Colletta
O Dio,
che attraverso la guida di una stella hai manifestato il tuo unigenito Figlio
ai Gentili, concedi misericordioso a noi che ti conosciamo mediante la fede, di poter fruire, dopo questa
vita della tua gloriosa divinità; per lo stesso Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Letture:
Ef 3,1-12; Mt 2,1-12
"Dov'è il re dei Giudei"? I magi
compirono un lungo viaggio per trovarlo e adorarlo. Dopo più di duemila anni,
tanti cristiani ormai solo di nome non si pongono manco più la domanda.
Compirebbero un lungo viaggio per visitare un paesaggio esotico, oppure, in
maniera meno edonistica, per trovare un lavoro più sicuro e redditizio.
Compirebbero il lungo viaggio della vita, che è sempre un batter d'ali, per
quanto longevi si possa essere, adorando cose che sono per la maggior parte del
tutto inutili, peggio ancora dannose. Perché quando adoriamo la cosa sbagliata
ci rendiamo servi, ma non servi come Paolo, che si definisce così perché è con
grande umiltà che si riconosce chiamato a far conoscere il mistero della grazia
rivolta ai pagani, non servi come Paolo, che si sente libero anche in catene,
per avere adempiuto la vocazione cui era stato chiamato. Servire e adorare il
mondo significa affaticarsi inutilmente per cosse prive di valore, moltiplicare
le nostre preoccupazioni, in una febbrile ansia di accumulo e ostentazione,
sottrarre tempo prezioso a ciò per cui siamo stati chiamati all'esistenza:
amare i nostri cari, amare ogni altro essere umano in cui possiamo imbatterci
nel nostro cammino, amare la creazione che Dio ha fatto per noi.
Ma ci ritroviamo a dedicare la maggior parte
del nostro tempo a produrre, consumare, servire e adorare idoli che non possono
appagare le nostre preghiere, il nostro desiderio di una felicità piena. Ci
viene fatto firmare un contratto di lavoro con il quale vendiamo gran parte del
nostro tempo in cambio di una certa quantità di denaro. Noi accettiamo, perché
il sistema i cui siamo inseriti, completamente immerso nel peccato, ci chiede
denaro, e sempre più denaro, per soddisfare i bisogni primari, ma ancora di più
quelli non essenziali, indotti e autoindotti in una società dove il marketing è
onnipervasivo.
Invece il Re dei Giudei si manifesta in assoluta
umiltà, in un angolo della città di Davide, Betlemme, posto in una mangiatoia
alla sua nascita e accudito da sua madre in una casa, quando giungono i magi,
una casa che di certo non era un palazzo regale.
Eppure i saggi dell'Oriente, gli angeli e le
stesse forze della natura - rappresentate dalla stella che guida i magi - lo
riconoscono e adorano come Re.
Chi cerca il Cristo non viene abbandonato da Dio,
ma è guidato sapientemente e protetto dai pericoli che il mondo gli pone di
traverso. Così i magi non solo giungono dal Messia guidati dalla stella, ma
vengono anche avvertiti in sogno di ritornare al loro paese per aver salva la
vita , per evitare il pericolo di Erode; i pastori sono guidati dagli angeli;
Giuseppe sarà avvisato in sogno di lasciare Betlemme per sfuggire a Erode, che
avrebbe ucciso il bambino Gesù vedendo in esso una minaccia al proprio trono.
Nell'Epifania noi adoriamo la manifestazione - è
questo il significato del termine - della regalità universale di Gesù, adoriamo
in lui il Messia promesso agli antichi profeti di Israele. Ma soprattutto
commemoriamo l'apertura del piano salvifico di Dio agli uomini di ogni nazione,
lingua, etnia, provenienza culturale, estrazione sociale.
L'antica promessa di una terra ad Israele, una
terra di pace in cui scorrono latte e miele, diviene ora la manifestazione del
"mistero di Dio", come lo chiama Paolo; un mistero che egli aveva
tenuto in serbo fin dalla creazione del mondo e che pure gli angeli contemplano
con ammirazione, prendendovi parte. Il mistero della chiamata delle genti a far
parte dello stesso corpo di Israele, del corpo mistico di Cristo, non come appendice
ma come membra viventi. E mentre veniamo liberati dalla Legge antica, ricevendo
la salvezza per grazia, che ci consente di presentarci al Padre così come siamo
- "con piena fiducia" dice Paolo - impariamo a liberarci anche da
tutto ciò che non è essenziale e costituisce un orpello che ci ci impedisce di
spiccare il volo, di godere la natura più profonda dell vita, che è Cristo
stesso. In questo modo assisteremo alla manifestazione della sua gloria nelle
nostre vite. Ogni "no" che diciamo a ciò che non è conforme
all'Evangelo come si manifesta nella vita di Cristo, è un "sì" che
diviene sempre più grande nei confronti della salvezza che egli gratuitamente
ci dona; e mentre siamo salvati diveniamo sempre più integri - è questo il
significato della parola "salvo" - ovvero non dipendenti da qualcosa
di più piccolo della gloria di Dio, di più piccolo persino di noi stessi; e
allora che diventiamo veramente liberi. Così sia.
Rev. Luca Vona