Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

giovedì 17 ottobre 2024

Paolo di Tamma. Deporre la vita per amore

Il 17 del mese di bābah, la Chiesa copta ricorda il monaco Paolo di Tamma, «sette volte suicida per amore di Dio».
Originario di Tamma, nella provincia di Asyūṭ, Paolo trascorse buona parte della sua vita facendo l'eremita sulla montagna di al-Ašmūnayn, assieme a un discepolo di nome Ezechiele che fu poi il suo biografo. Le Vite ci raccontano dei numerosi viaggi durante i quali Paolo ebbe modo di conoscere i più noti monaci della regione.
Ciò che tuttavia colpisce nei racconti tradizionali sul monaco di Tamma è che il suo desiderio di essere con il Signore era tale che Paolo si tolse la vita per sei volte per amore di Cristo, e ogni volta questi gliela ridonò. Al termine di queste ripetute «follie», egli avrebbe voluto, secondo il suo biografo, seguire le orme di Cristo morto per i peccatori, ma il Signore gli disse che le dimostrazioni d'amore che aveva fornito erano più che sufficienti.
Le versioni moderne del Sinassario copto hanno eliminato questi racconti, forse perché inspiegabili, o addirittura scandalosi. Tuttavia dietro a questa vicenda altamente inusuale, si cela la convinzione che tra Dio e l'uomo la vera comunione può giungere soltanto attraverso un continuo e reciproco deporre e ridonare la vita l'uno per amore dell'altro.
Paolo morì il 7 di bābah di un anno imprecisato del IV sec., ed è sepolto nel monastero di Anba Bishoi, accanto a Bishoi di Scete, al quale era legato da un'amicizia che li rese inseparabili nella vita come nella morte.

Tracce di lettura

Ai tuoi pensieri non dare riposo finché il riposo non nasca per te senza il riposo. Lasciali morti, vivendo nelle cose di Dio. Infinito è Dio. Non vi è misura a un saggio che sta nella sua cella. La misura di un sapiente che sta nella sua cella è il Signore.
(Paolo di Tamma, Epistola 3, 44 e 47)

Stando nella tua cella, figlio mio, non essere come gli ipocriti. Non affaticarti a pregare, e sarai udito. Stando nel dolore, attendi la quiete.
(Paolo di Tamma, Opera senza titolo 102-104)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Fermati 1 minuto. Cristo, parola attuale

Lettura

Luca 11,47-54

47 Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. 48 Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri. 49 Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; 50 perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo, 51 dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. 52 Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito». 53 Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, 54 tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Commento

L'incapacità di accogliere la parola profetica, rende responsabili "in solido" i farisei con i loro padri che perseguitarono e uccisero gli inviati di Dio. Anziché aprirsi all'appello alla conversione i farisei si chiudono nella celebrazione "monumentale" del passato: costruendo tombe ai profeti, attestano una religiosità esteriore, che non sa riconoscere il farsi attuale del loro messaggio nella predicazione e nella vita di Cristo.

Anche nella storia del cristianesimo, in alcuni momenti, l'"autorità ecclesiastica", non solo ha trascurato lo spirito profetico del vangelo, ma ha impedito al popolo di comprendere le Scritture e di coltivare attraverso di esse una relazione diretta con Dio. 

Cristo è la Sapienza stessa, che mette le proprie parole sulla bocca dei profeti di ogni tempo e che è venuta nel mondo per illuminare ogni uomo. Quella "lucerna che illumina con il suo bagliore" (Lc 11,36) di cui parla Gesù proprio subito prima di questa invettiva contro i farisei e i dottori della legge. 

Considerare attuale la parola dei profeti e la voce del Cristo-Sapienza, significa innanzitutto considerarle rivolte a noi. È facile, infatti, sentirsi "giusti" lodando Dio e i suoi messaggeri con le parole, ma è più difficile lasciarsi trasformare da Dio e dalla sua Parola. Quest'ultimo è il fine della vera religione, il superamento (non il rinnegamento) della religione stessa - intesa come insieme di norme e di riti - nell'incontro con Dio che ci interpella personalmente e ci chiama ad essere simili a lui. 

Tale incontro si realizza anche nel riconoscimento dei poveri, dei sofferenti, degli ultimi, essi stessi segno profetico di Dio, immagine del volto di Cristo, il quale afferma: «ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40).

Preghiera

Signore, la tua grazia ci conceda non solo di celebrarti ma anche di accoglierti come luce capace di trasformare le nostre vite e di risplendere nel mondo. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

mercoledì 16 ottobre 2024

Baldovino di Ford. La Trinità, sorgente di comunione

Nel 1190 muore a Tiro, in Libano, Baldovino di Ford, monaco cistercense e arcivescovo di Canterbury. Baldovino nacque attorno al 1120 nel Devonshire, in Inghilterra. Dopo gli studi compiuti forse a Exeter, egli iniziò una brillante carriera ecclesiastica al servizio di Eugenio III, papa di origine cistercense. Ritornato in Inghilterra, nel 1169 Baldovino lasciò tutto per farsi monaco nell'abbazia cistercense di Ford, di cui molto presto divenne abate. Nonostante sia rimasto pochi anni in monastero, egli intuì che la vita monastica è da intendere essenzialmente come ricerca della comunione. Nei suoi notevoli trattati sulla vita cenobitica, l'abate di Ford fu il primo a sostenere che ogni comunione, e quella cenobitica in particolare, discende dalla comunione che regna fra le tre persone della Trinità. Eletto vescovo di Worcester nel 1181, Baldovino divenne pochi anni dopo arcivescovo di Canterbury e, nella sua veste di primate d'Inghilterra, fu costretto a entrare, suo malgrado, nel vortice della grande politica. Sotto il regno di Enrico II, che si era reso responsabile della morte di Thomas Becket, Baldovino difese attraverso la predicazione e gli scritti la memoria del suo predecessore a Canterbury. Trovò poi la morte partecipando su ordine del nuovo re, Riccardo Cuor di Leone, alla terza crociata.

Tracce di lettura

Non basta all'amante l'amore della comunione se non c'è una comunione dell'amore: se desidera che tutti i suoi beni siano comuni, molto più vuole che lo sia l'amore stesso. Non può l'amore non esser benevolo, odia esser solitario. Nella sua debordante prodigalità cerca di far nascere dall'amore della comunione una comunione dell'amore. Come potrebbe l'amore esser benevolenza se cercasse di trattenere i suoi beni solo per sé e non volesse farne oggetto di comunione." Dove sarebbe la consolazione dell'amante se lui solo non fosse amato e lui solo amasse?
Vi sono in definitiva tre comunioni: la comunione di natura, quella di grazia e quella di gloria. La comunione di grazia comincia a riparare la comunione di natura escludendo da essa la comunione di colpa; la comunione di gloria riparerà fin nel profondo la comunione di natura escludendo da essa completamente la comunione di collera, quando Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi dei santi. Allora tutti i santi avranno come un cuore solo e un'anima sola; ogni cosa sarà fra loro comune, quando Dio sarà tutto in tutti.
(Baldovino di Ford, Trattato sulla vita cenobitica 2, 8 e 12)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Nicholas Ridley e Hugh Latimer, riformatori della Chiesa d'Inghilterra

Il 16 ottobre la Chiesa anglicana celebra la memoria di Nicholas Ridley e Hugh Latimer.

Nicholas Ridely (Newcastle-upon-Tyne 1500 circa - Oxford 1555) compì gli studi a Cambridge, a Parigi e a Lovanio. Favorevole alle idee della Riforma, nel 1537 venne nominato cappellano da Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury, con il quale collaborò poi alla compilazione del Prayer Book e alla riforma del culto. Nominato master di Pembroke (1540), canonico di Canterbury (1541) e quindi vescovo di Rochester (1547), nel 1550 fece parte della commissione che giudicò i vescovi Stephen Gardiner e Edmund Bonner; a quest'ultimo succedette come vescovo di Londra. Sostenne apertamente la candidatura di lady Jane Grey alla successione; quando, alla morte di Edoardo VI (1553), salì al trono la cattolica Maria Tudor, Ridley fu imprigionato nella Torre di Londra e quindi processato a Oxford insieme con Cranmer e Hugh Latimer. Condannato per eresia, morì sul rogo.

Nicholas Ridley

Hugh Latimer (Thurcaston, Leicestershire, 1485 circa - Oxford 1555), Baccelliere in teologia nel 1524, presto si venne accostando alla Riforma attraverso la polemica contro gli abusi e la corruzione ecclesiastica. Colto e brillante, egli era nel 1525 già famoso e ricercato predicatore. Dal 1535 Latimer, nominato vescovo di Worcester, fu con Thomas Cranmer e Thomas Cromwell il principale consigliere del re in materia ecclesiastica, ma, accostatosi sempre più alla teologia luterana, nel 1539 si dimise dal vescovato. Nel 1546 fu imprigionato nella Torre di Londra; liberato all'ascesa al trono di Edoardo VI, nel 1548 era predicatore a corte. Intanto il suo protestantesimo diventava più rigoroso e la sua polemica contro la transustanziazione destò clamori nel clero. Insieme a Nicholas Ridley e Thomas Cranmer egli era ormai la personalità più eminente della Riforma inglese; e con essi, all'ascesa al trono di Maria Tudor, fu mandato a Oxford a discutere sulla Messa dinanzi ai teologi dell'università (1554). Per le sue posizioni in materia di teologia eucaristica fu dunque condannato come eretico e perì sul rogo il 16 ottobre 1555, insieme a Nicholas Ridley.

Hugh Latimer

- Fonte: Enciclopedia Treccani

Fermati 1 minuto. La giustizia che si compie nell'amore

Lettura

Luca 11,42-46

42 Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. 43 Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. 44 Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
45 Uno dei dottori della legge intervenne: «Maestro, dicendo questo, offendi anche noi». 46 Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!

Commento

I "guai" proclamati da Gesù in risposta alla domanda del fariseo  appartengono a un genere letterario della tradizione profetica e costituiscono più un lamento che una maledizione. Il primo si riferisce a un'obbedienza selettiva della Legge. Il pagamento della decima è considerato obbligatorio per i prodotti della terra (Lv 27,30: Dt 14,22); Gesù rimprovera agli scribi e ai farisei di averla estesa alle erbe più piccole, segno della loro preoccupazione per le questioni da poco e dell'incuranza per quelle importanti.

Il secondo "guai" ha a che fare con la superbia delle guide spirituali, interessate a ricevere onori dal popolo. Il buon pastore non si mette in cattedra per essere adulato, ma passa davanti al gregge per guidarlo innanzitutto con il proprio esempio.

Il terzo "guai" utilizza l'immagine dei sepolcri imbiancati (v. 44), richiamando il pericolo di contaminazione derivante dal contatto con morti, ossa umane o sepolcri (Nm 19,16): i farisei sono visti come coloro che portano insidiosamente gli altri fuori strada, con la loro errata interpretazione della Legge.

Il legalismo, che aggiunge precetti a precetti e tradizioni a tradizioni, è una minaccia anche per la Chiesa. Le parole di Gesù mettono in guardia dal dispensare la legge a piene mani senza volerne sollevare il peso neanche con un dito.

Non sono "le erbette" a determinare la qualità della nostra vita spirituale, ma la giustizia e l'amore di Dio (v. 42), da ricercare e praticare con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente (Mt 22,37; Mc 12,30; Lc 10,27).

Preghiera

Rendici testimoni umili e fedeli del tuo amore, Signore; affinché la tua giustizia possa risplendere, attraverso il nostro buon esempio, davanti agli uomini. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

martedì 15 ottobre 2024

Fermati 1 minuto. Purificati dall'amore

Lettura

Luca 11,37-41

37 Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. 38 Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 39 Allora il Signore gli disse: «Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. 40 Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno? 41 Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo.

Commento

In questo brano di Luca vediamo Gesù rompere l'osservanza delle regole religiose giudaiche, provocando una reazione di meraviglia, probabilmente di sdegno, nel fariseo che lo ha invitato a pranzo. Il Signore - così è chiamato qui Gesù, forse a sottolineare la sua signoria sulla stessa Legge - si siede direttamente a tavola, senza fare le abluzioni rituali. 

La reazione del fariseo diventa occasione per una dura accusa di Gesù verso un'intera classe religiosa, alla quale egli rimprovera di essere tanto attenta alla "norma" quanto vuota spiritualmente. L'appellativo di "stolti" richiama la letteratura sapienziale, in cui ricorre frequentemente per indicare l'uomo che si rifiuta di orientare la propria vita a Dio e che assume un atteggiamento di presunzione e di disprezzo. Un atteggiamento che ricorre spesso nei farisei descritti dai Vangeli ma che può costituire una tentazione anche per i cristiani. 

Quando il diritto canonico, le rubriche liturgiche, il catechismo, diventano fine a se stessi, viene a mancare l'essenziale, ovvero la carità che muove a misericordia verso il prossimo e dà senso a ogni norma religiosa. Nello specifico è qui raccomandata l'elemosina, pratica del tutto estranea al mondo pagano e ritenuta capace di esporre all'impurità - nel contatto con la gente bisognosa - in quello giudaico. 

"Tutto sarà mondo" (v. 41) per chi si apre alle necessità del prossimo. Un'affermazione del genere è rivoluzionaria. In un ambiente religioso sovraccarico di leggi e prescrizioni - spesso di natura puramente umana - e ossessionato dal timore per l'impurità, Gesù proclama la capacità dell'amore e della generosità di purificare il cuore dell'uomo e ogni cosa che lo circonda. 

L'affermazione di Gesù è ribadita da Paolo, la cui influenza è rilevante sul corpus degli scritti di Luca (Vangelo e Atti degli apostoli): "Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza" (Tt 1,15). Solo attraverso la carità potremo custodire l'integrità del nostro corpo e del nostro spirito.

Preghiera

Crea in noi, Signore, un cuore puro; liberaci dal cuore di pietra e donaci un cuore di carne. Affinché animati dalla tua carità possiamo essere solleciti verso i bisogni del nostro prossimo. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona