo insegnamento che nella sua presenza stessa, Gesù di Nazareth ha presentato la critica definitiva della coscienza regale. Ha, infatti, smantellato la cultura dominante e annullato le sue pretese. Il modo della sua critica definitiva è la sua solidarietà decisiva con le persone marginali e la vulnerabilità che accompagna quella solidarietà richiesta da essa. L'unica solidarietà che vale la pena affermare è la solidarietà caratterizzata dalla stessa impotenza che essi conoscono e sperimentano." — Da "The Prophetic Imagination"

5. "Il risultato è delegittimare e decostruire i re in modi efficaci per mostrare che mentre occupano le forme del potere, mancano della sostanza del potere." – Da "Truth Speaks to Power"

6. "Dato che ora viviamo in una società — e in un mondo — che sta andando a tentoni verso il fascismo, rompere il silenzio è del tutto urgente. Nella vita istituzionale della chiesa, inoltre, rompere il silenzio attraverso la testimonianza del vangelo spesso significa rompere il silenzio tra coloro che hanno un interesse determinato nel mantenere lo status quo." — Da "Interrupting Silence"

7. "La preghiera è un rifiuto di accontentarsi di ciò che è." — Da "Interrupting Silence"

8. "Il mondo non ha bisogno che la chiesa parli di ciò che è già possibile. Il lavoro della chiesa è combattere la definizione del mondo di ciò che è credibile e incredibile." — Da "A Gospel of Hope"

9. "Quindi l'immaginazione profetica è radicata nella convinzione che Dio stia facendo qualcosa di vivace nel mondo. Che possa essere lento, ma è molto sicuro, e che un mondo nuovo stia nascendo che screditerà e respingerà il vecchio totalismo." — Da "Called to a Dangerous Oddness"

10. "La pratica dell'immaginazione profetica richiede energia, coraggio e libertà e il senso di essere altrimenti. Non ho dubbi che stiamo ora arrivando a un momento in cui non c'è più una via di mezzo. Che o aderiamo acriticamente al totalismo, o prendiamo su di noi questo compito di pericolosa stranezza che espone le contraddizioni e realizza le alternative." – Da "Called to a Dangerous Oddness"

Fermati 1 minuto. L'accoglienza e il rifiuto dell'annuncio di pace

Lettura

Matteo 10,7-15

7 E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. 8 Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9 Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, 10 né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento.
11 In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. 12 Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13 Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. 14 Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. 15 In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.

Commento

Il messaggio degli apostoli - che annuncia la prossimità del regno dei cieli e la necessità della conversione è lo stesso di Giovanni Battista e di Gesù.

In questa prima fase del mandato missionario Gesù chiede di non andare tra i pagani, perché il vangelo andrà annunciato prima al popolo di Israele. Non chiede agli apostoli di compiere prodigi come spostare le montagne o far scendere il fuoco dal cielo, ma di farsi benedizione, perché l'amore e la bontà sono l'essenza del regno, di cui sono chiamati a stabilire le fondamenta.

Allo stesso modo in cui i dodici hanno ricevuto la loro chiamata e la missione come dono di Dio, così tutto dovranno donare agli altri gratuitamente. Non potranno, dunque, richiedere denaro in cambio del loro ministero, ma gli è concesso di accettare solo ciò che è strettamente necessario alle necessità di base, come il nutrimento (v. 10).

L'equipaggio leggero degli apostoli, privi di denaro, bisaccia, vesti di ricambio e persino di sandali e di bastone (v. 10), indica il completo affidamento alla provvidenza divina e li mette al riparo dall'accusa di avidità. I discepoli dovranno accettare l'offerta di ospitalità risiedendo in una sola casa, senza perdere tempo a cercare una sistemazione migliore. 

Gesù invita gli apostoli a porgere un saluto di pace nei luoghi in cui entreranno che, se non accolto, ritornerà a chi l'ha pronunciato. La prima azione compiuta dagli apostoli durante la loro missione non è, dunque, quella di impartire dei comandamenti, ma di portare la pace di Dio. La pace è associata al giungere dell'era messianica (Is 9,6; 52,7; Ne 1,15; Zc 9,10: Mc 5,5); è degna di riceverla la casa che accoglie il messaggio di salvezza del vangelo, sottraendosi al giudizio.

Il gesto di scuotere la sabbia dai piedi esprime la rottura completa nei confronti di coloro che non credono. I giudei erano soliti compiere questa azione dopo aver viaggiato in regioni pagane. I discepoli estenderanno questo gesto alle località giudaiche che rifiutano il messaggio di Gesù, e che per questo saranno sottoposte allo stesso giudizio dei pagani increduli.

Sòdoma e Gomorra sono città della Pentapoli, in Transgiordania, rappresentate nell'Antico Testamento come luoghi di dissolutezza e di peccato, ma delle quali viene punita soprattutto la mancata ospitalità verso i messaggeri di Dio (Gen 19,1-29). Diventano qui immagine del rifiuto radicale di Cristo e del vangelo.

Le parole utilizzate da Gesù nel suo mandato missionario sono un monito a mantenere viva l'urgenza dell'evangelizzazione, alla quale non sono chiamati solo degli "specialisti", ma tutti coloro che sono stati battezzati in Cristo. Della sua missione sacerdotale, regale e profetica siamo resi partecipi e in virtù di questo siamo costituiti apostoli.

Preghiera

Rendici, Signore, perseveranti nell'annuncio del tuo vangelo di salvezza; affinché superando le difficoltà, il rifiuto e l'ostilità del mondo, possiamo adempiere al tuo mandato. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Barnaba, il "tredicesimo apostolo"

Le chiese d'oriente e d'occidente ricordano oggi l'apostolo Barnaba.
Pur non essendo uno dei Dodici, Barnaba ricevette il titolo di apostolo a motivo del ruolo importante che ebbe nella chiesa primitiva.
Originario di Cipro e appartenente alla tribù di Levi, Giuseppe chiamato Barnaba, ovvero «figlio della consolazione», vendette il campo che possedeva e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli. Con questo gesto, Barnaba mostrò di aver capito che soltanto chi si spoglia di tutto si pone realmente alla sequela di Cristo, il cui fine è la koinonia, la comunione nell'amore, segno eminente che distingue le autentiche comunità cristiane.
Barnaba è ricordato inoltre per essere stato il tramite tra Saulo di Tarso e il gruppo degli apostoli. Fu infatti lui a presentare loro Paolo, al quale si affiancò, accompagnandolo ad Antiochia e poi nel primo viaggio missionario. In seguito, per dissensi con l'apostolo degli incirconcisi, si separò da lui e tornò a Cipro con suo cugino Giovanni Marco.
Secondo la tradizione, dopo aver predicato il vangelo a Roma e a Milano, Barnaba si recò a Salamina dove morì martire, lapidato attorno all'anno 63.

Tracce di lettura

Nessuno tra di loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio della consolazione», un levita originario di Cipro, che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.
(At 4,34-37)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

martedì 10 giugno 2025

Fermati 1 minuto. Sale e luce

Lettura

Matteo 5,13-16

13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15 né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Commento

Le immagini del sale e della luce attestano chiaramente che Gesù desidera che i suoi discepoli siano capaci di influenzare la realtà toccata dalla loro predicazione e testimonianza di vita. Come "conservante" il "sale" dei discepoli contrasta il decadimento morale del mondo, ma aggiunge anche sapore, rendendo il mondo un posto migliore. Il sale è un rimedio per le pietanze insipide ma non c'è rimedio per il sale insipido.

La lampada serve per illuminare le tenebre e non ha senso nasconderla. I cittadini del regno di Dio sono luce e devono risplendere davanti agli uomini; vedendo le loro buone opere questi saranno mossi ad amare e servire Dio.

Gesù definisce se stesso la luce del mondo (Gv 8,12); i credenti partecipano della sua luce mediante il dono della grazia.

Lungi dal fuggire dal mondo Gesù ci invita alla testimonianza, per contribuire alla gloria di Dio. Testimonianza che può esprimersi con un attivo impegno nella società e nella vita della polis, o che può farsi eloquente silenzio quando nella solitudine contemplativa ci si fa segno vivente di quell'amore per l'unico bene necessario (Mt 19,17).

Preghiera

Confermaci, Signore, nella testimonianza fedele del tuo vangelo di salvezza; affinché il mondo possa santificare il tuo nome. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Le chiese libere: da minoranza perseguitata a corrente principale del protestantesimo globale

Leader ecclesiastici di tutto il mondo si sono riuniti ad Amsterdam per commemorare i 500 anni della tradizione delle Chiese Libere, che iniziò come minoranza perseguitata ma è cresciuta fino a diventare oggi la più grande corrente all'interno del cristianesimo protestante.

Il punto di partenza di questo movimento non fu Amsterdam, ma piuttosto una piccola città chiamata Zollikon, appena fuori Zurigo in Svizzera, nel 1525. Un gruppo di credenti, espulsi da Zurigo dopo aver condotto i primi "battesimi di credenti" in una casa privata, iniziò a leggere la Bibbia e a "spezzare il pane" insieme nelle case degli uni e degli altri. Il Discorso della Montagna e lo stile di vita comunitario della chiesa primitiva li ispirarono a diventare una comunità vincolante di fratelli e sorelle in Cristo.

Il villaggio visse un risveglio, con oltre cento persone che furono (ri-)battezzate come credenti. Questo fu il primo tentativo nella storia protestante di formare una comunità cristiana volontaria indipendente dallo stato.

Persecuzione

Per il riformatore svizzero Ulrico Zwingli e il Consiglio di Zurigo, questa separazione non poteva essere tollerata. Le riunioni non autorizzate avrebbero frammentato la società, sostenevano, minando ogni ordine e portando all'anarchia. Per il bene della coesione sociale, dovevano essere soppresse. Felix Manx, nella cui casa avevano avuto luogo i primi battesimi, fu il primo a ricevere il "terzo battesimo" – l'esecuzione per annegamento nel fiume Limmat, per mano degli anziani della chiesa protestante e della città. Come per la chiesa primitiva, tuttavia, la persecuzione e il martirio fecero solo sì che il movimento si sviluppasse sottotraccia, diffondendosi rapidamente. Comunità interdipendenti e volontarie di credenti si moltiplicarono in molti paesi dell'Europa centrale e settentrionale, in particolare nelle regioni di lingua tedesca e olandese. Mentre alcune espressioni divennero estreme, un ex sacerdote cattolico della Frisia di nome Menno Simons (1496–1561) diede al movimento una leadership più equilibrata.

Rifugio

Ancora prima che Amsterdam abbracciasse la Riforma, i rifugiati religiosi trovarono rifugio nel clima di tolleranza lì, in particolare i seguaci di Menno Simons. Questi Mennoniti avrebbero giocato un ruolo significativo nell'economia e nella società della città nel secolo successivo. Molti si impegnarono nella costruzione navale, nella fabbricazione di vele, nella produzione di corde, nella concia del cuoio e nella produzione tessile, incluse la seta, la tessitura, la tintura e lo sbiancamento. Alcuni furono pionieri di progressi tecnologici, come la tecnologia dei mulini a vento e l'ingegneria idraulica. Altri divennero ricchi mercanti internazionali, coinvolti in rotte commerciali che si estendevano dal Mar Baltico all'Atlantico, e persino all'Africa e al Sud America.

Nel periodo d'oro di Amsterdam nel XVII secolo, la Singelkerk era un centro chiave per diffondere le idee anabattiste attraverso le rotte commerciali in molte altre regioni.

La Singelkerk, dove è iniziato l'incontro della settimana scorsa, è un esempio classico. Dall'esterno, nessuno indovinerebbe che dietro tre facciate di case si nasconde un grande santuario con due livelli di balconate e posti a sedere per 350 fedeli. I duecento Battisti e Mennoniti internazionali che hanno partecipato alla Conferenza delle Chiese dei Credenti sono stati facilmente accolti. Nel periodo d'oro di Amsterdam del XVII secolo, la Singelkerk era un centro chiave per diffondere le idee anabattiste attraverso le rotte commerciali in molte altre regioni.

Due dissidenti religiosi inglesi, John Smyth e Thomas Helwys, che fuggirono con i Padri Pellegrini ad Amsterdam nel 1609, furono influenzati dall'insegnamento mennonita sul battesimo dei credenti e iniziarono le prime riunioni battiste. Mentre Smyth rimase ad Amsterdam, Helwys tornò in Inghilterra per iniziare le prime chiese battiste lì. Sarebbe presto morto in prigione per i suoi sforzi.

La più grande

Helwys, e i compagni battisti Richard Overton e Roger Williams, divennero pionieri della libertà religiosa e dei diritti umani su entrambi i lati dell'Atlantico. L'appartenenza volontaria alla chiesa, il battesimo dei credenti, la separazione tra chiesa e stato, la libertà religiosa e la governance congregazionale erano principi considerati radicali e persino eretici nel XVI secolo, ma descrivono le caratteristiche della più grande corrente all'interno del cristianesimo protestante del nostro tempo.

Questa tradizione delle Chiese Libere è oggi cresciuta al secondo posto per dimensioni, dopo solo la comunità cattolica di 1,4 miliardi di fedeli. È la corrente cristiana più dinamica a livello globale, che cresce più vigorosamente in Africa, Asia e America Latina.

La World Christian Encyclopedia descrive una crescita del movimento Pentecostale/Carismatico da 58 milioni nel 1970 a 635 milioni nel 2020; e degli Evangelici da 112 milioni nel 1970 a 386 milioni nel 2020.

Questa corrente ora supera di gran lunga il mondo ortodosso (inclusi gli Ortodossi Orientali e la Chiesa Assira d'Oriente, per un totale di 260 milioni di fedeli) e il protestantesimo ecumenico (fino a 300 milioni) messi insieme!

Da un piccolo gruppo di dissidenti perseguitati a Zollikon, quella delle Chiese Libere è diventata la nuova corrente principale del protestantesimo.

- Fonte: Jeff Fountain, Evangelical Focus, 9 giugno 2025

lunedì 9 giugno 2025

Fermati 1 minuto. La Chiesa, generata sotto la croce

Lettura

Giovanni 19,25-34

25 Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. 26 Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». 27 Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
28 Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». 29 Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30 E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
31 Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. 32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. 33 Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.

Commento

La figura di Maria, che appare in maniera discreta nei Vangeli e solo in quello di Giovanni figura sotto la croce, era stata presente durante il primo miracolo di Gesù alle nozze in Cana di Galilea. In quella occasione aveva portato all'attenzione del figlio la mancanza di vino per i commensali, ricevendo l'enigmatica risposta: "'Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora'" (Gv 2,4). 

La trasformazione dell'acqua in vino non è un miracolo di guarigione o liberazione, ma con esso Gesù sembra prefigurare in maniera incruenta il dono del suo sangue per la vita dei peccatori riconciliati.

Quell'"ora" che è un "non ancora" a Cana, scocca nel momento culminante della passione, in cui Maria diventa madre dei credenti - personificati da Giovanni - e al tempo stesso oggetto di sollecitudine del discepolo.

Maria sotto la croce è stata assurta a simbolo della Chiesa e come colei che intercede per gli uomini presso il Figlio; eppure nella loro semplicità le parole evangeliche ci mostrano il Figlio che intercede per Maria e la affida al discepolo che egli amava. 

Una madre è degna senz'altro di essere onorata - "Onora tuo padre e tua madre" (Es 20,12) - e al tempo stesso un figlio, quale viene definito Giovanni in rapporto a Maria, è oggetto delle sollecitudini materne. 

Se Maria rappresenta la Chiesa, questa è affidata ai credenti, affinché se ne prendano cura. Ma al tempo stesso essi sono figli della Chiesa, dalla quale hanno ricevuto la dottrina degli apostoli, per mezzo del vangelo. 

La Chiesa non è una istituzione umana, ma la comunità dei redenti dalla sete di anime di Cristo.

Preghiera

Noi ti lodiamo, Padre celeste, per averci donato la tua Parola vivente, rivestita di un vero corpo nel grembo di Maria; il tuo Spirito ci guidi sempre nell'amore alla tua Chiesa, generata dal sangue del tuo Figlio. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

sabato 7 giugno 2025

Se uno mi ama... noi verremo a lui

 COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA DOMENICA DI PENTECOSTE


Colletta

O Dio, che in questo tempo hai istruito i cuori dei tuoi fedeli, inviando loro la luce dello Spirito Santo; concedici, attraverso lo stesso Spirito di avere un retto giudizio in tutte le cose, e di rallegrarci sempre del suo conforto; per i meriti di Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, unico Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Letture

At 2,1-11; Gv 14,15-31

Commento

Nel racconto della Pentecoste riportato dagli Atti degli Apostoli vediamo che il luogo in cui viene donato lo Spirito Santo è l'assemblea dei credenti riunita in preghiera, primizia della Chiesa. Gesù lo aveva promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). 

La preghiera che ci apre al dono dello Spirito è dunque preghiera comunitaria; e la preghiera più importante compiuta nel nome di Gesù è l'azione liturgica. 

Gesù ci esorta a chiedere con coraggio il dono più grande: Dio stesso, la sua potenza - ("come vento impetuoso" (At 2,2) -, la sua sapienza - "vi insegnerà ogni cosa" (Gv 14,26) -, la sua eloquenza - "li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue!" (At 2,11).

Il Padre avrebbe potuto effondere il suo Spirito su un solo credente, su un solo profeta, ma decide di dividerlo in diverse lingue di fuoco, conferendo a ciascun discepolo un carisma differente.
Nessuno, tra i credenti, può insuperbirsi, pensando di essere l'unico indispensabile: chi opera, infatti, è Dio, e ogni carisma conferito dallo Spirito, non è che un "ministero", un ufficio per il bene dell'intero corpo ecclesiale.

L'eloquenza conferita dallo Spirito non è la tendenza a parlarci addosso, ad essere sordi verso le culture che si esprimono in una lingua differente dalla nostra. Riconosciamo che è lo Spirito che opera nella Chiesa quando anche "quelli di fuori" comprendono la nostra predicazione su Cristo: "E tutti stupivano e si meravigliavano, e si dicevano l'un l'altro: 'Come mai li udiamo parlare nella nostra lingua natìa?'" (At 2,7-8). La Chiesa è realtà sacramentale aperta al mondo.

Se è vero che il dono dello Spirito Santo è fatto per il bene dell'intero corpo di Cristo è anche vero che si tratta di una esperienza intima e diretta che investe la persona di ogni singolo credente; è Dio stesso che viene a inabitare la nostra anima: "Conoscerete che io sono nel Padre mio, e che voi siete in me, e io in voi" (Gv 14,20); "Se uno mi ama... noi verremo a lui" (Gv 14,23).

L'incontro con Cristo, nelle Scritture e nei sacramenti, ci trasforma, per grazia, a sua immagine, cosicché quando il Padre si china su di noi, non vede più noi ma il suo Figlio, e ci dona lo Spirito senza misura: "furono tutti ripieni dello Spirito Santo" (At 2,4).

Per ricevere tale dono Gesù ci esorta a osservare i suoi comandamenti: "Se mi amate, osservate i miei comandamenti" (Gv 14,15); "Chi ha i miei comandamenti e li osserva, egli è colui che mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e io lo amerò e mi manfesterò a lui" (Gv 14,21).
Non deve mai venir meno, dunque, al di là delle nostre miserie, il desiderio della santificazione, intesa come obbedienza al vangelo, per opera della grazia di Dio.

"Perciò vi dico: chiedete" (Lc 11,9), esorta Gesù. Non lasciamoci vincere dal torpore, dalla rassegnazione, dalla mediocrità. Osiamo chiedere il dono più grande: una nuova Pentecoste per noi, per la Chiesa e per l'intera umanità.

- Rev. Dr. Luca Vona

Papa Leone XIV costruisce ponti con gli Anabattisti, storicamente perseguitati dai cattolici

Il Pontefice ribadisce l'appello alla "purificazione della memoria", già evocata in occasione dell'incontro cattolico-mennonita in Vaticano nel 2003

Nel 1571, le autorità cattoliche di Amsterdam condannarono Anneken Heyndricks per essere stata battezzata da adulta, per aver rifiutato di andare a confessarsi, per appartenere a un gruppo di anabattisti e per aver sposato un anabattista.

Heyndricks fu sottoposta a torture estensive, le fu chiesto di tradire i suoi compagni di fede e di ritrattare la sua fede.

La cinquantatreenne rispose ai suoi persecutori ringraziando Gesù di essere stata ritenuta degna di soffrire per il Suo nome. Il boia ordinò che le fosse riempita la bocca di polvere da sparo, che le mani fossero legate insieme e che i piedi e il torso fossero legati a una scala.

I suoi carnefici accesero un fuoco e alzarono la scala con Anneken ancora fissata ad essa. Spinsero la scala nel fuoco mentre la polvere da sparo era ancora nella sua bocca. Mentre le autorità guardavano la scala essere alzata, ella giunse le mani in preghiera e guardò verso il Cielo.

Heyndricks è una delle migliaia di martiri del movimento anabattista del XVI secolo, oggi meglio conosciuto per il suo impegno al pacifismo.

Papa Leone Elogia i Carismi degli Anabattisti

Giovedì scorso, Papa Leone XIV ha riconosciuto ai successori di Heyndricks che c'era bisogno di "onestà e gentilezza nel riflettere sulla nostra storia comune, che include ferite dolorose e narrazioni che influenzano le relazioni e le percezioni cattolico-mennonite fino ai giorni nostri."

Leone ha fatto un passo avanti per costruire ponti con gli anabattisti, storicamente perseguitati, mentre si celebra il 500° anniversario della loro fondazione a Zurigo. Il pontefice ha evidenziato i carismi speciali che gruppi come i Mennoniti, gli Hutteriti e i Fratelli hanno portato alla Chiesa.

"Ricevendo la pace del Signore e accettando la Sua chiamata, che include l'essere aperti ai doni dello Spirito Santo, tutti i seguaci di Gesù possono immergersi nella novità radicale della fede e della vita cristiana. Infatti, tale desiderio di rinnovamento caratterizza il movimento anabattista stesso," ha detto Leone, ribadendo il suo appello per la testimonianza unita di tutte le chiese cristiane.

Il pontefice ha specificamente ripreso la sfida del dialogo cattolico-mennonita ospitato dal Dicastero per l'Unità dei Cristiani del Vaticano nel 2003, invocando la "purificazione delle memorie e una rilettura comune della storia che possa permetterci di guarire le ferite del passato e costruire un nuovo futuro attraverso il 'coraggio di amare.'"

Perché gli Anabattisti Furono Così Ferocemente Perseguitati?

Spesso definiti come la "Riforma della Riforma," gli anabattisti credevano che solo gli adulti dovessero essere battezzati e che il clero non dovesse monopolizzare l'interpretazione delle Scritture.

La credenza nel battesimo degli adulti minacciava la Chiesa cattolica perché lo stato registrava i bambini al momento del loro battesimo, legando così inestricabilmente tassazione e coscrizione al battesimo infantile. Inoltre, il battesimo degli adulti rendeva la partecipazione alla cristianità una scelta piuttosto che una responsabilità.

"Gli anabattisti subirono una quota sproporzionata di persecuzione nel secolo post-Riforma d'Europa" "superando i numeri combinati di martiri cattolici giustiziati nei regni protestanti e di martiri luterani o calvinisti giustiziati nei regni cattolici," scrive David L. Weaver-Zercher in Martyrs Mirror: A Social History — una storia accademica del martirio anabattista.

Mentre gli anabattisti furono perseguitati unicamente sia dai cattolici che dai protestanti (luterani e calvinisti), l'85% delle loro esecuzioni "furono compiute dalle autorità cattoliche, in particolare gli Asburgo austriaci, i duchi di Baviera e la Lega Sveva," scrive James M. Stayer nel Brill Companion to Anabaptism and Spiritualism, 1521-1700.

"Solo i governi cattolici eseguivano la crudele esecuzione mediante il fuoco, e solo loro giustiziavano anabattisti che avevano ritrattato," nota Stayer. La maggior parte degli anabattisti veniva severamente torturata prima di essere bruciata viva. I protestanti li decapitavano o li annegavano, incluso Felix Manz, il primo delle migliaia di martiri anabattisti nei due secoli successivi. I cattolici bruciarono Michael Sattler, autore della prima confessione di fede anabattista.

Secondo un mandato pubblicato dal re cattolico Ferdinando I d'Austria nell'aprile 1528, chiunque aveva il diritto di uccidere qualsiasi persona sospettata di anabattismo senza processo.

Gli Anabattisti Sviluppano un'Alta Teologia del Martirio

Come risultato della potente predicazione dei suoi leader carismatici, l'anabattismo si diffuse attraverso Zurigo, Basilea, Augusta e Strasburgo. La Riforma che per prima raggiunse i Paesi Bassi controllati dai cattolici fu l'anabattismo.

"In nessun luogo l'anabattismo era stato così ampiamente accettato come nei Paesi Bassi. E in nessun luogo la persecuzione fu così feroce: fino a 2.500 persone furono martirizzate nei Paesi Bassi. La maggior parte delle vittime, incluse le donne, furono bruciate sul rogo," scrive Margot Kottelin-Longley.

"Una ragione per torturarli e ucciderli era la loro credenza che la guerra fosse contraria all'ingiunzione del Vangelo. Il loro pacifismo prescriveva la partecipazione alle fin troppo frequenti campagne militari del sedicesimo secolo."

La Mennonite Encyclopedia osserva che nel quindicesimo secolo, il Diritto Romano fu assimilato nel Diritto Germanico. Questo diede alla Chiesa cattolica l'autorità esclusiva di punire il crimine del ri-battesimo con la morte.

Come risultato della persecuzione, gli anabattisti svilupparono un'alta teologia del martirio. Erano stati ri-battezzati, e il battesimo nel Nuovo Testamento è analogo al morire con Cristo. Similmente, gli inni anabattisti rivelano una passione per il martirio con la pienezza dell'esperienza diretta.

Nella loro teologia della storia, gli anabattisti arrivarono ad affermare che la vera chiesa di Dio è sempre stata una chiesa sofferente [Märtyrergemeinde]. "Tutte le Sacre Scritture sembrano essere nient'altro che un libro di martirio," afferma lo Specchio dei Martiri, un classico martirologio anabattista.

Cristo stesso è il "capitano delle schiere dei martiri" che "dovette soffrire molto per entrare nella Sua gloria" e così diventa l'archetipo di tutti coloro che sono perseguitati per il Regno, credevano gli anabattisti.

La persecuzione costrinse gli anabattisti a fuggire infine nelle Americhe in cerca di libertà religiosa.

Le Svolte Epocali di Roma su "Eretici" e Pena di Morte

La delegazione di Roma che guidò il dialogo cattolico-mennonita del 2003 disse che i cattolici "possono esprimere uno spirito penitenziale, chiedendo perdono per qualsiasi peccato commesso contro i mennoniti, chiedendo la misericordia di Dio per questo, e la benedizione di Dio per una nuova relazione con i mennoniti oggi."

"Abbiamo tutti delle pecore nere in famiglia. Abbiamo tutti antenati di cui non siamo orgogliosi," disse Joseph Martino, che guidò la delegazione vaticana.

Papa Leone ha riaffermato con forza i sentimenti di Martino. Nel 1520, l'antenato di Leone XIV, Leone X, pubblicò la bolla Exsurge Domine, dichiarando che era volontà dello Spirito Santo bruciare gli eretici.

Cinquecento anni dopo, Leone XIV non solo sta costruendo ponti con coloro che il suo antenato considerava eretici, ma in una svolta epocale del magistero, ha concordato con Papa Francesco che la pena di morte stessa è inammissibile e incompatibile con un'"etica coerente della vita."

I cristiani di tutte le chiese applaudiranno la passione del nuovo pontefice per l'unità cristiana in risposta alla preghiera sacerdotale di Gesù: "che tutti siano una cosa sola... perché il mondo creda che tu mi hai mandato."

- Fonte: The Stream, Jules Gomes, 3 giugno 2025

Anneken Heyndricks bruciata sul rogo, Illustrazione di Meister Drucke (1571-1685)

venerdì 6 giugno 2025

Norberto di Xanten e i Canonici premostratensi

La chiesa cattolica e la chiesa luterana celebrano oggi la memoria di Norberto di Xanten.
Norberto nacque verso il 1085 da una nobile famiglia della Renania, che lo avviò giovanissimo alla carriera ecclesiastica. Nominato chierico della collegiata di Xanten, Norberto rifiutò incarichi di maggiore responsabilità nella chiesa per poter continuare a condurre una vita agiata e poco impegnata.
Passati da poco i trent'anni, maturò tuttavia in lui in modo repentino l'appello a una radicale conversione. Lasciata ogni ricchezza, Norberto aderì allora alla spiritualità dei predicatori itineranti che si rifacevano alla vita degli apostoli e predicavano la condivisione dei beni e la fuga dalla mondanità.
Divenuto un convinto sostenitore della riforma gregoriana, egli predicò nelle regioni del Reno e in Belgio. Nel 1121, si stabilì con una quarantina di compagni a Prémontré, nei pressi della cittadina francese di Laon. Sorse così l'Ordine Premonstratense, composto di canonici regolari, ai quali si affiancarono presto comunità femminili, dando talora vita a monasteri doppi.
Nel 1126 Norberto fu eletto arcivescovo di Magdeburgo; come pastore, egli si dedicò all'evangelizzazione delle regioni germaniche orientali e alla riforma della vita ecclesiale, insistendo in particolare sulla testimonianza di carità fraterna che i presbiteri sono chiamati a dare nella chiesa mediante la condivisione dei beni sia materiali che spirituali.

Tracce di lettura

A quei tempi ognuno esponeva e interpretava a suo modo la regola di Agostino. «Perché stupirsi o esitare di fronte a questo?» - disse Norberto - «Le vie del Signore non sono forse tutte misericordia e verità? Se sono diverse, significa forse che si oppongono l'una all'altra? Le usanze, le osservanze mutano; l'amore reciproco, la carità devono forse cambiare assieme ad esse? La regola dice bene: "Amiamo Dio e poi il nostro prossimo". Le osservanze non sono le sole a promuovere il regno di Dio: accanto ad esse vi sono la verità e la pratica dei comandamenti»
(Vita di san Norberto 12).

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Norberto di Xanten (ca 1085-1134)

Fermati 1 minuto. Dal voler bene al dono di sé

Lettura

Giovanni 21,15-19

15 Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». 17 Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi ami?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. 18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».

Commento

Nell'epilogo del Vangelo di Giovanni assistiamo alla riabilitazione della figura di Pietro. Gesù gli chiede una triplice professione di amore, a riparazione del suo triplice rinnegamento. La sezione presenta l'utilizzo di due sinonimi del verbo "amare": filéo agapáo; la prima indica il voler bene di Pietro a Gesù; la seconda esprime il dono totale di sé.

Il nome che Gesù utilizza per riferirsi a Pietro non è Cefa ("roccia") ma «Simone, figlio di Giona»; l'attenzione è posta non sul carisma che gli era stato affidato, ma sulla sua fallibile umanità. Gesù interpella la nostra debolezza perché l'umiltà è il primo passo per trovare la riconciliazione.

Gesù non chiede a Pietro quanto ha pianto il suo rinnegamento, quanto ha fatto penitenza, ma quanto egli lo ama. Solo l'amore rende accettabile ogni espressione di pentimento. A chi ha molto amato sarà molto perdonato (Lc 7,47).

Gesù accompagna la triplice domanda a Pietro con l'esortazione a occuparsi dei suoi agnelli e delle sue pecore. 

Il ruolo di nutrire il gregge era affidato usualmente a un sottoposto del pastore, in questo caso viene a indicare la devozione nel servizio al Signore. Il primo dovere di coloro che Gesù pone a guida della sua Chiesa è di insegnare la parola di Dio. L'amore verso Cristo si dimostra prendendosi cura del popolo che egli si è acquistato per mezzo del suo sangue.

Due volte Gesù chiede a Pietro se lo ama (con il verbo agapáo), se è capace del dono totale di sé. Ma egli, memore della sua caduta, non se la sente di promettere qualcosa che va oltre le proprie capacità e professa semplicemente la sua filìa, il suo umano voler bene a Gesù. La terza volta Gesù si pone al suo livello e gli chiede proprio se gli vuole bene (con il verbo filéo ); è allora che lo accoglie per quello che egli è, con i suoi limiti, le sue fragilità confessate apertamente. Proprio su di queste si innesterà la grazia soprannaturale rendendo capace Pietro di compiere il suo ministero, fino alla testimonianza estrema con il dono della vita.

Gesù rinnova a Pietro l'esortazione che fu rivolta agli apostoli al principio della loro chiamata: «Seguimi!» (v. 19). Pietro non è respinto per essere venuto meno alla sua fedeltà durante la passione, ma è riconfermato nella fede e nell'amore, affinché anch'egli possa confermare a sua volta i suoi fratelli. Solo l'umile consapevolezza di essere peccatori riconciliati può renderci buoni ministri del vangelo.

Preghiera

Vieni in soccorso, Signore, alla fragilità del nostro amore, per renderci capaci di donare generosamente le nostre vite nella testimonianza del vangelo. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

giovedì 5 giugno 2025

Il Corpo e il Sangue di Cristo e il dibattito continuo sulla Cena del Signore

I disaccordi sulla Cena del Signore causarono uno dei primi dibattiti inter-protestanti, quando i Riformatori Martin Lutero e Ulrich Zwingli non riuscirono a concordare sulla teologia dell'Eucaristia durante un incontro nel 1529. Oggi, rimane una vasta gamma di opinioni, anche tra i protestanti evangelici.

Le molte visioni attraverso il cristianesimo sulla Cena del Signore possono essere ampiamente divise in tre categorie: presenza fisica reale, che insiste che il corpo di Cristo sia effettivamente presente nel pane e nel vino; presenza spirituale reale, che sostiene che il Figlio sia spiritualmente ma non fisicamente presente nel pasto; e memorialismo, che vede gli elementi come principalmente simbolici, presi come memoriale.

Christianity Today ha contattato teologi di diverse correnti dell'evangelicalismo americano e ha chiesto loro di spiegare le loro convinzioni sulla Comunione. Le loro risposte sono presentate dalla più simbolica alla più sacramentale.

Tom J. Nettles, Professore Senior di Teologia Storica al Southern Baptist Theological Seminary

La mia visione della Cena del Signore si allinea strettamente con la visione difesa da Ulrich Zwingli. La posizione confessionale dei Battisti del Sud afferma: "La Cena del Signore è un atto simbolico di obbedienza" per "commemorare la morte del Redentore e anticipare la sua seconda venuta". Gesù non ha affermato che il pane fosse sostanzialmente il suo corpo e la sua carne (Matteo 26:26-30; Luca 22:19-20). Allo stesso modo, né "Io sono la vera vite" (Giovanni 15:1) né "Io sono la porta delle pecore" (10:7) si riferiscono a un'identificazione sostanziale.

Né la transustanziazione, né la consustanziazione, né la presenza spirituale catturano la gravità delle parole di Gesù. Gesù ha diretto le menti dei suoi discepoli alla realtà della sua incarnazione e della morte che stava per essere effettuata. Quando disse: "Questo è il mio corpo che è dato per voi" (Luca 22:19), mostrò la necessità della sua piena umanità per l'opera di redenzione. Quando Gesù disse: "È compiuto", il sacrificio era completo, mai da ripetere perché è perpetuamente efficace. Ora siede come nostro avvocato (1 Giovanni 2:1-2) e come nostra propiziazione (4:10). Ricordate questo quando prendete parte alla Cena.

Ron Walborn, Direttore Esecutivo delle Iniziative Urbane per l'Asbury Seminary

La Christian and Missionary Alliance (CMA) mantiene una visione chiara e non sacramentale della Cena del Signore, radicata nella teologia evangelica. La CMA crede che la Cena del Signore sia un'ordinanza (una pratica comandata da Cristo) piuttosto che un sacramento che trasmette grazia salvifica. È un atto simbolico di obbedienza e ricordo, non un mezzo per impartire salvezza.

La Cena del Signore è una commemorazione della morte di Gesù Cristo sulla croce, del suo corpo spezzato e del suo sangue versato. Indirizza i credenti al sacrificio di Cristo e al suo ritorno promesso. Le chiese dell'Alleanza spesso uniscono un tempo di ministero di guarigione con la Cena del Signore, poiché crediamo che la guarigione sia provveduta nell'opera espiatrice di Cristo.

Mentre la Comunione è spiritualmente significativa e fornisce un tempo per la riflessione, l'autoesame e l'adorazione, la CMA non vede il pane e la coppa come letteralmente diventanti il corpo e il sangue di Cristo (cioè, nessuna transustanziazione o consustanziazione). In pratica, la CMA enfatizza ricordo, proclamazione, guarigione e anticipazione durante la Comunione, incoraggiando i partecipanti a riflettere sull'opera di Cristo, proclamare la sua morte e guardare avanti al suo ritorno.

John Mark Hicks, Professore di Teologia alla Lipscomb University

La Tavola è la metafora dominante tra le Chiese di Cristo. La pratichiamo settimanalmente. Date le nostre radici presbiteriane, sono presenti prospettive sia Zwingliane (memorialiste) che Calviniste (presenza spirituale). Alla Tavola compiamo un memoriale. Allo stesso tempo, Dio comunica con noi, e noi comunichiamo l'uno con l'altro.

Mentre affermo un autentico nutrimento spirituale del corpo e del sangue di Cristo attraverso l'opera dello Spirito (come Calvino), enfatizzo anche una presenza alla Tavola dove il Cristo vivente è reso noto nello spezzare del pane (come l'Ortodossia Orientale). La Tavola diventa un'epifania, rivelazione o esperienza del Signore risorto.

Alla Tavola, rendiamo grazie per i doni del corpo e del sangue, mangiamo con il Re Gesù che ci ospita alla sua Tavola, e celebriamo la speranza della Risurrezione nel regno venturo. Evidenzio sia la natura riverente della Tavola come spazio santo sia la sua natura festiva, una celebrazione gioiosa e piena di speranza dell'opera di Dio in Cristo. È un momento escatologico in cui già partecipiamo al banchetto messianico benché non sia ancora pienamente realizzato.

Chris E. W. Green, Professore di Teologia Pubblica alla Southeastern University

La Cena del Signore è un incontro con il Cristo vivente attraverso lo Spirito. Nella celebrazione della Santa Comunione, Gesù è veramente presente attraverso lo Spirito. I fedeli non solo ricordano ma ricevono anche attivamente la sua presenza e il suo potere mentre obbediscono al suo comando: Fate questo... Pur riconoscendo che nessuna singola dichiarazione può catturare tutte le prospettive all'interno di questa ampia tradizione, quelli nella diversa famiglia pentecostale affermano che la Cena è molto più di un semplice memoriale — è, nelle parole dei primi padri del movimento, "un tocco personale diretto di Dio" e "il tempo presente del Calvario".

Grazie allo Spirito e all'amore dei santi per Gesù, la Tavola diventa un luogo dove il Signore è tangibilmente presente, offrendo rinnovamento e guarigione per anima e corpo. Questo incontro rimane libero da strutture religiose o formulazioni teologiche, riflettendo l'enfasi pentecostale sulla libertà dello Spirito di muoversi. Il focus non è sul definire come Cristo sia presente negli elementi ma su chi è presente (il Cristo risorto) e perché — per nutrire, guarire e trasformare il popolo di Dio. Come afferma l'inno wesleyano: "Ricevendo il pane, / di Gesù ci nutriamo: / Non appare, / Il suo modo di operare; / Ma Gesù è qui!"

Darian Lockett (Chiesa Presbiteriana in America), Professore di Nuovo Testamento alla Biola University

Il Battesimo e la Cena del Signore sono sacramenti istituiti da Gesù Cristo. Come mezzo di grazia, i sacramenti segnano e sigillano i benefici di Cristo ai credenti attraverso la fede. La natura di segno del sacramento punta alla realtà, la sostanza di Cristo. Pertanto, c'è una relazione spirituale o unione sacramentale tra il segno (acqua nel battesimo, vino e pane nella Cena) e la cosa significata (Cristo). Nei sacramenti, Cristo è realmente e spiritualmente presente, rafforzando i credenti ed estendendo i benefici della sua morte e risurrezione. Tuttavia, i sacramenti non sono resi efficaci da alcun potere in se stessi o dalla pietà di colui che amministra il sacramento, ma piuttosto da Cristo attraverso l'opera dello Spirito.

I sacramenti dipendono dalla presenza della Parola di Dio, ma la Parola non dipende dalla presenza dei sacramenti. Parola e sacramento sono simili in quanto entrambi hanno Dio come loro autore, hanno Cristo come loro soggetto, e sono appropriati dalla fede. Tuttavia, sono diversi in quanto mentre la Parola genera e rafforza la fede, i sacramenti solo rafforzano la fede (non possono produrre fede). E mentre la Parola va a tutti coloro che potrebbero ascoltare, i sacramenti sono amministrati solo a coloro che sono in relazione di alleanza con Dio.

Don Collett, Professore di Antico Testamento al Trinity Anglican Seminary

In linea con la tradizione cattolica della chiesa, gli Anglicani considerano i sacramenti del battesimo e dell'Eucaristia come un mezzo di grazia nell'economia di salvezza di Dio. Il Battesimo ci introduce nel mondo scritturalmente ordinato della chiesa, realizzando un'unione con Cristo per cui la fede in lui è nutrita e confermata. Il sacramento dell'Eucaristia è dato a coloro che hanno riconosciuto il loro battesimo attraverso la confermazione e la confessione di fede nel vangelo di Cristo.

La celebrazione dell'Eucaristia non solo significa ma media anche la presenza reale e attuale del corpo e sangue risorti di Cristo — un'unione sacramentale effettuata dallo Spirito e dalle parole di istituzione di Cristo, pronunciate dai ministri del vangelo di Cristo (Matteo 26:26-28; 1 Corinzi 11:23-26).

In questa unione sacramentale, il pane e il vino non sono fusi con il corpo e il sangue di Cristo (come avviene in alcune forme di transustanziazione) ma uniti con esso, rendendo possibile la comunione della chiesa con il suo corpo e sangue risorti preservando le integrità distintive di Cristo, del pane e del vino.

A. Andrew Das (Sinodo Luterano Evangelico), Cattedra Distinta Niebuhr e Professore di Studi Religiosi all'Elmhurst University

Paolo avverte i cristiani di Corinto che affrontano il giudizio se non riconoscono il corpo mentre mangiano il pane e bevono la coppa (1 Corinzi 11:29). Poi spiega che questo è il motivo per cui molti di loro sono malati e infermi e molti si sono addormentati (sono morti).

Le conseguenze fisiche di una ricezione impropria del pane e del vino eliminano una comprensione simbolica. Anche l'incredulo ("chiunque" nel v. 27) affronta il giudizio per una ricezione indegna, contrariamente a una limitazione calvinistica della ricezione della presenza reale ai credenti.

Martin Lutero sottolineò a Ulrich Zwingli che l'"è" in "Questo è il mio corpo" e "Questo è il mio sangue" significa proprio quello (Matteo 26:26-28). Il pane e il vino sono anche il corpo e sangue di Cristo nella celebrazione sacramentale. Subito dopo che l'espressa richiesta di Gesù di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue porta gli Ebrei a questionare la sua apparente difesa del cannibalismo, egli risponde in Giovanni 6:55: "La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda". I primi cristiani confessarono quella comprensione realistica del corpo e sangue di Cristo in e con il pane e il vino. La Cena del Signore porta così al ricevente degno il genuino perdono dei peccati, come disse Gesù in Matteo 26:28.

- Fonte: James Thompson, Christianity Today, 30 maggio 2025