Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

martedì 22 luglio 2025

Fermati 1 minuto. "Non trattenermi... ma va' dai miei fratelli"

Lettura

Giovanni 20,1-18

1 Il primo giorno della settimana, la mattina presto, mentre era ancora buio, Maria Maddalena andò al sepolcro e vide la pietra tolta dal sepolcro. 2 Allora corse verso Simon Pietro e l'altro discepolo che Gesù amava e disse loro: «Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'abbiano messo».
3 Pietro e l'altro discepolo uscirono dunque e si avviarono al sepolcro. 4 I due correvano assieme, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse primo al sepolcro; 5 e, chinatosi, vide le fasce per terra, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro, e vide le fasce per terra, 7 e il sudario che era stato sul capo di Gesù, non per terra con le fasce, ma piegato in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide, e credette. 9 Perché non avevano ancora capito la Scrittura, secondo la quale egli doveva risuscitare dai morti. 10 I discepoli dunque se ne tornarono a casa.
11 Maria, invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, 12 ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l'altro ai piedi, lì dov'era stato il corpo di Gesù. 13 Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Ella rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto». 14 Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15 Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: «Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò». 16 Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!» 17 Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"». 18 Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose.

Commento

Sono passate poche ore dal tragico epilogo della vita terrena di Gesù, "è ancora buio", i suoi discepoli e i suoi amici sono ancora sconvolti per quanto accaduto. Maria Maddalena, dalla quale Gesù aveva scacciato sette demòni, si reca di buon mattino dove hanno sepolto il suo Maestro. È ancora in quella fase del lutto in cui non si riesce ad accettare la separazione fisica da chi se n'è andato. Ma trova qualcosa di inaspettato: la pietra è stata rotolata via dal sepolcro. 

La prima reazione è di panico: Maria si reca dai discepoli e li avvisa dell'accaduto. Tutti corrono verso il sepolcro e, mentre i discepoli entrano per constatare che sono rimaste solo le fasce che avvolgevano il Signore, per poi tornarsene a casa lei resta lì, proprio come era rimasta sotto la croce. Piange perché le è stato tolto anche il conforto del corpo del Signore. Ma la sua umiltà, la sua fede, il suo coraggio, la fanno chinare per guardare dentro il sepolcro, per "guardare in faccia" la desolazione creata dalla morte.

La Maddalena trova prima il conforto della visione di due figure angeliche e poi, "si voltò indietro", quasi a ripercorrere con la mente e con il cuore tutto ciò che il suo Maestro aveva detto e fatto durante la sua predicazione; ed è allora che vede Gesù. Ma lo riconosce solo quando viene chiamata per nome. L'incontro con il Risorto è infatti una esperienza personale e unica per ognuno di noi. Senza questa esperienza personale il Gesù della Scrittura resta lettera morta e non ci è possibile riconoscerlo. 

La "chiamata" per nome di Gesù a Maria Maddalena corrisponde anche all'assegnazione di una missione particolare: essere la prima a predicare la sua risurrezione, ai discepoli stessi, ancora increduli. "Non trattenermi", afferma Gesù; perché non possiamo tenere per noi l'esperienza di questo incontro, ma dobbiamo condividerla come annunciatori di colui che ha vinto la morte.

Preghiera

L'amore di Cristo ci spinge, o Padre, facci annunciatori del Risorto, per contemplarlo accanto a te nell'eterna gloria. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

Maria Maddalena, colei che ha conosciuto il molto peccare e il molto amare

La chiesa cattolica d'Occidente, ortodossi, anglicani, luterani e veterocattolici celebrano oggi la memoria di Maria Maddalena.
Originaria della città di Magdala, sul lago di Tiberiade, Maria Maddalena fu liberata per la parola di Gesù dai sette demoni che la possedevano e seguì ovunque il Signore, servendolo fedelmente fino alla passione. Essa fu perciò testimone della sua morte e sepoltura.
Passato il sabato, Maria si recò con le altre donne al sepolcro portando aromi, e per questo è ricordata come mirrofora. A lei, per prima, apparve il Signore risorto, chiamandola per nome mentre piangeva nel giardino. Allora la Maddalena corse a portare l'annuncio ai discepoli, «apostola degli apostoli» come la chiama la tradizione.
In occidente, a partire da Gregorio Magno, Maria Maddalena è stata identificata con la peccatrice perdonata di cui parla il Vangelo di Luca, perdonata perché aveva molto amato. È divenuta perciò colei che ha conosciuto il molto peccare e il molto amare, colei che piange sui propri peccati e piange per la morte del Maestro, rimanendo fedele nell'amore per lui.
Esempio per chi si pente e per chi rivolge il suo amore al Signore, Maria Maddalena è stata una figura di riferimento importante in ogni movimento di riforma della chiesa, in particolare per i movimenti di riforma monastica d'occidente fioriti nell'XI secolo.

Tracce di lettura

Signore,
tu le accendesti nel cuore
il fuoco di un immenso amore per Cristo,
che le aveva ridonato la libertà dello spirito,
e le infondesti il coraggio di seguirlo
fedelmente fino al Calvario.
E anche dopo la morte di croce
essa cercò il suo Maestro con tanta passione,
che giunse a incontrare il Signore risorto
e ad annunziare per prima agli apostoli
la gioia pasquale.
(dalla Liturgia romana)

- Dal martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Tempera all’uovo su tavola telata e gessata (particolare) - stile italico

lunedì 21 luglio 2025

Simeone il Folle. «Nella forza di Cristo vado a prendermi gioco del mondo»

Le chiese d'oriente e d'occidente ricordano oggi Simeone e Giovanni, monaci del VI sec. originari della Siria.
Recatisi in pellegrinaggio a Gerusalemme, essi decisero di non far ritorno in patria, ma di diventare monaci. Ricevuto l'abito nel monastero di San Gerasimo, Giovanni e Simeone vissero per molti anni nel deserto pregando e seguendo un regime di vita austero. Giovanni rimase nella solitudine fino alla fine della sua vita, mentre Simeone decise di far ritorno tra gli uomini per diffondere il vangelo della salvezza, spinto dalle parole della Scrittura: «Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ogni creatura».
«Nella forza di Cristo», disse Simeone a Giovanni, «vado a prendermi gioco del mondo», e stabilitosi a Emesa in Siria, simulò la follia per poter smascherare le opere vane di tutti quelli che incontrava e indurli così al bene. Solo alla sua morte fu compresa la sua grandezza e la sua profonda carità.

Tracce di lettura

Simeone prendeva ogni sorta di atteggiamenti folli e indecorosi, ma non è possibile a parole dare un'idea di quel che faceva. A volte, infatti, si fingeva sciancato, a volte storpio, a volte fingeva di trascinarsi su una sedia, a volte di fare lo sgambetto a qualcuno che correva e di gettarlo a terra. E ancora, quando c'era la luna nuova, fingeva di guardare in cielo e di cadere a terra in preda a convulsioni. A volte poi fingeva di essere un oratore; diceva, infatti, che tra tutti gli atteggiamenti che si potevano assumere, questo conveniva più di ogni altro ed era il più utile per chi voleva fingersi pazzo per amore di Cristo. In questi modi spesso rimproverava i peccati e faceva desistere i peccatori, inviava su qualcuno un castigo a sua correzione, profetizzava e faceva tutto quello che voleva, mutando però ogni volta voce e aspetto.
(Leonzio di Neapolis, Vita di Simeone il Folle 22)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Fermati 1 minuto. Qui c'è di più!

Lettura

Matteo 12,38-42

38 Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno». 39 Ma egli rispose loro: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. 40 Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. 41 I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c'è più che Giona! 42 La regina del mezzogiorno comparirà nel giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c'è più che Salomone!

Commento

A questo punto del Vangelo di Matteo Gesù ha operato numerosi miracoli di guarigione dalle malattie e di liberazione da spiriti maligni, ma gli scribi e farisei che si accostano a lui, adulandolo con il titolo di "Maestro", non sono ancora persuasi da quanto hanno visto e udito e gli chiedono "un segno dal cielo".

Poco prima, infatti, lo avevano accusato di compiere i suoi esorcismi per opera del principe dei demòni (Mt 12,22-32) e per tale ragione chiedono una testimonianza "dall'alto" della provenienza divina sul suo operato. Gesù risponde definendo i suoi interlocutori come appartenenti a una "generazione adultera", termine con cui i profeti dell'Antico Testamento si rivolgenvano spesso a Israele, riferendosi chiaramente a quell'adulterio spirituale che consiste nella violazione del Patto con Dio e nell'allontanamento dalla sua Legge.

Mentre i Niniviti, popolo pagano, di fronte al "segno di Giona", il quale stette tre giorni e tre notti nel ventre del grande pesce, si convertirono per la sua predicazione (Gio 2,1-3,10) gli scribi e i farisei dal cuore indurito, pur appartenenti al popolo eletto, non si convertiranno neanche di fronte alla morte e risurrezione di Gesù, qui da lui predetta con l'immagine del riposo "tre giorni e tre notti" nel cuore della terra. Anche la regina di Saba, che venne ad ascoltare Salomone "dalle estremità della terra" (1 Re 10,1-13) prefigura i pagani che saranno più pronti ad accogliere il messaggio di Gesù di quanto lo sarà il suo popolo.

Dio opera nelle nostre vite manifestando grazia su grazia; noi dobbiamo essere capaci di riconoscere queste meraviglie da lui compiute, per evitare di cadere nella tentazione di chiedergli "un segno"  eclatante, quando ne abbiamo ricevuti tanti, ma non abbiamo saputo prestarvi attenzione, perché troppo presi dal frastuono del mondo e dai nostri piccoli interessi personali. A volte chiediamo a Dio qualcosa e ci rattristiamo perché non ci viene concessa, quando Egli in realtà, nel suo Figlio non ci ha dato "qualcosa", ma ci ha dato "tutto". In un certo senso non è degno di Dio, chi chiede a Dio qualcosa di più piccolo di Dio. Se noi conoscessimo il dono di Dio! (Gv 1,10)

Se abbiamo fame e sete di Cristo e la nostra fede sarà ancorata al mistero della sua morte e risurrezione, stoltezza per il mondo ma sapienza di Dio (1 Cor 1,17,25), comprenderemo che "Qui c'è di più!" (v. 41).

Preghiera

Il tuo Spirito, Signore, apra i nostri occhi alle tue meraviglie; affinché possiamo riconoscerti e lodare la grandezza del tuo Nome. Amen.

- Rev. Dr. Luca Vona

sabato 19 luglio 2025

La rete dalle maglie ben salde

COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA QUINTA DOMENICA DOPO LA TRINITÀ

Colletta

Concedi, O Signore, ti supplichiamo, che il corso di questo mondo possa essere pacificamente ordinato dalla tua provvidenza, affinché la tua Chiesa possa servirti con gioia. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Letture

1 Pt 3,8-15; Lc 5,1-11

Commento

La fama di Gesù come maestro si diffonde, al punto tale che una grande folla, nei pressi del lago di Genèsaret, gli si stringe attorno. La gente trova in lui qualcosa di più rispetto a ciò che potevano offrire i dottori della legge. Così testimonia anche Pietro che lo chiama "Maestro", termine che qui nel Vangelo di Luca è restituito non con il termine didaskalos, ma con espistàtes, cioè colui che non si limita a impartire lezioni e insegnamenti, ma che testimonia e si fa guida con la propria vita.

Pietro mette davanti a Gesù le proprie mani vuote, dopo la lunga notte in cui si è affaticato con i propri compagni nella pesca. Gesù accoglie questa professione di impotenza e al contempo di fede - «sulla tua parola getterò le reti» - trasformando la povertà in abbondanza ("presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano").

Lo stupore di Simon Pietro e dei suoi compagni, Giacomo e Giovanni, è tale da portarli immediatamente a lasciare tutto per seguire Gesù. La nuova missione cui il Signore li chiama non annulla la loro identità, ma la perfeziona e ne espande la portata: da pescatori di pesci diventeranno pescatori di uomini.

Così anche quando agisce in noi, la grazia, rispetta ciò che siamo, le nostre capacità, le nostre attitudini; ma ci chiama a mettere tutto al servizio di una missione più ampia, quella dell'evangelizzazione.

Le caratteristiche di questa rete sono spiegate nella prima lettera di Pietro che evidenzia la necessità della concordia - affinché le maglie siano ben salde tra loro - e della partecipazione alle gioie e ai dolori gli uni degli altri, della compassione, del patire insieme, come un unico corpo. Ferventi nel bene, saremo capaci di raccogliere gli uomini intorno a Cristo.

La lettera di Pietro cita poi il salmo 34, di carattere sapienziale, che esorta alla custodia delle labbra - trattenendole da parole di malvagità e inganno - e a perseguire il bene cercando la pace, al fine di "vedere giorni felici". Nella nuova prospettiva evangelica questa promessa si allarga dall'individuo alla Chiesa e al mondo intero, assumendo un tono escatologico, rinviando cioè agli "ultimi tempi", quando i semi del regno germoglieranno frutti di giustizia, nell'attesa del compimento della storia.

L'orizzonte di un mondo finalmente restaurato può apparire difficile da scorgere. I tentativi umani di affrettarne la venuta sono sempre stati disastrosi. Il suo continuo sottrarsi alla nostra portata ci chiama a coltivare una fede come quella di Pietro dopo la lunga notte di infruttuosa fatica, animata dalla speranza e da una carità operosa. Lo Spirito di Dio ci guida con il suo soffio; a noi è chiesto soltanto di confidare nella parola del Signore, spiegando le vele, per prendere il largo e gettare le reti.

- Rev. Dr. Luca Vona

Macrina e la nascita del monachesimo in Cappadocia

Le chiese d'oriente e d'occidente ricordano oggi Macrina, monaca della Cappadocia.
Sorella maggiore di Basilio di Cesarea, di Gregorio di Nissa e Pietro di Sebaste, Macrina decise a dodici anni di non contrarre matrimonio, onde potersi dedicare a una vita di lavoro umile e di preghiera, tesa all'unificazione del cuore. Il fratello Gregorio, suo biografo, non a torto la presenta come l'ispiratrice della vita monastica alla quale attirò in seguito la madre e le domestiche, e quindi anche il fratello Basilio.
La ricerca di Macrina e delle sue compagne condusse alla creazione di un monastero doppio, dove risiedevano a breve distanza uomini e donne, il cui unico intento era quello di vivere il Vangelo nel celibato e nella vita comune, svolgendo lavori poveri e praticando in modo intenso verso tutti l'ospitalità e la condivisione.
Macrina morì all'età di 53 anni, dopo aver guidato per tutta la vita come una madre la sua comunità; prima di morire ringraziò Dio per aver aperto agli uomini la via della resurrezione, e lo pregò di accogliere la sua vita come un'offerta, «come incenso davanti al suo volto» (Sal 142,2).

Tracce di lettura

Signore, tu hai dissolto per noi la paura della morte, tu dai in deposito alla terra la terra che noi siamo, quella che tu stesso hai plasmato con le tue mani, e fai rivivere ciò che hai donato all'uomo, trasformando mediante l'immortalità e la bellezza quello che in noi è mortale e deforme.
Sei tu che ci hai strappati alla maledizione e al peccato, facendoti per noi l'una e l'altro.
Dio eterno, verso cui mi sono protesa fin dal seno di mia madre, te che la mia anima ha amato con tutte le sue forze, poni al mio fianco un angelo luminoso che mi conduca per mano dove si trova l'acqua del riposo, nel seno dei santi patriarchi!
Tu che hai spezzato la fiamma della spada di fuoco e hai restituito al paradiso l'uomo crocifisso con te e che si era affidato alla tua misericordia, ricordati anche di me nel tuo regno.
(Preghiera di Macrina in Gregorio di Nissa, Vita di santa Macrina 24)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose

Macrina (327-380)