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Il Rev. Dr. Luca Vona
Un evangelico nel Deserto

Ministro della Christian Universalist Association

mercoledì 2 novembre 2022

Memoria dei morti in Cristo

I credenti vivono il proprio pellegrinaggio terreno nella fede grazie al reciproco sostegno che si prestano in seno al popolo di Dio. In Cristo infatti tutti i fedeli, sia quelli ancora in vita sia quelli defunti, sono legati gli uni agli altri mediante una comunione di amore e di preghiera. È questo il fondamento più profondo dell'odierna memoria di tutti i morti in Cristo, posta non a caso il giorno successivo alla memoria della comunione di tutti i santi del cielo e della terra. I cristiani d'oriente e d'occidente hanno sempre ricordato nel corso della celebrazione eucaristica i fedeli già tornati al Padre. Gli orientali ricordano in modo particolare i defunti in alcuni giorni dell'anno.
In occidente, a partire dal 998, l'abate di Cluny Odilone istituì un ufficio liturgico per ricordare i fratelli della comunità che avevano già terminato il loro pellegrinaggio terreno. Grazie all'enorme influenza dei monaci cluniacensi, tale uso si estese fino a diventare prassi comune in tutta la chiesa latina. In alcune chiese della Riforma, però, la memoria dei morti in Cristo fu soppressa, a motivo del forte legame, sottolineato dai cattolici, di questa festa con la dottrina del purgatorio; ma con la riscoperta del significato originario essa è stata ricuperata in molte comunità protestanti.
Ricordando i defunti in Cristo ogni credente ravviva la speranza di una vita senza fine; Gesù infatti ha promesso a quanti rimangono nel suo amore che la morte non è l'ultima parola sulle loro esistenze, ma è il passaggio a una vita in pienezza, perché l'amore è più forte della morte e la carità non avrà mai fine.

Tracce di lettura

Discese agli inferi: questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e inaccostabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce. La solitudine insuperabile dell'uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L'inferno è stato vinto dal momento in cui l'amore è penetrato in esso e la terra della solitudine è stata abitata da lui. Nella sua profondità l'uomo non vive di pane, ma nell'autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e può amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell'amore, allora nella morte penetra la vita: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» canta la chiesa nella liturgia funebre.
(J. Ratzinger, Sulla settimana santa)

- Dal Martirologio ecumenico della Comunità monastica di Bose