COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA PRIMA
DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Colletta
O
Signore, ti supplichiamo, ricordati nella tua misericordia delle preghiere del
tuo popolo; concedigli di riconoscere i propri doveri e donagli la grazia e la
forza di portarle a compimento. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Letture:
Rm 12,1-5; Lc 2,41-52
Il ritrovamento di Gesù al tempio da parte di sua
Maria e Giuseppe, dopo tre giorni dalla sua scomparsa, rappresenta una sorta di
seconda epifania, poiché egli si fa trovare a discutere con i dottori della
legge, di fronte ai quali mostra una sapienza inattesa. Egli, inoltre, afferma
anche la sua figliolanza divina, che supera qualsiasi legame familiare terreno.
Tale evento è una prefigurazione della sua resurrezione, avvenuta poprio tre
giorni dopo la Passione. Il Figlio si mostra come colui che ha la perfetta comprensione
del significato della Legge, e che può dunque svelarne i segreti anche ai
sapienti di questo mondo.
In questo episodio evangelico, riferito solo da
Luca, Gesù è un giovane ragazzo di dodici anni. Certamente la sua precocità
nella conoscenza delle Scritture è determinata dalla sua natura di Verbo eterno,
Figlio di Dio, ma possiamo forse ravvisare nella figura di Gesù al Tempio
quella capacità di vedere il mondo con occhi nuovi, di rimetterlo in
discussione, propria di chi ha un cuore giovane. Non che coloro che sono
anagraficamente giovani abbiano sempre ragione. Anzi, la nostra società è
persino troppo malata di giovanilismo, di genitori che si vestono come i figli,
li inseguono nell'utilizzo degli stessi strumenti di comunicazione, cercano di fuggire
e nascondere in ogni modo l'avanzare della propria età.
Vi è però la necessità di sapere andare
controcorrente, di capovolgere i punti di vista consolidati, gli stereotipi e
gli automatismi mentali, che rischiano di impedirci un pieno sviluppo umano,
intellettuale e spirituale. Facciamo alcuni esempi: per secoli gli uomini hanno
concepito la terra al centro dell'universo; hanno pensato che gettando
dall'alto due sfere, l'una più pesante dell'altra, sarebbero cadute al suolo in
momenti diversi; hanno creduto che gli uccelli volano per il loro sbattere
delle ali. Persino il grande Leonardo da Vinci era incorso in quest'ultimo
errore, provando e riprovando senza successo a costruire una macchina che
potesse rendere l'uomo padrone dei cieli. Tutto ciò finché qualcuno come
Galileo non mise in discussione le teroie consolidate, salì sulla torre di Pisa
e gettò due differenti sfere, verificando che cadevano al suolo nello stesso
momento. E ci vollero secoli, dal tempo di Leonardo, per comprendere che gli
uccelli volano non per il loro sbattere le ali, ma per una particolare
conformazione dell'ala e per la loro ossatura quasi cava. Solo così si poté
imitare quella conformazione alare, riuscendo a far decollare il primo
aeroplano.
Anche a livello morale è così: il mondo ci insegna
e ci ripete tante stupidaggini, tante frasi fatte che impariamo a memoria,
tanti automatismi di pensiero che ci portano a dare per scontate cose che
magari vanno contro l'Evangelo. Ma proprio nell'Evangelo noi cristiani abbiamo
la nostra bussola, e per questo l'apostolo Paolo ci invita a non conformarci
allo spirito di questo mondo, ma a lasciarci trasformare, mediante un pieno
rinnovamente del nostro spirito (Rm 12,2). Egli ci invita poi a conoscere, per
esperienza, quale sia la volontà di Dio. La nostra fede non è cieca, anche se
non abbiamo veduto, abbiamo ascoltato la parola di Dio, e abbiamo creduto
perché abbiamo sperimentato la sua grazia, il suo Spirito. L'importanza
dell'esperienza sarà enfatizzata dal fondatore del metodismo, John Wesley, che
aggiungerà questo quarto pilastro ai tra dell'anglicanesimo, precedentemente
codificati dal teologo Richard Hooker: Le Scritture, la Tradizione e la
Ragione.
Dalla nostra esperienza di Dio e della grazia
consegue la nostra offerta come sacrificio ragionevole. Questa definizione di
Rm 12,1 è ripresa dall'antico canone romano per la liturgia e rimane in
presente tanto nella Santa cena anglicana quanto nella liturgia codificata da
Wesley per i primi metodisti.
Dopo millenni in cui Israele offriva a Dio capri,
vitelli e frutti della terra, Gesù inaugura un'epoca in cui la nostra
adorazione avviene in spirito e verità (Gv 4,23). Da cosa muove la nostra
adorazione, il nostro sacrificio? Paolo ci dice "per le compassioni di
Dio". poiché abbiamo ricevuto la salvezza, poiché abbiamo sperimentato la
grazia di Dio, allora compiamo le opere buone che egli ci chiama a fare. Noi ci
comportiamo bene e non adoriamo per ottenere la grazia, ma poiché abbiamo
ricevuto la grazia cerchiamo di conformarci a Cristo, anziché allo spirito di
questo mondo, e adoriamo il Padre.
Per la stessa ragione abbiamo il dovere di amare
il nostro prossimo; come potremo infatti comportarci male con coloro che Dio ha
salvato? In tal senso, ci sentiamo, ed effettivamente siamo, membra di uno
stesso corpo, sebbene con diverse funzioni.
In un tempo, quale quello in cui viviamo, in cui
giustamente si rivendicano molti diritti, non possiamo dimenticare la necessità
di esercitare anche alcuni doveri. Per la verità, ad ogni diritto corrisponde
in maniera speculare un determinato dovere. Il genitore e il maestro hanno il
dovere di insegnare, perché il fanciullo e l'alunno hanno dil diritto di
imparare; sostentarci con il lavoro e al contempo un nostro diritto e un nostro
dovere.
Anche amare Dio è un privilegio che ci è stato
concesso per grazia, mediante la liberazione dal peccato. è nostro dovere non
sprecare un tale privilegio.
Rev. Luca Vona